Uno studio dell’Università di Cambridge mostra una stretta relazione tra il morbo di Alzheimer e le condizioni igieniche
Possibile che il morbo di Alzheimer sia così diffuso nei Paesi occidentali a causa di un eccesso di igiene? Sembra incredibile ma pare che sia proprio vero. A sostenerlo è uno studio scientifico dell’Università di Cambridge. Più un Paese è sviluppato e più le persone rischiano di ammalarsi di Alzheimer; più è povero e meno possibilità di ammalarsi si hanno. Gli scienziati sostengono che non sia solo una questione di igiene da adulti, ma anche da bambini. Una volta i bambini venivano lasciati liberi di giocare per terra e di sporcarsi le mani, ora non più o comunque di meno, almeno in quei Paesi dove si vive in campagna in misura ridotta rispetto alla vita nelle città. In Gran Bretagna e in Australia, ad esempio, si vive quasi esclusivamente in città, dunque il rischio di ammalarsi di Alzheimer è maggiore.
Lo studio, tuttavia, va commentato, altrimenti sembra che più si è sporchi e più si è sani, che è un’equazione quanto meno bizzarra. Lo studio analizza l’incidenza della malattia in 192 nazioni, considerando tutte le varianti possibili, ma la conclusione è quella poc’anzi accennata: i casi di demenza senile nei Paesi sviluppati è maggiore che nei Paesi poveri. Si potrebbe obiettare: è normale, nei Paesi poveri si muore più giovani, dunque non si ha il tempo di ammalarsi di Alzheimer, che è una malattia da vecchi. Invece no. A fare la differenza è proprio l’igiene.
L’ipotesi, a dire la verità, non è nuova. Anni fa, si era già ipotizzato che alcune malattie dipendessero da un’eccessiva igiene, però poi nessuno vi ha prestato la dovuta attenzione. Eppure, la logica esiste: se i bambini vengono a contatto con la terra, con gli spazi esterni, dove ci sono microbi e batteri, automaticamente anche il loro sistema immunitario si sviluppa e si rafforza; viceversa, se si vive in città, se non c’è questo contatto con lo “sporco”, anche il sistema immunitario si sviluppa di meno. E’ una questione di linfociti T e del loro mancato sviluppo, i quali linfociti T di conseguenza non imparano a combattere bene gli invasori, gli estranei all’organismo. Insomma, se non ci si abitua a riconoscere i propri nemici, si ha anche difficoltà a combatterli e se non li si combatte, si dà spazio alle infiammazioni che in età adulta possono indebolire il sistema immunitario favorendo, appunto, l’insorgere dell’Alzheimer. Gli studiosi inglesi, infatti, sono rimasti colpiti proprio dai linfociti T che si sviluppano di meno in individui che curano la loro igiene in modo eccessivo e che mancano proprio nel cervello dei malati di Alzheimer. Alla luce di questa spiegazione, si capisce meglio perché esiste una relazione tra le condizioni igieniche durante l’infanzia e l’insorgenza della malattia. In Paesi come l’America Latina, la Cina, l’Africa e l’India, ci si ammala di meno perché lì si vive a contatto con la terra, cioè con lo sporco, dove i linfociti T sono più numerosi e forti perché sono allenati a combattere contro gli “agenti estranei”.
Questo non vuol dire, evidentemente, autorizzazione a vivere tra la sporcizia, significa però capire la relazione igiene-Alzheimer. Va da sé che lo sporco non basta, c’è bisogno anche di curare l’alimentazione, di evitare il fumo, di fare esercizio fisico, di evitare fumo e di stare attenti al colesterolo. Ecco l’opinione del dottor James Pickett, capo del gruppo dei ricercatori: “Sappiamo da tempo che il numero di persone affette dal morbo varia da Paese a Paese. Il fatto che questa discrepanza possa essere legata alle condizioni igieniche è una teoria avvincente, e si lega bene alle connessioni che esistono tra infiammazione e malattia”.
Concludiamo con alcuni dati. Nel mondo sono circa 30 milioni le persone affette dal morbo di Alzheimer (750 mila solo in Italia); nel 2050 si stima che saranno uno ogni 85 persone. I primi sintomi insorgono di solito dopo i 65 anni, e sono l’incapacità di ricordarsi eventi recenti o di memorizzare nuove informazioni. Il corteo è comunque ampio: confusione, irritabilità, difficoltà nel linguaggio e perdita della memoria. Proprio nei Paesi più avanzati, dove l’aspettativa di vita è più alta, si registreranno in futuro molti più casi che in passato.