E’ stato pubblicato il “Rapporto della Fondazione Rodolfo Debenedetti intitolato “Politica migratoria, immigrazione illegale e criminalità”
La Fondazione Rodolfo Debenedetti ha pubblicato un rapporto intitolato “Politica migratoria, immigrazione illegale e criminalità”, curato da Paolo Pinotti dell’Università Bocconi di Milano, che prende spunto da un documento redatto nel 2007 dal ministero degli Interni. Questo documento mostra che in Italia la popolazione straniera è meno del 10% della popolazione residente, ma che più di un terzo della popolazione carceraria è straniera. Il numero dei detenuti stranieri sono circa 23 mila su circa 65 mila, appunto più di un terzo.
Il fenomeno – è scritto nel Rapporto – è comune a tutti gli altri Paesi europei. Dappertutto il rapporto tra la popolazione carceraria straniera e quello della popolazione residente è sempre maggiore. Di qui, dice il Rapporto, la tendenza ad adottare politiche restrittive che limitino il numero dei permessi di soggiorno concessi ogni anno. Nel Rapporto si fa anche un’altra affermazione, e cioè che chi fa domanda di permesso, quindi di regolarizzazione della propria condizione, si trova già nel territorio, quindi in condizione di illegalità. Se la domanda di regolarizzazione viene respinta, significa che l’interessato rimane sempre sul territorio da clandestino. Con una conclusione che a noi sembra ovvia, e cioè: “La condizione di irregolarità incrementa fortemente il rischio di coinvolgimento in attività criminali, in quanto preclude l’accesso a opportunità di guadagno lecite, aumentando la propensione a delinquere”. Infatti, nel Rapporto si sottolinea che l’80% degli immigrati coinvolti in attività criminali sono irregolari, mentre la quota degli irregolari rispetto alla popolazione regolare è molto bassa, al di sotto del 20%. In parole più chiare: anche se gl’irregolari sono meno del 20% dei regolari, delinquono almeno 16 volte in più, per ben l’80%. Per finire con i rapporti, aggiungiamo che la popolazione italiana residente e la popolazione straniera regolare hanno più o meno un uguale tasso di criminalità. Fin qui il Rapporto in realtà non dice molto di nuovo. E’ il seguito che ci lascia francamente molto perplessi.
Si legge, infatti, nel Rapporto: “I maggiori rischi per la sicurezza derivano non tanto dall’immigrazione di per sé, quanto dalla presenza degli irregolari e nel corso degli ultimi decenni tale componente è stata alimentata, quasi paradossalmente, dalle politiche migratorie restrittive, che hanno imposto un ferreo contingentamento del numero di permessi di soggiorno a fronte di un continuo aumento delle pressioni migratorio verso il nostro Paese”. Che l’immigrazione regolare non costituisca un problema, è ovvio (se si ha un lavoro, si ha una casa una stabilità, eccetera), ed è ovvio anche che gli irregolari costituiscano un problema, il quale però non si risolve regolarizzando tutti, ma offrendo loro un lavoro. Di per sé concedere un permesso non vuol dire nulla, non significa risolvere il problema, sono il lavoro e un salario che risolvono i problemi.
Il Rapporto prende in esame le regolarizzazioni e il click day 2007. Nel primo caso si dice che dopo una sanatoria il tasso di criminalità diminuisce, specie nelle province dove una maggiore quota di stranieri irregolari ha ottenuto il permesso di soggiorno. Anche in occasione del click day 2007 sarebbe avvenuta la stessa cosa: il rifiuto del permesso di soggiorno, magari per il solo fatto di aver presentato la domanda con ritardo raddoppierebbe o addirittura triplicherebbe la probabilità di commettere crimini.
C’è qualcosa che non quadra. Se, ad esempio, in Italia ci fossero 3 milioni di irregolari (che, si è detto, rappresentano la principale riserva di possibilità di reati), regolarizzando tutti, diminuirebbero automaticamente i reati. Ci sembra assurdo: la regolarizzazione deve essere fatta in base alle possibilità di lavoro, altrimenti si creano senza lavoro con il permesso, il che non cambia nulla.
La realtà è un’altra: i reati vengono commessi, per forza di cose, da chi viene fatto entrare senza garantirgli un posto di lavoro. Se non si ha un lavoro, siccome bisogna mangiare, ebbene, non resta che procurarsi da mangiare con i mezzi a disposizione, cioè illegalmente). La conseguenza è che o si regolarizza un irregolare dandogli un lavoro o, appunto, non si risolve affatto il problema.