La domanda è d’obbligo per chi sta organizzando una festa chiamata proprio Tag der ZürcherInnen /La Giornata delle e degli zurighesi, il cui motto è niente meno che “Wir sind alle ZürcherInnen/Siamo tutte e tutti zurighesi”. Diciamo subito che l’idea della festa, l’idea di portare davanti a tutta la comunità cittadina un’affermazione di tale importanza è venuta – e non poteva essere altrimenti – al nostro Angelo, a quell’Angelo Tinari che due anni fa ci disse che lui non era svizzero, bensì zurighese. La frase ha fatto molto riflettere tutti noi, è rimasta nell’aria, ha cambiato il corso delle nostre (micro)storie. Dopo due anni rieccoci qui a raccogliere la sua provocazione o, sarebbe meglio dire, la sua volontà di fare comunità, di rompere i muri, di prendere parola anche per chi non sente l’esigenza di esprimersi o per chi non può farlo per mancanza di tempo o di mezzi, o forse soltanto per pigrizia.
L’otto giugno di fronte al Punto d’Incontro, dove la Josefstrasse incontra la Langstrasse, dal mezzogiorno alla tarda sera, si terrà una festa fatta di musica, teatro, cinema, dibattiti, Bratwurst, birra, incontri e tanto altro. Ammettiamolo subito: non tutti saranno d’accordo con la nostra affermazione. La nostra è una presa di posizione discutibile. Forse nemmeno filosoficamente fondata, o forse sì. Il nostro è un credo che nasce da una volontà. Una disposizione, un atto che se accompagnato dal rispetto dell’altro non deve far paura. È la stessa volontà che caratterizzava Angelo e molti altri esponenti delle comunità straniere che ci hanno preceduto e che ancora oggi ci sostengono: fare di una città, di una metropoli in miniatura, una casa dove chiunque possa trovare spazio. Per chiunque non intendiamo solo l’africano, il giapponese, l’inuit, il maltese o il kosovaro, il musulmano, il panteista o l’anarchico sognatore, intendiamo anche chi, dal cantone Argau o dall’Appenzello, dalle valli romance e subalpine, vuole essere accolto e sentirsi pienamente membro di una comunità. Una comunità in cui tanto è ancora da fare in materia d’integrazione, ma che ha fatto passi da giganti negli ultimi anni.
Occorre ammetterlo. Ma noi purtroppo o per fortuna vogliamo anche le rose, non ci accontentiamo degli allori. Noi chiediamo a tutti gli zurighesi e a tutte le zurighesi, quelli che lo sono anche sulla carta, di non avere paura e di accogliere, di non tener stretto uno sterile feticcio identitario e di permettere che tutti accedano ai pieni diritti dell’essere cittadino. È uno sforzo prima di tutto culturale. Ma il cambio di passo da richiedere dovrebbe essere compiuto anche de facto. Non vogliamo soltanto sentirci zurighesi, vogliamo anche esercitare il nostro dovere e diritto che nasce dal sentirci zurighesi: vogliamo il voto a livello comunale e cantonale! Vogliamo eleggere i nostri rappresentanti, firmare la legge giusta, ostacolare il provvedimento che mina la crescita della comunità. Vogliamo poter lottare per una città più giusta con tutti i mezzi possibili. Vogliamo vogliamo vogliamo e ancora vogliamo, siamo qui d’altronde …
La Fabbrica di Zurigo