La Grecia ha voltato pagina. Dopo sei anni di governo di centrodestra, gli elettori hanno dato la maggioranza assoluta al leader socialista Giorgio Papandreou in cambio della promessa di far uscire il paese dalla crisi senza nuovi sacrifici, ed hanno costretto ad un’uscita di scena senza attenuanti il premier Costas Karamanlis che, dopo essersi congratulato con Papandreou, ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza del partito.
Secondo i dati ufficiali sul 70% dei voti contati, il Pasok ha il 43,7% dei suffragi, ovvero almeno 155 seggi, numeri sufficienti per governare senza ambasce con circa 160 deputati sui 300 del Parlamento unicamerale.
Nuova Democrazia (Nd) del premier Costas Karamanlis si attesta al 34,5% con meno di 100 deputati. Lo scarto tra i due principali partiti è di oltre il 9%, assai superiore alla media degli ultimi sondaggi pre-elettorali.
L’astensione si è fermata al 32,2%, ben più bassa di quella delle Europee (48%) ma superiore di quella registrata alle politiche del 2007 (25%). Papandreou ha rivolto un appello all’unità di tutti i greci invitandoli a “lavorare insieme per cambiare il paese”, ed ha chiesto a “tutte le forze progressiste” di contribuire attivamente al “difficile cammino” per uscire dalla crisi e ridare al paese “quella grandezza che conosciamo”. Papandreou si è preso così la rivincita su Karamanlis, che lo aveva sconfitto due volte, nel 2004 e nel 2007, e che questa volta non è riuscito a convincere gli elettori della bontà della sua ricetta che prometteva “altri due anni difficili” e “misure sincere e necessarie” dopo anni di governo in cui il Paese è passato da un’alta crescita alla recessione.
E travolto da quella corruzione che aveva promesso di eliminare, il leader di Nd è andato incontro ad una vera e propria disfatta perdendo più di un terzo dei seggi e annunciando le sue dimissioni dalla guida del partito convocando un nuovo congresso.
Papandreou ha promesso ai greci un piano da tre miliardi di dollari per risanare l’economia senza nuove tasse per i lavoratori e la classe media, garantendo al tempo stesso salari e pensioni.
Il leader socialista assicura di poter rilanciare i consumi e l’economia attraverso uno “sviluppo verde” finanziato con la lotta all’evasione fiscale, una redistribuzione delle imposte volta a colpire i grandi proprietari, Chiesa inclusa, e una riduzione delle spese statali.
Papandreou ha detto di essere “consapevole della grande responsabilità” assunta con la vittoria ma, parafrasando il Presidente americano Barak Obama, ha assicurato che “insieme ce la faremo: lo vogliamo, lo possiamo fare, ci riusciremo”. Ed ha annunciato un governo “basato sui principi e sui valori” e la formazione di quattro nuovi ministeri, fra cui uno dell’Ambiente e dell’energia.
E ha, soprattutto, assicurato di voler affrontare la “questione morale”, senza la quale qualsiasi riforma economica o sociale sarebbe inadeguata ai bisogni del paese.
Un messaggio che dovrebbe ridare speranza non solo ai greci, ma anche alle forze europee di centrosinistra uscite ulteriormente ridimensionate dalla disfatta dei socialdemocratici in Germania.
E non a caso tra i primi a telefonargli sono stati il premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero e la leader socialista francese Segolene Royal, oltre al Presidente americano Obama.
Il successo di Papandreou è, secondo gli osservatori, dovuto oltre che alla promessa di non mettere di nuovo le mani in tasca ai cittadini, esausti per la crisi, anche all’essere riuscito a convincere quella fetta del Paese che sembrava aver perso la fiducia.
Tra cui molti giovani, i più radicali dei quali si sono uniti alla protesta armata. “Basta col pensare che nulla possa essere cambiato”, aveva detto il leader del Pasok invitando tutti a “lavorare insieme” per cambiare il Paese.
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