Dopo il tecnico del gas, anche un musicista, Pietro Emilio Franchioli, dice di aver visto quella mattina del 13 agosto 2007 una ragazza con una bicicletta nera davanti e nelle vicinanze di casa Poggi
Nell’edizione dell’8 maggio siamo tornati sul delitto di Garlasco riportando la testimonianza di Marco D., un tecnico del gas, che già nel 2009, non creduto dai carabinieri, raccontò che quella mattina del 13 agosto del 2007, proprio nelle vicinanze della villa dei Poggi, vide una ragazza su una bicicletta nera da donna. La ragazza, coi capelli biondi a caschetto, portava occhiali da sole scuri a mascherina, “come quelli che vanno di moda adesso”. La ragazza procedeva a zig zag e il tecnico, quando la distanza tra di loro si accorciò, notò che si trattava di un “piedistallo tipo da camino”, con un pomello all’estremità, “come una pigna”. Siccome era una bella ragazza, il tecnico, che guidava a passo d’uomo il suo furgone di servizio, si girò per guardarla.
Ora è spuntata un’altra testimonianza, quella di un musicista di Garlasco, Pietro Emilio Franchioli, 60 anni, conoscente del padre di Chiara. Ecco il suo racconto, fatto nel 2009 davanti ai carabinieri che stranamente non hanno creduto nemmeno a lui, oltre che al tecnico del gas.: “Spesso esco in bici al mattino. Quel giorno dovevo scrivere un arrangiamento e dopo colazione ho pensato di farmi una passeggiata prima di mettermi a lavorare (…) Quando stavo tornando verso casa, con la coda dell’occhio ho visto una persona davanti alla villetta dei Poggi. L’ho vista di schiena, era in sella a una bicicletta nera ed era piegata in avanti come se controllasse la ruota anteriore. Era vestita di scuro. Per me, era una donna. Al pomeriggio sono andato al supermercato e solo allora ho saputo quel che era accaduto alla povera Chiara”.
Pietro Emilio Franchioli ha raccontato che non andò dai carabinieri subito perché sui giornali lesse che la morte di Chiara era da collocarsi intorno a mezzogiorno, mentre lui aveva visto la ragazza sulla bici nera verso le 9.30 e che solo “parecchio tempo dopo, guardando la tv, ho saputo che gli esperti avevano anticipato l’ora della morte alle 9. E allora mi sono detto: caspita, ma quindi io ho visto l’assassino. Sono andato dai carabinieri e loro mi hanno interrogato per tante ore: mi hanno fatto domande imbarazzanti. Volevano sapere cosa ci facessi io in giro a quell’ora, volevano sapere se ho una bicicletta nera da donna, sembrava quasi che indagassero su di me. I carabinieri però alla fine non mi hanno creduto”. L’uomo ha rivelato anche che appena finito l’interrogatorio dai carabinieri è andato a riferire quanto aveva visto alla famiglia Poggi.
Dunque, sono già due i testimoni che hanno visto una ragazza (una donna), una bicicletta nera da donna, in via Pascoli, quella stessa mattina, da due punti diversi, l’uno con la ragazza che era già partita e che stava allontanandosi da villa Poggi, l’altro che l’ha vista mentre prendeva la bicicletta e per non farsi riconoscere ha fatto finta di controllare la ruota. Il secondo, Pietro Emilio Franchioli, l’ha vista da dietro.
In realtà, come si sa, anche un’altra donna, la signora Franca Bermani, 77 anni, madre di una vicina dei Poggi, quella mattina era andata a trovare la figlia e aveva visto (erano le 9-9.30) una bicicletta da donna appoggiata al cancello della villa. Franca Bermani l’ha descritta nei particolari: nera, non aveva il cestello davanti, con le molle cromate ben visibili sotto il sellino, e, sopra il parafango posteriore, un piccolo portapacchi. Questa descrizione è stata confermata da un’altra donna, Manuela Travain, 47 anni, che in quel periodo non era in ferie.
Stranamente, però, i carabinieri hanno concentrato le indagini sulle biciclette di Alberto Stasi: una da uomo di colore gialla e bordeaux, l’altra da donna ma grigia, nessuna delle due nera. Sulla bici grigia non è stato trovato nulla, sui pedali di quella bordeaux è stato trovato Dna di Chiara, ma non è sangue, forse pelle o sudore (in estate si va in bici a piedi nudi). L’accusa, poi, ha tirato in ballo una bici nera da donna della famiglia Stasi, ma non è stata analizzata perché non corrisponde alla descrizione: ha un vistoso cestello davanti e non ha molle sotto il sellino, non ha portapacchi sul parafango posteriore. Questa bici, comunque, era in un deposito del padre, lontano da casa Poggi e da casa Stasi.
Nei primi due processi Alberto Stasi è stato assolto, la Cassazione, però, in aprile ha annullato il secondo processo ordinando di rifarlo, ma, alla luce di tante testimonianze, tutto lascia pensare che gl’inquirenti abbiano indagato e processato una sola persona: quella sbagliata.