Due università americane hanno filmato il comportamento dei piccoli felini in volo da varie altezze
La notizia giunge dalla lontana Alaska, ma il fatto potrebbe accadere in ogni città del mondo che abbia qualche grattacielo più o meno degno di questo nome. Un gatto è caduto dall’undicesimo piano, circa 40 metri. Era a passare la siesta beatamente su un cornicione, si vede il suo rifugio preferito, quando ha sentito il ronzio di una mosca e si è svegliato. Aveva mangiato da non molto, poteva starsene tranquillo e beato a godersi lo spettacolo da quell’altezza e invece il suo istinto di cacciatore ha preso il sopravvento. Ha cominciato a gironzolare la testa a scatti, seguendo le acrobazie della mosca, che si è posata nelle vicinanze. Il gatto, di nome Wasabi, si è buttato sull’animaletto che, si sa, è capace di volare e di steccare, ed è finito nel vuoto.
Stephanie, la giovane proprietaria del gatto, si è precipitata giù per le scale in pena per Wasabi e quando è arrivata vicino al luogo dell’atterraggio, il gatto stava cominciando a muoversi, a rialzarsi sulle quattro zampe e a camminare, seppure in maniera dolorante.
Portato dal veterinario, Wasabi se l’è cavata con qualche chiodo nelle ossa ma sta benissimo, pronto per un’altra caduta. Anni fa, i giornali riportarono la notizia di un gatto caduto addirittura dal novantesimo piano a New York. Anche lui se la cavò con qualche ossicino rotto ma niente di più. I gatti, si sa, sono dotati di un equilibrio eccezionale, nonché di una agilità ai limiti dell’incredibile. Un qualsiasi altro animale, piccolo o grande, dopo una caduta da 10 metri o di varie decine di metri morirebbe. Un gatto no o, meglio, è da vedere.
L’esperienza insegna che se un gatto cade da un’altezza fino a una decina di metri, anche se il fondo non è erboso o terroso, non si fa assolutamente nulla, anche se cade di testa. Al massimo resta qualche minuto disteso per terra, poi comincia a muoversi, si rialza e si mette a correre come se nulla fosse stato. Se però cade da un’altezza superiore ai 10-12 metri, a partire dal quarto piano fino al settimo o ottavo, cioè tra 13-15 e 20-25 metri, non è raro che la caduta si riveli mortale e comunque non se la passa bene. Quando poi cade da un’altezza superiore all’ottavo-nono piano in su, è facile che debba intervenire il veterinario ma non le pompe funebri. Insomma più lunga è la caduta più ha la possibilità di sopravvivere; più corta è la caduta è più non si fa assolutamente nulla; quando la caduta è di 15-20 metri i rischi di morte sono più alti di quelli di sopravvivenza. La cosa ha sempre intrigato i curiosi, al punto che il gatto è ritenuto l’animale “dai sette spiriti”.
Di questo fenomeno si sono occupate due università americane, che hanno fatto degli esperimenti (mettendo al suolo un tappeto di sicurezza) e sono riuscite a venire a capo del mistero. La caduta dei gatti è stata filmata accuratamente da varie altezze con una speciale telecamera, che ha mostrato come un gatto che cade da 50 metri ad un certo punto “entra in una specie di oscuramento dei sensi che gli permette di distendere completamente il corpo e farlo atterrare distribuendo l’impatto su ogni suo centimetro”. In altre parole, da una piccola altezza la caduta non gli fa male grazie alla sua flessibilità, da un’altezza superiore ai 20-25 metri il gatto si prepara come se fosse un paracadute, mentre da un’altezza compresa tra 13 e 20 metri circa non fa in tempo a prepararsi a fare il paracadute e in questi casi la mortalità è superiore alla sopravvivenza.
Una controprova la possiamo fare pure noi, non buttandoci giù dal terzo piano, ma più modestamente da tre-quattro gradini: se ci irrigidiamo e cadiamo rigidi, ci facciamo male subendo un pericoloso scossone in tutto il corpo, se invece ci prepariamo a cadere in maniera flessibile, non ci facciamo niente.
Naturalmente è meglio non provare.