Di lingua tedesca, nata in Romania, vive in Germania dal 1987
ROMA – Si intitola ‘Herztier’, ovvero ‘Bestia del cuore’, il romanzo che racconta di quattro amici perseguitati per le loro idee dalla polizia politica di Ceausescu, uscito nel 1994 e considerato il più importante di Herta Müller, la scrittrice tedesca nata in Romania nel 1953 e trasferitasi in Germania dal 1987, cui è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura, “per aver descritto la realtà dei diseredati con la forza della poesia e la franchezza della prosa”. Un titolo che unisce appunto la bestialità della repressione e il sentimento di amore e libertà che anima i protagonisti, tradotto in italiano, l’anno scorso, come ‘Il paese delle prugne verdi’ (Ed. Keller).
“L’ho scritto in ricordo dei miei amici romeni uccisi sotto il regime di Ceausescu”, afferma la scrittrice, per la quale il tema della dittatura resta quello centrale della sua opera. “E’ stata l’esperienza più intensa e violenta della mia vita e il solo fatto di essere andata a vivere in Germania, a centinaia di chilometri di distanza, non ha cancellato quel mio passato e il fatto di essere stata costretta a imparare a vivere attraverso la scrittura – ha dichiarato nel settembre scorso al Festival letteratura di Mantova – Volevo vivere secondo gli standard che popolavano i miei sogni, le mie letture: tutto qui, scrivere era il mio modo di esprimere quel che non potevo vivere nella realtà”. E’ quel che si racconta nel romanzo, ambientato in una Romania anni Ottanta, dove quattro giovani si ritrovano uniti dal suicidio di un’amica, Lola. Da quel dolore viene una presa di coscienza sulla condizione propria e del paese, che troverà il proprio spazio di libertà nella letteratura. Ma presto toccherà loro fare i conti con l’onnipresenza del terrore.
Il sentimento che scorre nelle pagine è la paura: agli interrogatori sistematici della polizia segreta, ai pedinamenti e agli atteggiamenti intimidatori segue la perdita del lavoro e, anche quando si riesce a espatriare, ecco che le minacce proseguono e la morte ritorna sotto forma di misteriosi suicidi. Herta Müller, dopo l’università, si impiegò come traduttrice in una fabbrica dove, contatta dalla Securitate, la polizia segreta di Ceausescu, si rifiutò di collaborare come spia presso la minoranza tedesca di cui era parte e perse il lavoro.
Per sopravvivere fece la maestra in un asilo nido e dette lezioni private di tedesco, finché, col marito Richard Wagner, anche lui romeno tedesco e scrittore aderente al gruppo intellettuale Aktionssgruppe Banat, riuscì a scappare a Berlino, dove oggi è considerata un’importate esponente della letteratura tedesca. La sua è una scrittura particolare, quasi sperimentale, poetica, intensa, secca e sincopata, in cui osservazioni, dialoghi, pensieri sono accostati e si susseguono facendo crescere il senso e il racconto come per accumulo, con aperture visionarie, ma senza perdere limpidezza. Uno stile che si intravedeva già nei primi racconti, quelli pubblicati censurati in Romania nel 1982 e usciti in versione integrale in Germania due anni dopo, e in italiano nel 1987 dagli Editori Riuniti col titolo ‘Bassure’.
Nel nostro paese era uscito anche il romanzo breve ‘In viaggio su una gamba sola’ edito da Marsilio nel 1992. Su ‘Die Zeit’ a luglio la Müller ha pubblicato la prima parte di un memoriale, scritto dopo essere entrata in possesso del dossier che la polizia romena aveva su di lei e essere tornata nel suo paese, dove si è accorta di essere controllata: “La polizia segreta di Ceausescu – ha scritto – non è stata sciolta, ha solo assunto un altro nome, Sri, ed è composta, a quanto dichiarato, al 40% di membri dell’ex Securitate, anche se probabilmente la percentuale è molto più alta”.