Grillo grida al golpe e invita ad una marcia su Roma, poi annullata grazie anche a Rodotà che dice: “Il Parlamento è il luogo della democrazia”. Berlusconi uno dei registi del secondo mandato a Napolitano
Il nuovo presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano, alla fine convinto, suo malgrado, a candidarsi per un secondo settennato o almeno fino a quando riterrà opportuno interrompere il cammino. Essendo stato sollecitato dal Pd e dal Pdl, poi anche da Scelta civica e dalla Lega, la sua elezione era sicura. Ha ricevuto 738 voti, una cinquantina meno del previsto, che sono poi gl’irriducibili franchi tiratori del Pd, con in testa Fabrizio Barca, che ha dichiarato di aver votato Stefano Rodotà, il candidato proposto da Grillo e votato da Sel e, appunto, da un gruppo di democratici di sinistra dissidenti.
Napolitano ha accettato per il bene dell’Italia ma ha chiesto ai partiti che lo hanno sostenuto la responsabilità che la situazione di emergenza politica ed economica esige e quindi l’impegno a formare un governo con compiti precisi. Giudicheremo a tempo debito la soluzione di governo, la sua composizione e i suoi compiti. Ora vogliamo mettere a fuoco la situazione politica generale e quella dei partiti in particolare, perché da ora in poi, con la nascita della terza Repubblica – tra parentesi, ci voleva un ottantottenne a favorirne la nascita – dovrebbe cominciare una nuova stagione, anche se non è detto che le scorie della prima e della seconda Repubblica saranno spazzate via così facilmente.
Vediamo prima la situazione di ciascuna coalizione o di ciascun partito, cominciando dal Pd che andrà, con le dimissioni di Bersani e della segreteria intera, verso il congresso. I commentatori più acuti ipotizzano in futuro una scissione tra coloro che si riconoscono nella leadership di Renzi, l’innovatore e fautore del dialogo o comunque di un rapporto diverso tra i partiti e i loro esponenti, un rapporto basato sul confronto politico e non sulla demonizzazione, e coloro che, invece, alla pacificazione nazionale si oppongono con tutte le loro forze in virtù di uno schema politico basato sulla diversità ideologica. In sostanza, la coalizione di centrosinistra, che fino all’altro ieri si fondava sull’alleanza tra Pd e Sel, dovrebbe riaggregarsi con Sel e quella parte del Pd che si riconosce nell’esperienza ex comunista ma con legami forti solo a sinistra. Il nuovo astro, Fabrizio Barca, già prima della votazione per il presidente della Repubblica, era venuto allo scoperto, lui non ancora iscritto al Pd, ipotizzando, appunto, una saldatura tra Sel e sinistra del Pd in contrapposizione dialettica con il Pd (o un’altra nuova formazione) di Renzi. L’idea di base era che siccome le due anime non possono convivere nello stesso partito, sarebbe stato meglio dividersi per allearsi e governare insieme. L’ipotesi era che Renzi avrebbe preso un 20% e Sel e sinistra del Pd un altro 20% (di solito due più due non fa mai quattro). Ebbene, la bocciatura di Marini e di Prodi ha consegnato, appunto, un Pd diviso e incapace non solo di dialogare con gli avversari, ma anche con quelli dello stesso loro partito. Di conseguenza, inizierà la lotta tra Barca e Renzi, che esploderà fra qualche mese. Nel frattempo, ci sarà da assicurare il voto, se non unanime, quanto meno il più largo possibile al nuovo governo – se non altro perché sarà guidato da un esponente del Pd – che dovrà approvare la riforma elettorale e far fronte alle altre emergenze.
Il Pd, dunque, verosimilmente si dividerà e sarà l’occasione per fare i conti con il passato, quel conto di chiarezza politica e ideologica con la storia che mai il Pci-Pds-Ds-Pd ha fatto.
Il M5S ha illuso il Pd ma poi ha presentato un suo uomo, Stefano Rodotà, ex presidente Ds, che ha preso i voti di Grilli e di Sel, più 9 voti Pd. Con quest’atto, anche Sel ha stracciato l’alleanza con il Pd, di fatto alleandosi con Grillo e, appunto, quella frangia del Pd contro il dialogo con il centrodestra in situazione d’emergenza. Grillo è stato sconfitto. La marcia su Roma un flop, ma è stato grave solo proporla. Lo stesso Rodotà, quando ha sentito parlare di marcia su Roma, ha preso le distanze. Tutto questo dimostra che il M5S sa protestare e insultare ma alla prima decisione si divide, come fanno tutti i movimenti senza una visione chiara e distinta. Pensiamo che più Grillo verrà messo alla prova, più perderà consensi.
Monti, che ha problemi interni, si è accodato al Pdl. Casini lavora alla separazione, ma ora che non c’è più Bersani, è rimasto orfano. Non potrà andare con Barca e Vendola, ma non sarà accettato da Renzi, che tra l’altro non vuole legare né con Casini, né con Monti, probabilmente destinato a scomparire dalla scena dopo il prossimo governo.
Da ultimo parliamo del Pdl, dato per scomparso a dicembre. Berlusconi lo ha riportato al 22% alle elezioni, dove lo stesso ha totalizzato circa il 30% con la Lega e satelliti, contendendo il primato al centrosinistra. Ebbene, Berlusconi ha offerto al centrosinistra disponibilità e collaborazione e più ha ricevuto chiusure, più ha offerto responsabilità, arrivando, con la sua apertura al dialogo, a far esplodere i contrasti interni al centrosinistra che questa volta si è fatto male da solo non potendosi più ricompattare contro di lui. Berlusconi è stato uno dei registi della rielezione di Napolitano. Attualmente il centrodestra è ancora Berlusconi, le cui fortune, come quelle del Pd, possono sempre cambiare, in peggio o anche addirittura in meglio.
Le prime due Repubbliche sonoi alle spalle, ma quella nuova deve ancora cominciare, ma sulla novità la sfida è aperta.