Il caso del giovane diciannovenne di Piedimente di Barano d’Ischia che ha perso tutto – tutto quello che aveva lui e tutto quello che avevano i suoi genitori, casalinga lei e muratore lui, con altri due figli a carico – alle slot-machine e al poker online e si è gettato poi nello strapiombo a picco sul mare sfracellandosi sugli scogli, non può rimanere confinato nella cronaca, ma deve far riflettere seriamente sui danni prodotti dal vizio del gioco e sull’obbligo che lo Stato ha di porre rimedio a centinaia di migliaia di tragedie piccole e grandi che riguardano singoli e famiglie intere.
L’argomento è tanto noto che è perfino superfluo soffermarsi a descriverlo. Diciamo brevemente che il gioco, come quell’altro mestiere noto e comune, è vecchio quanto il mondo e difficilmente verrà sradicato, ma una cosa è confinarlo in isole come i Casinò e altra cosa è renderlo accessibile alla massa, anzi invogliando di fatto tutti a giocare. Si sa che i bar e altri locali commerciali in Italia sono pieni di slot-machine che attirano gli avventori che prima o poi provano e magari continuano a giocare con conseguenze sempre disastrose, e si sa che i giochi online sono ancora più pericolosi perché si può giocare nel chiuso della propria stanza. Ci saranno senz’altro delle regole, ma si sa anche che le regole possono essere facilmente aggirate e cadere nella trappola del rischio. Ormai i computer sono come i telefonini, ce li hanno tutti, quindi le offerte in denaro, seppure virtuale, fatte agli utenti di posta elettronica, possono rompere facilmente le barriere, a volte fragilissime, che esistono fra una persona e un giocatore e presumiamo che una volta varcata la soglia pochi siano quelli che si ritirano in buon ordine e considerano l’esperienza come irripetibile.
La dipendenza dal gioco d’azzardo colpisce, stando alle cifre comparse recentemente, circa 800 mila italiani, cioè circa 800 mila persone che giornalmente perdono (si sa che di gioco non è mai diventato ricco nessuno), e si sa che se smettono in cento altri e cento sono pronti a rimpiazzarli. Insomma, la riserva è sempre popolata, con le conseguenze che ognuno può immaginare, anzi, che centinaia di migliaia di famiglie conoscono bene. Mesi fa ha suscitato scalpore e ammirazione la decisione di alcuni proprietari e gestori di bar e locali che, rinunciando ai loro guadagni, hanno vietato le slot-machine perché molti giocatori si erano rovinati. Presumiamo che il poker online sia ancora più dannoso, proprio perché i giovani sanno usare bene il computer e, carpendo il numero di conto corrente dei genitori o semplicemente usando il proprio, possono rovinare e rovinarsi ancora più facilmente standosene in casa.
In tempi di crisi le tragedie di chi perde tutto sono ancora più terribili, come il caso di cronaca in questione, finito sui giornali perché si è suicidato, ma che rimangono nascosti se non c’è l’epilogo della morte.
Il presidente della Croce Rossa ha detto: “Servono provvedimenti urgenti per cancellare l’inaccettabile scandalo della tassazione agevolata di cui godono attività di gioco d’azzardo online e non”. Il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico ha detto: “Interverremo con urgenza, come ha annunciato il ministro Alfano alla Camera, sia sotto il profilo della normativa che della prevenzione”. Ora, se vogliamo risolvere davvero il problema, bisogna che lo Stato si metta in testa una cosa, semplice e chiara: i giochi d’azzardo di massa a portata di mano vanno non vietati, ma aboliti, a partire da quelli statali o a partecipazione statale. Punto. Prolifereranno quelli privati? E’ tutto da vedere, abolire significa abolire quelli pubblici e quelli privati. Una volta si diceva che il divieto suscita il desiderio e sarà senz’altro vero, ma se vuoi giocare e non trovi le slot-machine in nessun locale o se viene cancellato il poker online, è difficile giocare. Tutto il resto sono in gran parte chiacchiere. Il dibattito è aperto.