I grandi velivoli creano ampi buchi nelle nuvole e innescano una reazione a catena che fa aumentare le precipitazioni. A svelarlo è una ricerca condotta dal meteorologo Andrew Heymsfield
Per la verità, ci avevano già pensato i cinesi a provocare la pioggia. La loro idea, seppure con qualche inconveniente, ha avuto successo. Spruzzando ioduro di argento in aria ad alta quota, hanno ottenuto l’effetto di condensare l’umidità presente nell’aria fino a formare delle nuvole portatrici di acqua. Ciò che i cinesi non sono riusciti a fare è dirigere la pioggia. Ci spieghiamo: le particelle di ioduro d’argento condensano l’umidità, ma non possono impedire ai venti di portare le nuvole nella direzione verso cui spirano, per cui è capitato che volevano far piovere su una regione e invece è piovuto su un’altra zona. Un altro inconveniente è stato che la pioggia ha allagato città che non erano fornite di fogne, oppure, ancora, che al posto della pioggia è caduta la grandine. Però, dicevamo, la pioggia a comando l’hanno inventata loro. Ora il dottor Andrew Heymsfield, un meteorologo americano che lavora al National Center for Atmospheric Research, partendo da una curiosità scientifica, è arrivato, con altri mezzi, agli stessi risultati, seppure non troppo esaltanti per le conseguenze che comportano. Qual’era la curiosità che il ricercatore voleva spiegare scientificamente? Tutti hanno sicuramente notato come, quando in cielo c’è una coltre di nuvole più o meno nere che oscurano completamente il sole, non è raro che in esse si apra un buco attraverso cui passa la luce del sole rendendo possibile osservare l’azzurro del cielo. Insomma, una specie di ampio passaggio luminoso attraverso le nuvole. Alla domanda su come sia stato possibile la formazione di questo foro, i ricercatori hanno risposto in modo molto semplice: sono state le scie degli aerei a provocare quel passaggio. Gli aerei, infatti, quando attraversano le nubi, raffreddano la temperatura della zona dove passano e si formano così dei cristalli di ghiaccio che attraggono – esattamente come fa una calamita con il ferro – l’umidità presente nell’aria e, in particolare, le goccioline che formano le nubi.
I cristalli di ghiaccio che si formano con l’abbassamento della temperatura – anche notevole, fino addirittura a 30 gradi in meno – fungono, insomma, da nuclei di condensazione, che sono “il cuore” delle singole gocce di pioggia. Oltre ai cristalli di ghiaccio, a fare da nuclei di condensazione possono essere anche le particelle minuscole (o polveri) che gli aerei portano con sé in aria a quote elevate. In poche parole, se una particella si trova in alta quota e a portarla lì è un aereo, l’aereo stesso, passando in quella zona e provocando un abbassamento considerevole della temperatura, forma le nuvole che poi causano la pioggia. Ecco dunque spiegato perché le zone vicine agli aeroporti sono quelle dove piove di più. La conseguenza pratica di questa scoperta è che per far piovere si potrebbe far attraversare quell’area dagli aerei. Ecco allora che sorge un dubbio: premesso che la piovosità nelle vicinanze degli aeroporti non risolve il problema della siccità, non è un prezzo ambientale troppo grande quello di far circolare aerei che consumando carburante inquinano l’aria, rispetto al vantaggio di far piovere in quella determinata zona? In effetti è così. Lo stesso ricercatore Andrew Heymsfield riconosce che “i cambiamenti delle condizioni meteorologiche provocati dagli aerei sono soltanto locali e riguardano, quindi, unicamente le zone attorno all’aeroporto”, anche se poi aggiunge: “Speriamo di sfruttare questo fenomeno anche dove ce ne può essere bisogno quando il cielo è poco generoso e le attività umane richiedono una maggiore disponibilità di acqua”. Conclusione? Qualcosa di utile può venir fuori dagli studi, ma è certo che è priva di fondamento “la pretesa di rendere verdi i deserti”. [email protected]