B a r a c k Obama ha illustrato il programma finanziario della sua legislatura.
Tasse sui redditi elevati per finanziare l’assistenza sanitaria di tutta la popolazione.
Ritiro delle forze armate dall’Iraq per risparmiare molto denaro. Rafforzamento della vigilanza per tutelare il risparmio degli americani.
Le aziende non eco-compatibili verranno tassate di più.
Non è fantapolitica, è Barack Obama e le sue promesse si stanno avverando, almeno come illustrazione del programma di interventi.
Alla realizzazione commenteremo in un’altra occasione, più in avanti.
Non è solo coraggio politico, è anche la circostanza della crisi economica globale che fa riflettere sugli interventi ipotizzabili e praticabili e soprattutto è l’impatto con le contraddizioni del Paese che permette o costringe il Presidente USA ad agire in questa maniera.
L’era Bush si è conclusa in maniera incolore. Il suo governo si è contraddistinto nelle contraddizioni popolari e militari, nella confusione di voler a tutti i costi creare sacche bellicose per alimentare spese militari e sostegno all’industria bellica. Ma tutto ciò senza tenere conto che in una società dei 2/3, l’ultimo terzo, quello più povero non può essere umiliato e mortificato a dismisura, altrimenti la rivolta civile e popolare non si fa attendere.
Ora gli USA, che sanno di essere il traino dell’economia mondiale, agiscono anche per non sfilacciare il traino portante delle economie classiche e tradizionali, ma anche per evitare uno sganciamento pericoloso delle economie emergenti (Brasile, India, Cina ecc.).
Quindi la cosiddetta rivoluzione democratica non è una rivoluzione, bensì una “Realpolitik” inevitabile in questo scenario globalizzante in crisi di identità e di soluzioni per il benessere di tutti.
Si tratta ora di capire quale cerniera può crearsi tra gli interventi promossi in USA e quelli attesi in Europa ed in Giappone per fare fronte alla crisi economica che sta mietendo vittime illustri e meno illustri in tutti i continenti.
Antonio Giacchetta