La stagione delle responsabilità
Il quadro politico italiano, nonostante i limiti di un risultato elettorale non risolutivo e le tensioni nate intorno all’elezione del Presidente della Repubblica, si va ricomponendo. Per quanto possibile, naturalmente, in una situazione ancora tanto precaria, sul piano interno e su quello internazionale. E’ nato il Governo Letta di ampia coalizione, una soluzione frutto della necessità e della responsabilità. La necessità di mettere mano ai problemi più urgenti, soprattutto il lavoro, prima di cadere in una deriva irreversibile; la responsabilità di mettere la forza ricevuta dall’elettorato – il PD primo partito grazie ai voti dei cittadini italiani all’estero! – al servizio del Paese, anche quando sarebbe più comodo ripararsi in ridotte propagandistiche e coltivare gli orticelli dei sondaggi.
Avanti, dunque, con impegno, generosità e quel senso di responsabilità che il Presidente Napolitano ha indicato come segno distintivo di questa transizione politica e di questa legislatura. Una legislatura che avrà vita e durata solo se si rivelerà capace di sciogliere alcuni nodi molto intricati e rispondere alle attese più stringenti.
Aiutati, che Dio ti aiuta
Le domande che all’inizio di ogni legislatura gli italiani all’estero si pongono, almeno da quando nel 2006 è entrata a regime la circoscrizione Estero, sono sempre le stesse: quale spazio occuperà la comunità italiana all’estero negli orizzonti strategici della classe dirigente italiana? si capirà che l’Italia ha nelle mani una formidabile leva per la sua proiezione internazionale, purché la sappia utilizzare con convinzione ed intelligenza? dopo l’orribile sequenza dei tagli alle risorse destinate alle politiche emigratorie, ci sarà finalmente il riconoscimento della “produttività” degli interventi necessari a promuovere l’italianità nel mondo? Il Presidente Letta, nel discorso fatto alle Camere in occasione della fiducia, ha detto che il suo governo si propone di valorizzare i “nuovi italiani” e gli italiani all’estero. Importante affermazione, soprattutto perché fatta in un contesto di annunci programmatici. Ma ora si tratta di vedere come questi buoni propositi si traducono in fatti. A partire dalla legge di stabilità finanziaria che tra pochi mesi approderà in Parlamento e della complesso problema dell’IMU, anche e soprattutto, per quanto riguarda i cittadini italiani all’estero.. Devo dire, ad esempio, che nell’attribuzione della delega per gli italiani nel mondo, affidata, sembra, al viceministro Bruno Archi, forse il ministro degli esteri poteva fare di meglio. Non si tratta di un’osservazione rivolta alla persona, che come tutti gli altri esponenti di governo dovrà essere giudicata per quanto riuscirà a fare. Francamente, però, avrei preferito una responsabilità politica piena e non a mezzo servizio con altri incarichi, per di più affidata a un diplomatico, abituato a considerare gli italiani all’estero più utenti di servizi amministrativi che una forza sociale e culturale da valorizzare in un quadro di espansione del Paese. Ma, ripeto, aspettiamo i fatti.
C’è però un proverbio popolare italiano che dice: “Aiutati che Dio t’aiuta”. Credo, così, che da quando in Parlamento siedono i rappresentanti espressi dai cittadini italiani all’estero, è arrivato il tempo di superare atteggiamenti di pura rivendicazione e di assumere l’iniziativa per mettere al centro dell’agenda politica le migrazioni, tutte le migrazioni: quella storica degli italiani, quella di chi arriva in Italia per viverci e lavorare, quella di chi oggi attraversa i confini per cercare un lavoro qualificato. Per fare questo, occorrono strumenti istituzionali nuovi che ci consentano di dialogare da pari a pari. Per questo ho proposto di istituire una Commissione bicamerale forte, capace di diventare un osservatorio parlamentare sulle migrazioni e di richiamare l’attenzione del governo, dei gruppi politici e dell’opinione pubblica sulla necessità di costruire politiche adeguate in questo campo. Sulla Bicamerale tornerò prossimamente, per ora mi basta ribadire che le esortazioni non bastano più, ci vogliono strumenti incisivi e riconosciuti.