Negli ultimi tre anni sono svaniti i sogni di Erdogan di potenza-guida nel Medio Oriente
Dopo un’interruzione di tre anni, i negoziati tra la Turchia e l’Unione europea per l’adesione all’Europa riprenderanno agli inizi di novembre. Lo ha comunicato la presidenza di turno lituana. A dire il vero la ripresa delle trattative doveva avvenire già da giugno, ma poi, per una serie di motivi, non è stato possibile. Innanzitutto, ci sono state le manifestazioni di protesta seguite alla decisione del governo di distruggere il parco di Gezi per farne un grande centro commerciale. Le proteste sono degenerate, anche se il governo si è fermato ad un passo della non reversibilità democratica. Poi, in seguito anche al clima negativo che si era creato, c’è stata la bocciatura di Ankara come sede delle Olimpiadi nel 2020.
Il problema, comunque, va al di là dei fatti contingenti. E’ vero che la Turchia è stata per anni un baluardo occidentale contro l’Unione Sovietica, è vero che fa parte della Nato, unico Paese musulmano, è vero anche che è un Paese strategico, porta verso l’Oriente e barriera contro l’ingresso della Russia nel Mediterraneo, ma il problema è che la Turchia è un Paese musulmano, non ha una cultura davvero europea e non tutti sono disposti ad aprire al suo ingresso nell’Ue. E’ vero però che negli ultimi tempi sono cresciuti i Paesi che intendono sostenere il suo ingresso nell’Unione, anche se tra i contrari figurano Paesi importanti come la Germania e la Francia.
All’indomani della bocciatura, la Turchia decise di rivolgere il suo sguardo e i suoi interessi verso sud in Medio Oriente, mirando a fare la guida di una serie di Stati che vanno dal Libano all’Iran, dalla Siria all’Egitto, forte anche del dialogo con Israele. C’è stato un tempo in cui questa prospettiva non appariva impossibile. Le circostanze, poi, l’avevano anche favorita. Ricordate gli sconvolgimenti esplosi in seguito alle “primavere arabe”? Ebbene, con l’Iran in difficoltà, con l’Egitto, la Libia e la Tunisia in preda al caos e la Siria incapace di risolvere la situazione interna senza ricorrere alla repressione, sembrava che il destino avesse riservato alla Turchia un ruolo di potenza medio-orientale di prima grandezza.
Senonché, Recep Tayyip Erdogan ha commesso un errore dopo l’altro che hanno fatto svanire i suoi sogni di gloria.
Innanzitutto, il fatto che Erdogan si sia schierato a sostegno dei Fratelli Musulmani in Egitto all’indomani della loro vittoria alle elezioni presidenziali e del riconoscimento di Mohammed Morsi come presidente dell’Egitto. Questo sostegno non è stato visto di buon occhio da tanti, né da Israele, né dall’Iran. In secondo luogo, il fatto che ad Erdogan non sia riuscito di svolgere il ruolo di primo attore nei confronti della Siria in preda alla guerra civile. Erdogan voleva intervenire subito, forte del fatto che i profughi si erano riversati tutti, all’inizio, in Turchia, e anche del fatto che c’era stato qualche sconfinamento da parte del regime siriano. L’intervento, come si sa, non fu approvato, anzi, ostacolato, anche perché i Paesi occidentali temevano la reazione della Russia a favore di Assad (timori fondati), e da allora le mire turche sono andate deluse.
Da ultimo, ha contato il contrasto con Israele quando furono uccisi nove turchi che facevano parte della flottiglia pacifista che voleva rifornire di viveri i palestinesi di Gaza. Insomma, ad Erdogan andò male di mettersi alla testa dei Paesi medio-orientali. Ecco perché sono rinate le speranze di far parte dell’Unione europea ed allora Erdogan ha fatto una conversione ad “U”.
Dei 35 capitoli del contenzioso per entrare nell’Ue, solo 13 sono stati aperti e di questi solo uno è stato chiuso. Questo dimostra che il cammino è lungo ancora, ma è l’unico percorso che possa fare della Turchia un Paese democratico all’occidentale, imbevuto di cultura musulmana moderata. In occasione delle proteste di giugno, infatti, l’opinione pubblica laica fece sentire alta la sua voce, e questo è un fatto positivo.
Dunque, a novembre si riparte. La Turchia, ad onore del vero, è uno di pochi Paesi con una crescita economica in forte attivo, e questo lascia ben sperare. La crescita conta molto, è un buon biglietto da visita. Quanto al resto, beh, l’Ue dovrà verificare il livello di avanzamento in vari campi. Poi, sta alla Turchia di uniformarsi, come tutti gli altri Stati.