Il premier Enrico Letta soddisfatto per l’esito del vertice di maggioranza. Disegno di legge costituzionale per la soppressione delle province
Il governo Letta, tirato a destra dal pressing di Brunetta che reclama l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e lo stop dell’Iva (“altrimenti sarà crisi”) e terremotato da sinistra dal contrasto tra Renzi e gli altri capicorrenti, dal cui esito dipenderà il sostegno all’Esecutivo o il suo indebolimento, sta passando indenne attraverso gli agguati che incontra sulla sua strada. L’ultimo in ordine di tempo è stata la presa di posizione di Monti che lo ha richiamato a tenere la barra dritta sul rigore dei conti. In sostanza, anche se ininfluente sul piano numerico, Scelta civica ha cercato di uscire proprio dalla sua “marginalità” vestendo i panni del rigore dei conti (quindi niente aut-aut da parte del Pdl su Imu e Iva), ma anche del rispetto di determinati impegni, come l’acquisto degli F35.
Abbiamo detto che la voce grossa di Monti è di per sé rauca a causa dei numeri, e non solo. C’è anche la distanza tra lui e Casini, invitato dall’ex premier a togliere il disturbo a causa delle continue polemiche. Tuttavia, Monti è riuscito a far convocare un vertice di maggioranza che si è svolto giovedì scorso. I risultati del vertice non sono solo i quattro punti che formano l’iter programmatico, è anche e soprattutto l’istituzione di una cabina di regia che trovi l’accordo sui temi più scottanti sui quali la maggioranza potrebbe franare se gli angoli non venissero adeguatamente smussati. A questo proposito, ecco il commento di Renato Brunetta sul risultato del vertice: “E’ andata molto bene, ora la cabina di regia affronterà in modo regolare tutti i provvedimenti, cosa che non è avvenuta per il dl “Fare” e per quello sul lavoro che ora andranno corretti in Parlamento, come sull’Iva, dove le coperture andranno totalmente cambiate”.
Quanto ai quattro punti concordati, essi sono l’Imu e l’Iva, rinviati, ma che torneranno d’attualità entro settembre; la legge di Stabilità, che verrà focalizzata su sviluppo, riduzione delle tasse sul lavoro e infrastrutture; il semestre di presidenza italiana dell’Ue (luglio-dicembre 2014), le cui priorità saranno definite attraverso il concorso comune tra governo e partiti; le riforme istituzionali da completare entro 18 mesi, con il cambiamento della legge elettorale.
Subito dopo il vertice di maggioranza, dal Fmi (Fondo monetario internazionale) è venuto l’invito a non abolire l’Imu, ma a mantenere la tassa anche sulla prima casa. Ci sono state polemiche sulla “manina romana” che ci sarebbe stata dietro il “messaggio” del Fmi: come prevedibile, c’è stato chi è a favore della soppressione dell’Imu sulla prima casa e chi no, ma alla fine la tregua seguita alla verifica di maggioranza ha retto. Un altro siluro è venuto dalla Consulta, che ha bocciato – non ravvisando la necessità di un decreto legge per una materia non urgente – la riduzione del numero delle province e la costituzione delle “città metropolitane”. Letta ha reagito prontamente presentando al consiglio dei ministri un disegno di legge costituzionale in tre articoli, con i quali si cancellano le province e ogni suo riferimento dalla Costituzione. Ecco la sua dichiarazione: “Auspico che il Parlamento proceda il più rapidamente possibile. Si è perso tempo e non possiamo perderne altro”, aggiungendo che “saranno salvaguardati sia i lavoratori sia le funzioni” delle attuali province le cui competenze saranno divise tra Comuni e Regioni. Il ddl dovrà essere discusso in duplice lettura alla Camera e al Senato in quanto si tratta di materia costituzionale. Se dovesse essere approvato, sarebbe clamoroso, perché cancella del tutto questi enti che a giudizio di molti non servono a nulla. Il dl presentato da Monti, bocciato appunto dalla Consulta, prevedeva la riduzione da 105 a 51 province e il raggruppamento in città metropolitane, un ibrido che al posto di semplificare aumentava i carrozzoni e le complicazioni derivanti dal conflitto di competenze.
Letta, dunque, dovrebbe avere la navigazione più facile. Ci sono comunque due incognite: la prima è quella dell’esito della sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, che dovrebbe arrivare alla fine di ottobre, la seconda è l’esito del congresso Pd. Nel caso di una sentenza negativa per Berlusconi, si tratta di vedere se verranno rispettati gl’impegni di tener distinti i due piani, quello politico e quello personale. Sono in molti a pensare che il Pdl in questo caso si compatterà contro la magistratura, cosa incompatibile con il ruolo istituzionale nel governo, tanto più che la conferma della condanna significherebbe le porte del carcere per il leader del partito. L’altra incognita è rappresentata dall’eventuale vittoria di Renzi al congresso del Pd. Infatti, il sindaco di Firenze, che non ha mai nascosto che lui, più che alla segreteria del Pd mira ad essere premier, costituirebbe un pericolo per Letta, esattamente come Veltroni lo costituì alla fine del 2007 per Prodi. Veltroni, infatti, lanciando il Pd a vocazione maggioritaria (senza l’allora Rifondazione comunista), indebolì il governo che si reggeva su un solo voto al Senato e quindi anche su Rifondazione (Mastella fece il resto). Se Matteo Renzi sarà segretario del Pd, più che a gestire il Pd penserà a creare le condizioni per un nuovo governo, le quali condizioni, nella visione renziana, significheranno le elezioni anticipate e la conquista della maggioranza con la sua premiership. Ma sono tutte ipotesi da verificare.