Accolgo, alla commissione degli esteri, una folta delegazione della camera dei comuni inglese. È una giornata particolare. Si vota in continuazione per battere l’ostruzionismo dei 5 stelle sul decreto di razionalizzazione della pubblica amministrazione. Bel tema. Ci si prova, invano, da quaranta anni. L’ufficio dell’unione parlamentare, organismo della cui presidenza faccio parte, mi ha, gentilmente, pregato di fare un sacrificio. Vabbè. Questi inglesi! Accompagnato, per l’occasione, dai rappresentanti dei gruppi presenti alla camera dei deputati, saluto, cordialmente, la delegazione ospite.
Provo un avvio con la loro lingua. Inceppo al primo istante. Qualche “culturao meravigliao” ( una miscela di franco-tedesco-inglese ) tanto per superare l’imbarazzo e poi passo all’italiano con presumibile sollievo degli interpreti. Nell’ora e mezza, o poco più, della durata dell’incontro, il dibattito, al contrario, è estremamente interessante. La delegazione inglese è alquanto aggiornata sull’attualità della politica italiana. Chiede chiarimenti su ogni fatto recentemente accaduto. E con qualche nostro imbarazzo, superato con il buon senso e la premessa che, i rappresentanti della delegazione italiana, compreso il sottoscritto, esprimono le rispettive posizioni personali o dei loro gruppi di appartenenza. Durerà il governo Letta? Quale il tasso di disoccupazione, in particolare dei giovani? È in atto il rilancio dell’economia ? Quale è la vostra idea dell’Europa? E via dicendo.
Non c’è male, mi dico. Il dibattito è intenso e vivace e il tutto avviene nella normale dialettica che contrassegna gli incontri tra delegazioni parlamentari. Il clima si scalda sul problema dei profughi. Sulle diaspore africane che attraversano il Sahara alla ricerca di lidi accoglienti e misericordiosi. Vittime sempre. Vittime nelle terre natie, testé abbandonate, infestate dai fondamentalismi e dai satrapi di ogni risma. Vittime dei predoni del deserto, che assaltano le carovane dei disperati impossessandosi di ogni residuo bene. Vittime dei novelli barcaioli, emuli del dio Caronte, in quella attraversata mediterranea verso la terra promessa, spesso interrotta dall’abbraccio delle onde, all’ingiù, verso l’oscurità dell’abisso. È storia e dramma dei nostri giorni. Racconto dell’impegno, della passione, della dedizione di ogni nostra organizzazione – militare, civile, umanitaria – per assistere, in mare e a terra, questa umanità vittima della barbarie. All’altezza, e nonostante una legge incivile e repressiva che, applicata con cinismo, potrebbe persino impedire ogni soccorso in mare. Parlo della legge Bossi-Fini. Della sua disumanità. Del mio e nostro impegno, come partito democratico, per una normativa che rispetti la carta universale dei diritti dell’uomo affinché ogni esule di questa terra possa essere assistito e protetto.
Invito ad un ripensamento dell’Unione europea. Del suo ruolo, nel vecchio continente, al di là del mediterraneo e nel mondo. Delle sue responsabilità per quanto avviene in quel continente africano che scorgiamo quando apriamo le nostre finestre, liberando l’animo e il cuore dall’atavico egoismo della nostra storia. Ricordo la giovane Leonarda, la cui gita scolastica si è interrotta con il ritorno forzato alla misera terra dei padri. Ricordo Joele Leotta, uno dei tanti, troppi, partiti dalla patria matrigna per cercare al di là delle alpi, e ancora più su, nella terra di Albione, un futuro più degno. È caduto miseramente in quella che riappare come un incubo: la guerra tra i poveri. Una micro Fangousse, le saline marsigliesi in cui perirono tanti nostri lavoratori accusati di rubare il lavoro agli operai del posto. Proletari francesi contro derelitti piemontesi e liguri del tempo. Il novello pizzaiolo italiano di Londra vittima designata dei giovani lituani giunti a Londra con lo stesso sogno nel cassetto: cambiare il destino della loro vita. Racconto ai nostri ospiti la storia multi secolare dell’ emigrazione italiana in Europa e nel mondo.
Parlo della comunità italiana in Gran Bretagna. Della sua integrazione, in una nazione storica patria del diritto. E lancio un appello: noi, noi italiani erranti del mondo, siamo pur tuttavia oggi la nuova patria per milioni di immigrati a cui non sappiamo dare risposte adeguate, sul piano legislativo e dell’inserimento, all’altezza di una società solidale fondata sulla parità dei diritti e dei doveri. La Bossi –Fini ne è un esempio vergognoso. Anche se, politici coraggiosi e aperti, quali il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, e il ministro Livia Turco, seppero, nel passato, indicare un’altra strada. La storia vostra, dico, dal colonialismo in poi, ha saputo integrare tanta umanità di ogni parte del pianeta, anche attraverso quella singolare e visionaria formula del Commonwealth. Lo si nota ad ogni ora, passeggiando per le vie di Londra, Manchester o Liverpool. Può essere di esempio anche per noi . Per costruire delle società di liberi e uguali. Noto in loro, e nei loro interventi, tanta volontà di dialogo e confronto. Voglia di capire. Comprendere. Dare un contributo di esperienza acquisita. Siamo invitati a Londra. Goodbye, cari amici. Ci verremo. E sarà un’altra storia.