Macabra scoperta dei carabinieri di Bologna che, su denuncia delle amiche della donna, indagano e trovano il suo corpo nel congelatore
La notizia, orribile, non è nuova, ma vale la pena di tornarci su perché rivela fino il fondo di crudeltà e di abbrutimento di cui è capace un uomo, ma, visto che casi di questo genere ne avvengono tanti, troppi, è forse non fuori luogo cominciare a riflettere sulle conseguenze terribili che “lo spirito del tempo” sta producendo, quello “spirito del tempo” che vuol dire educazione senza “i no che aiutano a crescere”, protezione senza limiti e senza sentir ragioni, libertà individuali assolute, che poi, nel corso della vita, diventano diritto a fare quello che si vuole, anche della vita degli altri. Abituati fin da bambini ad avere sempre ragione, ad ottenere tutto quello che si chiede, da grandi, se qualcuno ci dice no, si diventa tiranni con licenza di uccidere.
Silvia Caramazza, 39 anni, bolognese, commercialista di professione, un matrimonio fallito alle spalle, nel 2011 perde il padre dopo lunga malattia. Nello stesso periodo perde anche la madre, per cui cade in una forte depressione. E’ a questo punto che entra nella sua vita Giulio Caria, 34 anni, artigiano, sardo emigrato a Bologna, in passato denunciato per i suoi atteggiamenti persecutori dalla sua ex, da cui aveva avuto una figlia che oggi ha quattro anni, e un precedente per rapina. Ecco il racconto di Marina, una delle amiche di Silvia: “Caria due anni fa è stato chiamato per alcuni lavori di ristrutturazione nella casa di via Vallescura, la residenza del padre di Silvia, che di lì a poco sarebbe mancato a causa di una malattia. Lui e Silvia si sono conosciuti in quell’occasione”.
I due iniziarono a frequentarsi e le amiche ora dicono che l’uomo si comportava in maniera strana, nel senso che cercava di isolare Silvia dai suoi parenti e dalle sue amiche. Comunque, andarono da subito a vivere insieme nella villetta di Silvia. Giulio, malgrado la sua gelosia, era riuscito a far breccia nel cuore di Silvia, ma da subito stava mettendo in pratica la sua “personalità”. Silvia scoprì una microspia dietro il termosifone e, dopo averlo detto al suo fidanzato, andò a denunciare il fatto ai carabinieri, i quali le chiesero del suo fidanzato. Silvia rispose: “Il mio attuale compagno è geloso, ma tende a controllarsi. Sì, come persona è molto gelosa e mi chiede spesso di raccontargli quello che faccio, ma allo stesso tempo mi concede molta libertà”. Giulio Caria, a questo punto, assume un investigatore privato che scopre un’altra microspia all’interno del bracciolo del divano. Qualche giorno dopo qualcuno infilò un bigliettino anonimo, scritto in stampatello e con vari errori (che sottolineiamo): “Gentile signora Caramazza, sono la persona che si e occupatta di questa faccenda x conto dei suoi parenti chiedo cortesemente qualora fosse possibile di vederci per alcuni chiarimenti e detagli puo contatarmi quando vuole al numero…”. Alla luce di quello che è accaduto poi, Giulio Caria ha architettato questa messa in scena per allontanare Silvia dai suoi parenti e dalle sue amiche, evidentemente per obbedire alla sua gelosia morbosa ed ossessiva.
Silvia, d’altra parte, sapeva della sua gelosia ma non aveva pensato che il suo fidanzato sarebbe stato capace di tutto quello e di ciò che sarebbe accaduto in seguito. In ogni caso, con il passare dei giorni e delle settimane, provata anche dalla depressione, qualcosa l’aveva intuito, tanto è vero che aveva fatto delle confidenze a Claudia, un’altra delle sue amiche. Racconta Claudia: “Quando era da me, Silvia mi disse che voleva lasciarlo e voleva chiedere a un avvocato cosa fare per mettersi al sicuro, perché lui la tormentava con la gelosia. La chiamava di continuo, qui da me, e le aveva fatto una scenata tremenda la sera prima che venisse qui per tre giorni. Quando Silvia è tornata a casa, mi ha scritto un sms per dirmi che era arrivata e stava bene. Ma mi ero molto preoccupata quando avevo letto, sul suo profilo Facebook, che Silvia annunciava di volersi sposare e avvisava che sarebbe sparita per una lunga vacanza, staccando il cellulare”.
In realtà, mentre dormiva a casa sua, Silvia era stata colpita più volte dal fidanzato con un oggetto contundente alla testa, il suo corpo messo in un sacco della spazzatura e chiuso nel congelatore. Le amiche, incredule per la notizia dell’imminente matrimonio, la chiamano ma lei non risponde. Si fa viva solo tramite sms. Allora denunciano la sua scomparsa ai carabinieri che iniziano ad indagare. Le amiche chiamano Silvia sul cellulare, risponde Giulio che dice loro che stanno a Catania, i carabinieri, d’accordo, fanno eseguire indagini a Catania, dove Silvia e Giulio non esistono, esistono, invece, tracce del suo cellulare a Bologna. I carabinieri, su ordine del pm, forzano la porta di casa e, rovistando, trovano Silvia uccisa e congelata. Giulio non è reperibile, è fuggito in Sardegna, con la macchina del padre di Silvia, ma viene riconosciuto da un albergatore perché la sua foto è stata segnalata. Fugge in campagna, buca la ruota della macchina e lì, dietro un cespuglio, lo arrestano. Subito dopo dice: “Sono innocente, tra me e Silvia non c’era più niente da tempo. Cercate l’assassino tra le sue nuove amicizie”.
Giudicate voi se non è un animale.