Nel Pdl è scontro duro sulla fiducia. Si avvicina sempre di più la scissione tra gli innovatori e i lealisti. Prodi non parteciperà alle primarie del Pd
Ormai è chiaro. Sia che il Consiglio nazionale del Pdl si tenga il 16 prossimo o nella data fissata dell’8 dicembre, e sia che maggioranza dei due terzi ce l’abbiano o no i “falchi”, nel Pdl-Forza Italia sarà resa dei conti. La scissione è nei fatti e nelle parole (gli insulti personali tra i vari esponenti). I motivi sono quelli ricorrenti negli ultimi tre mesi: la permanenza in un governo con un alleato, il Pd, che voterà per la decadenza di Berlusconi (prevista per il 27 novembre). Le posizioni sono note: Alfano e i suoi innovatori si riconoscono in Berlusconi come leader del centrodestra, non hanno intenzioni centriste (confluire in un partito di centro con Casini e Mauro), ritengono che Berlusconi sia vittima di un accanimento giudiziario, ma ritengono anche che rompere con il governo sia un errore madornale, da cui il centrodestra ha tutto da perdere. I “lealisti” dicono che non si può stare in un’alleanza quando l’alleato ti vuole distruggere e che per di più incarna il partito delle tasse. Le posizioni sono diventate inconciliabili e a nulla sono valsi gli incontri diretti tra Berlusconi e Alfano.
Alcuni notano che le distanze avvengono malgrado tutte e due le anime del Pdl-Forza Italia abbiano come punto fermo e in comune la leadership di Berlusconi. Il problema è che lo stesso leader sta sposando le posizioni dei cosiddetti lealisti: in caso di voto favorevole alla decadenza il Pdl-Forza Italia voterà la sfiducia al governo. Cosa succederà? Succederà che i ministri Pdl non si dimetteranno e che i 24 senatori innovatori continueranno a sostenere il governo Letta, che in tal modo avrà i numeri per governare, e automaticamente si metteranno fuori dal Pdl, per cui sarà giocoforza formare un altro gruppo parlamentare e un altro partito. Magari poi avranno in Forza Italia l’alleato speciale, ma la scissione, appunto, è nei fatti. Il vantaggio di Berlusconi sarà nullo dal punto di vista politico e giudiziario, magari sarà anche peggio, ma avrà mano libera nel criticare il governo e nel preparare la riorganizzazione del suo movimento. Francesco Verderami, commentatore politico del Corriere della Sera, sostiene che le due anime del Pdl-Forza Italia, in realtà, stiano lavorando, ciascuna per assicurarsi il predominio nel centrodestra, al dopo Berlusconi, consapevoli, tutte e due, che per l’ex premier sia finita e che quindi ognuno di loro si voglia assicurare la continuità e soprattutto la sua eredità elettorale. Ecco spiegato il fatto che ognuna delle due anime si riconosce in Berlusconi magnificandone i meriti. Il quale pare che l’abbia capito e voglia preparare una nuova generazione di dirigenti – l’Italia dei competenti – il cui primo tassello sarà una riunione con 120 volti nuovi della società civile.
Spostiamoci nel campo del Pd, impegnato nei congressi provinciali, dove infuria una lotta che è politica, elettorale e di leadership. La polemica degli ultimi dieci giorni ha riguardato i dati di partecipazione ai congressi. In varie città è risultato che i votanti erano più che raddoppiati in vista del voto e che in alcune zone erano molto più numerosi dei voti ricevuti alle politiche. Ha detto D’Alema: “Ci sono stati episodi gravi in alcune zone ma non in tutta Italia. C’è una campagna di disinformazione, un attacco politico con menzogne”, riferendosi a Renzi. L’opinione di Pippo Civati, uno dei quattro candidati alla segreteria nazionale, è diversa: “Ci sono posti con più iscritti che elettori. Questo è doping e l’allarme è stato sottovalutato. Per occuparci di disoccupati, serve un partito di persone perbene, non di cialtroni”. In varie città ha votato un gran numero di immigrati, ma si trovano in Italia da più di vent’anni ed hanno la cittadinanza italiana; il problema non è il loro tesseramento e il loro voto, il problema vero è che alcuni loro candidati sono stati tirati dentro proprio per far valere la forza dei pacchetti di voti.
In ogni caso, il giudizio di Stefano Esposito, senatore torinese cuperliano, è secco: “Ho visto con i miei occhi casi di tessere vendute. Quando hai gente che investe 20 mila euro per fare 1500 tessere, che fai? L’ho detto un anno e mezzo fa e mi hanno sputato in faccia. Diamoci una regolata, altrimenti smettiamo di dire che il Pd è antropologicamente migliore”.
La lotta, però, riguarda la sfida di Renzi lanciata a tutti. Lanciato verso la vittoria, il sindaco di Firenze viene messo sotto accusa per il modo di far politica. Dopo che il caso del ministro Cancellieri è rientrato, a Servizio Pubblico Renzi ha riaperto la ferita dicendo che secondo lui doveva dimettersi, criticando la linea di Epifani a cose fatte. L’uscita non è stata apprezzata dai dirigenti del Pd. Caustica la frecciata di D’Alema: “Capisco la sua osservazione, ma è retroattiva, la questione è chiusa. Dirlo dopo, ha solo un sapore polemico”. E aggiunge: “Le conversioni al renzismo si basano su un gigantesco equivoco. E’ come se stessimo facendo le primarie per il candidato premier, ma è solo il candidato alla segreteria del Pd. E non so se sarà in grado di farlo”.
Quest’ultimo riferimento la dice lunga sia sulla vittoria di Renzi, sia soprattutto sulla vita difficile che avrà come segretario, ammesso che lo diventi per davvero. Intanto, c’è Prodi che annuncia che non parteciperà alle primarie e c’è Fioroni che mette in guardia Epifani: se organizza il Congresso del Psoe a Roma, sarà rottura. I patti, dice Fioroni, erano che il Pd sarebbe stata cosa diversa dal Partito socialista.