Il governo approva il disegno di legge che prevede una Commissione di 40 parlamentari e il cui iter si concluderà alla fine di ottobre 2014
Dei due provvedimenti annunciati da Letta nelle settimane e nei giorni scorsi – il piano nazionale contro la disoccupazione giovanile e il disegno di legge in materia di riforme costituzionali – quest’ultimo ha già visto la luce rispettando i tempi.
A proposito del piano contro la disoccupazione giovanile, esso sarà presentato prima del vertice europeo di fine giugno, ma intanto i Paesi del Mediterraneo (Francia, Spagna, Italia, Portogallo e Grecia) terranno un vertice a Roma per definire una posizione comune. Anche se le notizie provenienti da Bruxelles in materia economica non sono buone (Draghi ha corretto in negativo le previsioni per la fine di quest’anno e per l’anno prossimo), l’elefante Ue e tutti gli altri Paesi si stanno muovendo nel tentativo di preparare e realizzare misure choc che possano invertire la tendenza.
A proposito delle riforme istituzionali – un problema tutto e solo italiano – il governo Letta ha licenziato il ddl costituzionale e quindi ufficialmente, dal 6 giugno, l’iter che dovrà condurre alla riforma della Costituzione è iniziato. Negli anni Ottanta fu istituita la Commissione Bozzi, che cadde nel nulla mesi dopo; nel 1998 fu istituita la Bicamerale, che cadde anch’essa mesi dopo sotto i colpi del disaccordo dell’allora Forza Italia e dei Ds. Nel 2000 il centrosinistra approvò con un solo voto una riforma costituzionale, ancora in vigore, ma nei rapporti tra Stato e Regione ha creato più danni che vantaggi creando contrasti di competenze in tante materie paralizzando di fatto ogni decisione diventata materia da tribunale amministrativo e Consiglio di Stato. Nel 2005 l’allora Casa delle libertà approvò una riforma costituzionale, poi bocciata dal referendum del giugno del 2006, ma i cui contenuti (più poteri al premier, diminuzione dei parlamentari, fine del bicameralismo con l’istituzione del Senato delle Regioni) sono ancora oggetto di dibattito e probabilmente rientreranno nella prossima riforma. Vedrà finalmente la luce o verrà in qualche modo insabbiata? Napolitano è stato chiaro: è l’ultima occasione per avvicinarci all’Europa, la riforma si deve fare perché è indispensabile per l’Italia darsi istituzioni moderne ed efficienti, senza di essa saremmo condannati irrimediabilmente a rimanere ancora di più dei venticinque anni finora certificati dal governatore della Banca d’Italia dieci giorni fa.
Il ministro per le riforme, Gaetano Quagliariello, ha ufficialmente, a nome del governo, illustrato il provvedimento che prevede un “cronoprogramma” in linea con quanto dichiarato dal premier in sede di fiducia, e cioè che l’iter della riforma durerà 18 mesi, quindi ci sarà un voto finale alla fine di ottobre del 2014. Il ddl istituisce una Commissione parlamentare formata da 20 deputati e 20 senatori e che avrà il compito di istruire le riforme costituzionali. La composizione della Commissione rispecchierà i gruppi parlamentari, nel senso che ogni gruppo avrà diritto, in modo proporzionale, a propri rappresentanti, rispettando così anche le prerogative delle minoranze. Il governo ha nominato 35 “saggi”, più 7 tecnici che scriveranno i testi, i quali avranno il compito di elaborare le riforme costituzionali. Una volta consegnati i testi della riforma al governo, questi li passerà alla Commissione parlamentare per entrare nel merito di contenuti e forma, cioè della discussione e dell’approvazione. Trattandosi di un ddl costituzionale, l’iter prevede una doppia lettura a distanza di tre mesi l’una dall’altra: ecco perché sono necessari diciotto mesi prima dell’approvazione finale.
Una volta approvata la riforma, nel ddl licenziato dal cdm è precisato che il governo indirà un referendum qualora a tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale lo richiedano 1/5 dei membri di una Camera, 500 mila elettori oppure 5 consigli regionali. La legge attuale dice che il referendum è impossibile se la legge è stata approvata da una maggioranza di 2/3; il governo, invece, darà il via libera al referendum anche se la legge sarà approvata da una maggioranza di 2/3, sempre che, evidentemente, lo richiedano i soggetti sopra citati.
Che dire? E’ presto per trarre giudizi. Letta ha legato la durata e il successo del suo governo proprio all’approvazione della riforma della Costituzione, “altrimenti un minuto dopo mi dimetterò”, aveva detto solennemente in occasione della fiducia ottenuta. E’ chiaro che nel frattempo le priorità sono soprattutto di tipo economico: lotta contro la disoccupazione, taglio delle tasse, investimenti e crescita, oltre che riforma del welfare e delle pensioni, tutti temi e provvedimenti che affiancheranno l’iter della riforma costituzionale.
Alla fine, ci sarà la tanto dibattuta legge elettorale, materia molto delicata su cui ci sono già contrasti tra chi è favorevole al semipresidenzialismo alla francese con doppio turno elettorale ed elezione diretta del presidente della Repubblica con poteri d’indirizzo sul governo, e chi, invece, vuole che il capo dello Stato mantenga il ruolo di garanzia come è oggi.
L’avventura della riforma costituzionale, dunque, è appena iniziata e nessuno si nasconde le difficoltà che sono sulla sua strada.