Il Consiglio degli Stati respinge l’iniziativa UDC per un’elezione del Consiglio federale da parte del popolo
Il sovrano non è il Parlamento e così resta la regola che vale dal 1848: il Consiglio federale viene eletto dal legislativo. È quanto sostiene il Consiglio degli stati che ha ritenuto il testo dell’iniziativa UDC inopportuno, respingendo l’iniziativa con 35 voti contro 6. L’UDC Peter Föhn (SZ) nel suo intervento aveva puntato sull’argomento che “il voto popolare rafforzerebbe la legittimità del Consiglio federale e la democrazia diretta”. Si avrebbe anche la fine delle tattiche di partito, che negli ultimi anni hanno condizionato l’elezione del governo e portato a “frustrazioni tra il popolo, perché il partito più grande ha un solo rappresentante nel governo. Il popolo ha il diritto di eleggere in governo le persone migliori”. Franco Abate (PLR) ha ribattuto che i parlamentari hanno il vantaggio di conoscere meglio del popolo “i requisiti dei Consiglieri federali” e il nuovo sistema accrescerebbe i poteri dei media, poiché gli elettori conoscono i candidati solo attraverso di loro, teme Ivo Bischofberger (PPD).
Il voto non sorprende, ma è abbastanza netto, poiché il testo aveva trovato qualche sostenitore anche al di fuori dell’UDC. Il senatore Robert Cramer (Verdi) ha sostenuto l’iniziativa basandosi anche sul fatto che solo a livello federale, legislativo ed esecutivo non sono eletti dal popolo. Anche la clausola che prevede due seggi governativi fissi per la Svizzera latina ha convinto Cramer: “Questa iniziativa garantisce meglio la presenza di latini in governo. La costituzione attuale non fissa criteri chiari”. Gli oppositori sono stati soprattutto i rappresentanti delle minorità linguistiche che hanno criticato la clausola, definendola “maldestra, per non dire insultante”, per voce di Raphaël Comte (PLR). L’iniziativa considera il Ticino e la Romandia come una sola entità e, di fatto, i promotori suddividono la Svizzera in quella tedesca e in quella che non parla il tedesco. Al Ticino, la misura che prevede i due seggi, non serve, ha sostenuto Filippo Lombardi (PPD). I due seggi andrebbero sempre ai romandi, poiché i 350.000 elettori della Svizzera italiana e romancia sarebbero sempre in minoranza senza alcuna possibilità di eleggere i propri rappresentanti. Per migliorare la rappresentatività delle minoranze in governo si dovrebbe tornare all’ipotesi di aumentare il numero dei consiglieri federali a nove.
Inoltre gli avversari non vogliono stravolgere il sistema attuale che garantisce alla Svizzera stabilità politica. L’elezione dell’esecutivo da parte del popolo costringerebbe i consiglieri federali a una campagna elettorale permanente e ciò nuocerebbe al lavoro collegiale. “Non abbiamo bisogno di un Silvio Berlusconi in Svizzera”, è stato l’argomento di Urs Schwaller (PPD), che ha anche evocato il rischio di una “americanizzazione” della politica elvetica, la quale metterebbe a dura prova l’efficienza e la credibilità del governo. I consiglieri federali sarebbero ostaggi dei partiti e il Consiglio federale dovrebbe finanziare anche le ineluttabili campagne elettorali. “Il finanziamento non garantisce trasparenza e i budget sono sempre più elevati”, ha ammonito Comte, “l’iniziativa non spende una parola su quest’aspetto”. Comte ha anche ricordato che l’elezione del governo da parte del popolo è stata dibattuta già nel 1900 e nel 1942 dove anche in questi casi le iniziative del Partito socialista furono respinte. Il ministro della giustizia Simonetta Sommaruga, in rappresentanza del Consiglio federale, ha chiesto ai senatori di respingere l’iniziativa, “non per paura del voto popolare, ma per la pressione che aumenterebbe, rendendo il clima tra i consiglieri più teso”. L’iniziativa passa ora al vaglio del Nazionale.