Nessuna dichiarazione ufficiale ma sono almeno sette la ragioni per cui Netanyahu ha accolto con favore l’intervento dell’esercito in Egitto
Il caos in Egitto, il più grande Paese alla periferia ovest del Medio Oriente, desta preoccupazione negli Usa e in Europa, ma c’è uno Stato, Israele, che per quanto non lo dimostri – anzi, ci tiene a non mostrare nulla all’esterno, al punto che Netanyahu ha ordinato a tutti i ministri del suo governo di non rilasciare dichiarazioni – in realtà gode di ciò che è successo nel Paese dei Faraoni e ne segue con molto interesse gli sviluppi.
Le ragioni per cui Israele ha visto con favore la caduta di Morsi sono tante e anche molto evidenti. La prima e più importante di tutte è che Morsi era l’espressione dei Fratelli Musulmani, la più potente organizzazione islamica esistente in vari Paesi di religione musulmana al mondo, che ha un braccio politico e un braccio militare, ostili a Israele da sempre. Dunque, la sua caduta fa sospirare di sollievo Israele.
La seconda ragione, strettamente collegata alla prima, è il modo come Morsi sia caduto: sotto il peso della sua incapacità a governare. Dunque, per Netanyahu è una doppia vittoria: la caduta di un “nemico” e la dimostrazione della sua incapacità di governare, il che presumibilmente confinerà i Fratelli Musulmani in uno spazio politico ed elettorale molto più ristretto per molti anni a venire.
La terza motivazione è che i Fratelli Musulmani, anche in Egitto, hanno dimostrato la loro vocazione dittatoriale, facendo così risaltare l’unicità di Israele che, insieme alla Turchia, sono gli unici Stati a democrazia matura di tutta la Regione. Non è poca cosa né agli occhi delle rispettive popolazioni, né a quelli della comunità internazionale. La quarta ragione è che Morsi, se è vero che aveva confermato il vecchio trattato di pace tra Israele ed Egitto firmato nel lontano 1979 tra Anwar el Sadat e Menahem Begin, aveva però espresso “piena solidarietà contro l’aggressione israeliana” a Gaza. Cosa vuol dire? Vuol dire che siccome a Gaza comandano i palestinesi di Hamas – che altro non sono che i Fratelli Musulmani nemici dichiarati e ostinati di Israele – Morsi in realtà parteggiava per loro malgrado il trattato di pace prima citato. Quale era poi la “piena solidarietà contro l’aggressione israeliana”? Israele, bombardando i lanciarazzi palestinesi che giornalmente sparavano razzi contro le città ebree, in fondo reagiva a provocazioni e a danni. Insomma, Morsi conosceva bene la situazione, ma esprimendo solidarietà a chi aveva provocato la reazione in realtà aveva espresso una complicità.
La quinta ragione è che per le ragioni appena descritte Hamas si è indebolita nella Striscia di Gaza, perché non può più contare sul presidente di un grande Paese come l’Egitto, quindi si rafforza Abu Mazen e s’indebolisce Hamas. La sesta ragione della “soddisfazione” di Israele è che ad aver operato la destituzione di Morsi è il capo delle forze armate, Al Sisi, che era ministro della Difesa del governo precedente e che aveva ordinato all’esercito di inondare di liquame fetido i numerosi tunnel sotterranei che esistono il Sinai e la Striscia di Gaza e attraverso i quali sono sempre passati armi, danaro e altri prodotti di rifornimento per Hamas. Essendo Al Sisi l’autore del golpe in Egitto ai danni dei Fratelli Musulmani ed essendo lui presumibilmente la longa manus sul futuro dell’Egitto, Israele si sente più al sicuro, sapendo di avere se non un amico quantomeno non un nemico.
La settima ragione di soddisfazione è che il caos attuale in Egitto è prodotto da forze che si scontrano nel mondo arabo e musulmano e che quindi non è Israele a creare instabilità, ma altri: il che giustifica le paure di Israele stesso.
Infine, c’è una sola ragione per cui Israele esprime preoccupazione seria, ed è che il Sinai, quest’immenso territorio in buona parte desertico, è diventato un santuario di terroristi di ogni specie e provenienza, al punto che sul municipio di al Arish, città principale del Sinai stesso, è stata recentemente issata la bandiera di Al Qaeda dopo l’uccione di sei poliziotti egiziani. La preoccupazione riguarda il fatto che la costituzione di bracci armati dei Fratelli Musulmani, saldandosi con organizzazioni terroristiche a favore del Fratelli stessi, provochino situazioni molto pericolose di guerra civile. Ecco perché questa volta i Tamarod, i manifestanti che hanno richiesto le dimissioni di Morsi, hanno accolto con favore l’intervento tempestivo dell’esercito, che dovrebbe farsi garante di una prospettiva che porti l’Egitto fuori dalla crisi.