Incontro a Zurigo con lo scrittore marcello veneziani, un “irregolare del pensiero, della scrittura e del giornalismo”, come lui stesso si definisce
Il pubblico di Zurigo è molto informato sull’attualità italiana, ed ha quello “straniamento” giusto per ascoltare e valutare gli intellettuali italiani che spesso invitiamo. Lei è una voce fuori dal coro, come racconterà loro l’Italia: da filosofo, da giornalista, da intellettuale di destra o da uomo del Sud?
Non riesco ad indossare una casacca o una divisa, e non riesco a liberarmi di ciò che sono. Lo farò dunque portandomi addosso tutti quei miei tratti distintivi. Però cercherò di farlo da osservatore critico e appassionato, dunque a metà strada tra il filosofo e il giornalista.
È una delle poche volte in cui l’incontro non è il solito “spot” per l’ultimo libro e questo la rende unico…solo Galli della Loggia venne a Zurigo con la stessa modalità, ma se potesse scegliere, quale libro consiglierebbe di leggere prima dell’incontro? Anche non suo, naturalmente…
Non c’è un libro che prepari a quest’incontro…semmai ci possono essere libri di formazione generale o libri per conoscere l’autore che s’incontrerà quella sera, a partire dall’ultimo. (Vivere non basta, ed. Mondadori ndr)
Il suo rapporto letterario con la figura del “Padre”, è forse uno dei temi per cui lei è apprezzato da tutte le parti – destra e sinistra -; a Zurigo ovviamente in una Comunità di italiani all’estero è argomento molto sentito, troverà spazio nel suo racconto dell’Italia di Berlusconi?
Perchè no? Questo è un Paese che rimpiange e ripudia la figura del padre. Nel novecento ne ha uccisi almeno tre e ne ha liquidati altrettanti. Invito tutti a indovinare quali. Poi, quando si stanca del padre, si rifugia dalla madre. E nasce la democrazia cristiana…
Lei è stato nel Consiglio della RAI negli scorsi anni; qual è il suo giudizio sulla Azienda oggi?
È lo specchio verace della condizione del nostro Paese a partire dai suoi Palazzi principali. Se è un disastro, rispecchia perfettamente il naufragio nazionale e sopratutto la percezione del naufragio che a volte ingigantisce e inasprisce le obbiettive difficoltà interne e internazionali che stiamo vivendo.
Lei e Buttafuoco state alla destra come Cacciari e Travaglio stanno alla sinistra: le piace “questa strana equivalenza” o la trova una semplificazione inopportuna?
È una simmetria che non mi dispiace e che forse può rendere vagamente l’idea, ma si tratta di quattro persone assai diverse che non possono essere né accoppiate né poste in parallelo. E poi sono quattro persone che danzano intorno a un buco: la fine della destra e della sinistra, retaggi del Novecento. E tutti e quattro mi pare che non siano contenti di essere inclusi in quella diade.
Massimo Pillera