In Se Dio fosse svizzero, Hugo Loetscher ricordava la recente storia travagliata di Uruguay e Libano, considerati la “Svizzera del Sud America” e la “Svizzera del Medioriente”, per invitare quella che finora è stata la più Svizzera di tutte le Svizzere, ovvero la Svizzera stessa, a non dare per scontato e garantito quel tipo di convivenza armonica delle differenze che ha saputo costruire. Questo passaggio dello scrittore svizzero-tedesco inquadra bene il convegno Italiamo, il primo incontro nazionale dei docenti d’italiano delle scuole medie e medie-superiori, organizzato dall’Università della Svizzera italiana (USI) in collaborazione con l’Associazione svizzera dei professori di italiano (ASPI) e tenutosi il 6 e 7 settembre 2013 a Lugano.
Uno dei messaggi fondamentali ribaditi dal convegno, infatti, è che l’italiano è una lingua nazionale e, come tale, è un pilastro dell’identità elvetica: difendere l’italiano e l’insegnamento dell’italiano, che oltralpe vive una situazione sempre più precaria e che rischia di scomparire dall’offerta formativa di molte scuole d’oltralpe, è dunque un modo di tutelare quel modello di paese che la Svizzera finora è stata e che vogliamo continui a essere, una Willensnation unita nelle diversità e in forza delle diversità, come ha ricordato il Presidente dell’USI Piero Martinoli.
In vista di una migliore salvaguardia e promozione della terza lingua nazionale, Italiamo ha permesso innanzitutto a 150 docenti provenienti da quasi tutti i cantoni di stringere contatti e di muovere un passo fondamentale verso la costruzione di una rete tra docenti d’italiano forte e di estensione nazionale; il convegno ha inoltre permesso loro di avere una visione più globale della situazione dell’italiano nelle scuole svizzere, grazie in particolare al quadro delineato da Mathias Picenoni, insegnante ed esponente della Pro Grigioni Italiano: l’italiano è scelto solo dal 12% degli studenti liceali svizzeri, con molte differenze nelle condizioni quadro da cantone a cantone.
L’altro aspetto essenziale del convegno è stata la possibilità di incontrare le istituzioni della Svizzera italiana (autorità, licei, università, radiotelevisione, società civile) attive nella promozione dell’italiana per avanzare loro proposte concrete: aiutare i docenti d’oltralpe ad avere più Svizzera italiana nelle classi, in modo da poter sensibilizzare gli studenti al fatto che l’italiano non è una lingua straniera; aiutare i docenti a istituire a livello nazionale una settimana della lingua e cultura italiana e della Svizzera italiana, sul modello del progetto pilota che l’USI presenterà al Liceo Spiritus Sanctus di Briga dal 23 al 27 settembre; organizzare una campagna nazionale per sensibilizzare tutta la popolazione svizzera sull’importanza del plurilinguismo; mettere a disposizione qualche fondo, anche di piccola entità, per portare avanti questi progetti.
Diego Erba, coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera istituito l’anno scorso dal Governo ticinese, e Ignazio Cassis, consigliere nazionale e co-presidente dell’Intergruppo parlamentare italianità, hanno recepito le proposte dando la disponibilità, innanzitutto, a impegnarsi per mappare quali fondazioni e quali contributi pubblici esistono per progetti legati alla tutela del plurilinguismo: il Forum e l’intergruppo non sono una fondazione che può dare contributi direttamente, hanno spiegato, ma sono punti di riferimento che possono coordinare, aiutare a indirizzare, a trovare sponsor e a dare maggiore visibilità a progetti come la settimana della lingua italiana. L’impegno sarà inoltre a livello politico, per sensibilizzare soprattutto la maggioranza svizzero-tedesca, che “non percepisce il problema”, e per vigilare sull’effettiva applicazione di HarmoS, che prevede l’insegnamento di una terza lingua nazionale nella scuola dell’obbligo.
Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda Nicoletta Mariolini, nuova delegata federale al plurilinguismo nell’amministrazione federale che ha partecipato a una tavola rotonda aperta al pubblico (che è stata la sua prima uscita pubblica quale nuova delegata federale al plurilinguismo): attraverso alleanze all’interno dell’amministrazione federale, l’obiettivo di Nicoletta Mariolini è di costruire progressivamente un sistema per cui conoscere l’italiano sia per un funzionario federale un valore aggiunto, che possa tradursi ad esempio in vantaggi di carriera.
Un altro nodo importante affrontato dal convegno è stato l’atteso rapporto di lavoro sull’italiano istituito dalla Commissione svizzera di maturità. In occasione di una tavola rotonda aperta al pubblico Mario Battaglia, presidente del gruppo di lavoro, ha spiegato che il rapporto è pronto, ma che sarà pubblicato solo a ottobre/novembre, dopo l’approvazione della Conferenza dei direttori cantonali della pubblicazione educazione e del Dipartimento federale dell’economia, della formazione della ricerca. Il gruppo ha analizzato la situazione dell’italiano nei licei svizzeri per verificare se tale situazione sia rispettosa dell’ordinanza federale sul riconoscimento dei diplomi di maturità, formulando anche proposte per rendere più attrattivo l’italiano e per diminuire la concorrenza tra lingue con l’insegnamento linguistico anticipato o la didattica plurilingue. Il principale problema, ha spiegato Battaglia, è l’autonomia che i cantoni rivendicano in materia di istruzione, mentre l’obiettivo è suscitare un dibattito che porti a una volontà politica, premessa indispensabile per agire concretamente. L’ASPI, rappresentata dal presidente Donato Sperduto, ha ribadito che l’ordinanza sulla maturità è chiara: ogni scuola deve offrire l’italiano e se il rapporto conterrà una conclusione diversa i docenti sono pronti a reagire. Siccome però alcuni cantoni, per motivi lobbistici (proteggere altre discipline) o di finanze, giocano sull’ambiguità per offrire l’italiano solo a livello di un intero cantone, la proposta è quella di istituire l’italiano come materia di maturità, da offrire in ogni scuola (in diverse forme possibili, ma senza se e senza ma).
Fabio Pusterla, scrittore e docente dell’Istituto di studi italiani dell’USI e del Liceo Lugano 1, e Pietro De Marchi, professore di italiano all’Università di Zurigo, hanno da parte loro allargato la prospettiva a una riflessione più ampia, vedendo nella situazione precaria dell’italiano il riflesso di un paradigma culturale utilitaristico (quanto non ha ritorni economici immediati è solo un capitolo di spesa) che in realtà mette in pericolo non solo l’italiano, ma tutte quelle discipline che non sono considerate utili: in quest’ottica, un domani le scuole potrebbero addirittura rinunciare a insegnare la lingua materna, che non serve nel mondo “inglesizzato” dell’economia, della tecnologia e dei rapporti internazionali. Per ritrovare capacità attrattiva, l’italiano non deve giocare sul terreno dell’utile, presentandosi come lingua di comunicazione, ma deve ritrovare la sua dimensione di lingua portatrice di una cultura che è patrimonio della Svizzera e dell’umanità tutta. Per fare questo, anche il Ticino deve dare (e parallelamente ottenere) una diversa immagine di sé oltralpe, non riducendosi ai suoi aspetti turistici o folkloristici e non mostrandosi come litigioso e lamentoso, ma come un territorio che ha fatto grandi progressi nella scienza e nella cultura, come ribadito anche dal Presidente dell’USI Piero Martinoli, che ha sottolineato come invece spesso sui media svizzero-tedeschi il Ticino sia solo la “Sonnenstube”.