Si erano appena spenti gli echi del contrasto Fini-Berlusconi sulle due diverse visioni del Pdl, con un colloquio a due al termine del quale c’era sì stato un chiarimento e una riappacificazione umana e politica, ma senza l’annullamento delle due visioni, comunque compatibili, che è scoppiato il caso Santoro con la prima puntata di AnnoZero, che ha tutta l’aria di essere una polemica destinata ad ingigantirsi.
Prima però di descrivere i contorni e i contenuti principali della polemica, vogliamo completare il discorso sulle due visioni del Pdl tra Berlusconi e Fini, visioni che poc’anzi abbiamo definito compatibili e che riguardano non solo la concezione del Pdl, ma anche alcuni temi, come l’immigrazione e in particolare il diritto di voto e la cittadinanza, e la grande questione della laicità e del carattere “liberale” del Pdl.
Sulla concessione della cittadinanza, da cui dipende il diritto di voto, Fini vorrebbe concederla dopo soli cinque anni di permanenza, mentre gli altri vorrebbero concederla, secondo la legge attuale, dopo dieci anni e previo raggiungimento di un adeguato livello d’integrazione e di conoscenza della lingua. Ricordiamo che la legge attuale prevede la concessione dopo 10 anni agli immigrati non comunitari, dopo 4 anni ai cittadini comunitari e al compimento del diciottesimo anno di età ai minori nati in Italia o che ci sono arrivati in tenera età.
Tutto sommato la legge attuale è equilibrata, soprattutto se si tiene conto del fatto che gli immigrati provenienti da altre culture e religioni impiegano più tempo per integrarsi, ammesso che la prima generazione riesca o voglia farlo. Ciò che andrebbe favorito, invece, e lì Fini ha ragione, sono le opportunità d’integrazione, da promuovere con politiche sociali e culturali.
Nella polemica sulla cittadinanza si è inserito Giulio Tremonti che, in un dibattito all’interno della festa del Pdl, ha definito le posizioni di Fini “coraggiose e generose”, ma ha aggiunto che “spesso una scelta giusta in tempi sbagliati rende sbagliata anche la scelta giusta”. “Ho ancora l’idea”, ha proseguito Tremonti, “che gli alberi crescano dal basso verso l’alto e i frutti si raccolgono solo quando sono sui rami”, alludendo al fatto che certe scelte hanno bisogno di tempi adeguati. Ancora più seria è la questione del carattere “liberale” del Pdl, sollevata da Giorgio la Malfa che in una lettera a Berlusconi ha comunicato il suo addio al Pdl, deluso dal fatto che anni fa l’attuale premier aveva promesso l’abbattimento del debito pubblico che, invece, non solo non è stato abbattuto, ma è stato addirittura aumentato.
L’altra delusione di La Malfa sono le liberalizzazioni mancate. L’uscita dal Pdl di La Malfa sembra essere isolata, in quanto il segretario del partito repubblicano, Francesco Nucara, ha preso le distanze dalla sua scelta, definendola “legittima” ma personale. I temi sollevati da Giorgio La Malfa, tuttavia, sono stati ripresi dal senatore Marcello Pera, anche se con altri intenti.
Pera ritiene fondate le lamentele di La Malfa, in particolare quella sul carattere “liberale” del Pdl che, a giudizio dell’ex presidente del Senato, sembra essere scivolato sul carattere “socialista”, alludendo all’accento messo sull’assistenzialismo di Stato.
Pera sostiene che la crisi non giustifica risposte dal sapore assistenziale a chiunque protesti. L’uscita dalla crisi deve essere anche uscita da un vecchio modello di Stato, altrimenti si finisce per “ridere oggi e piangere domani”.
La questione del meno Stato e più mercato, dice Pera, riguarda tutti, destra e sinistra.
Ritornando al caso Santoro, che concerne il modo di fare giornalismo militante da parte dell’ex deputato europeo, la polemica si è fatta rovente perché è l’ultima di una serie di polemiche che ha al centro il corretto (o scorretto) uso dell’informazione. Tutto nacque settimane fa quando Feltri, neodirettore de Il Giornale, accusò d’ipocrisia l’ex direttore di Avvenire, quotidiano della Cei, che aveva criticato la condotta morale del premier, proprio lui, argomentò Feltri, che era stato condannato in maniera definitiva per molestie. Successivamente, in seguito ad accostamenti allusivi e ad epiteti pesanti a lui rivolti quotidianamente e giudicati offensivi, il premier ha intentato causa civile a L’Unità e a La Repubblica.
Ne era nata una polemica aspra in cui i due giornali avevano gridato alla censura e all’imbavagliamento della “libera” stampa; il premier aveva controbattuto che la libertà d’opinione non è libertà d’insulto sistematico nei suoi confronti e che un giudice avrebbe stabilito l’esistenza o meno della diffamazione.
Non si erano ancora sopite queste polemiche che ecco la prima puntata di AnnoZero di Michele Santoro. Da una parte il giornalista, sostenuto da Di Pietro e da una buona parte del Pd, che ritiene che essere schierati sia giornalismo libero, dall’altra il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che sostiene la legittimità del suo intervento in quanto il suo Ministero ha inglobato il Ministero delle Comunicazioni e come tale ha con la Rai un contratto di servizio.
Il ministro ha dichiarato pubblicamente che vuole vederci chiaro sul rispetto dell’obiettività del contratto da parte della Rai. Come si vede la questione è la stessa: c’è chi ritiene che la libertà sia anche libertà d’insultare e chi dice che la Rai, servizio pubblico pagato dagli abbonati con un canone, debba rispettare le regole del pluralismo delle opinioni.
L’iniziativa di Claudio Scajola rischia di far passare per martiri coloro che intendono la libertà d’opinione la loro esclusiva opinione, ma un fatto è certo: il ricorso e la frequenza degli insulti personali ha raggiunto livelli che vanno oltre anche il rispetto delle regole dell’educazione.
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