“Il nostro Stato, attraverso il monopolio sui pacchetti di sigarette, lucra su questa tragedia invece di combatterla con ogni mezzo che la ricerca scientifica mette a disposizione”
In Italia si torna a parlare della sigaretta elettronica, il cui uso è esploso nel 2012, ha toccato il massimo proprio nei primi mesi di quest’anno e poi è calato. Cosa è successo? E’ successo che da più parti si è cominciato a dire che era anch’essa pericolosa, che svapare era solo un affare per chi le produceva, che doveva essere vietata negli spazi chiusi pubblici esattamente come la sua compagna più anziana, la sigaretta tradizionale, che in fondo non aiutava affatto il fumatore che voleva chiudere con il tabacco. Infine, è intervenuta la politica. Uno scienziato a cui un politico aveva chiesto il parere su una nuova invenzione risposte: “Non lo so, so solo però che voi politici ci metterete subito una tassa sopra”. E così è stato anche della sigaretta elettronica. Dal primo gennaio del 2014 sulla vendita di sigarette elettroniche dovrebbe scattare la supertassa del 58,5%, che evidentemente ha il compito di fare cassa e di scoraggiarne l’uso e la vendita. Sono 4500 i negozi in cui si possono acquistare le sigarette elettroniche – le cosiddette e-cig – molti hanno chiuso i battenti, altri lo faranno con la supertassa. E dire che proprio ora che sta per scattare la supertassa, giungono i pareri più favorevoli dei medici, coloro che in questi mesi hanno studiato a fondo il tema, ne hanno seguito gli sviluppi, ne hanno confermate le ipotesi.
Ebbene, dice un rapporto illustrato dal dottor Carlo Cipolla, direttore della divisione di Cardiologia dell’Istituto Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano, “su 65 pazienti arruolati per il nostro studio, abbiamo visto che dopo sei mesi di sigaretta elettronica, smette di fumare il 60%, contro il 32% di chi non la utilizza”. La ricerca è stata promossa dallo Ieo e messa a punto con il concorso del San Raffaele e del Centro cardiologico Monzino, non è la sola che è stata svolta in questi mesi.
Ha dichiarato l’oncologo Umberto Veronesi, che si è fatto promotore nel recente passato di Cosmos II, una sperimentazione su larga scala che si propone lo scopo di diagnosticare il tumore al polmone attraverso un semplice prelievo del sangue: “Stiamo dibattendo del più grave problema sanitario del nostro secolo: lo stop al fumo. Abbiamo il dovere morale di studiare scientificamente la sigaretta “smoke free”, e all’Istituto europeo abbiamo deciso di farlo”.
Come si sa, il fumo che si inspira con la sigaretta elettronica è solo vapore acqueo, anche se tra le sostanze inserite nella ricarica c’è anche la nicotina. Si può scegliere anche di non usarla: in tal modo la e-cig è ancora più innocua per la salute. Perché di questo si tratta: della salute di migliaia di persone che ogni anno muoiono del temibile tumore al polmone che quando viene scoperto – in genere attraverso piccole macchie di sangue nel fazzoletto in seguito a tosse – non lascia molte possibilità di scampo.
Afferma ancora Veronesi: “Il dibattito sulla sigaretta “tobacco free” si è concentrato sul mercato: chi la deve vendere, quali interessi nascondono e se lo Stato ci deve, o può, guadagnare. Pochi si sono soffermati sulle centinaia di vittime del tabacco che vengono ignorate, come è ignorato il loro e il dolore delle famiglie”. Umberto Veronesi conclude con una constatazione e con un auspicio. La constatazione: “Addirittura il nostro Stato, attraverso il monopolio sui pacchetti di sigarette, lucra su questa tragedia invece di combatterla con ogni mezzo che la ricerca scientifica mette a disposizione”. L’auspicio è che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, “s’impegni a diffondere la sigaretta elettronica e a ridurre la tassazione”.
La ricerca continua. Ultimamente sono stati arruolati 200 fumatori da seguire per sei mesi e da valutare dopo un anno. Il percorso individuale di ognuno di loro verrà monitorato per cinque anni in modo da avere dati certi su chi ha smesso, chi ha ridotto la quantità di sigarette tradizionali e chi non le ha ridotte. Già, perché chi fuma, anzi, chi “svapa” la sigaretta elettronica non è detto che abbia smesso di fumare anche la sigaretta tradizionale. La sfida è proprio questa: che il fumatore di e-cig, grazie ad essa, abbandoni la sigaretta tradizionale ottenendo i benefici che derivano da quest’abbandono. Secondo i dati disponibili, tra il 2009 e il 2012 quasi quattro fumatori su dieci hanno smesso di fumare ma il 90% ha ripreso dopo il secondo giorno o poco dopo. Tre fumatori su cento hanno usato farmaci o cerotti o altri metodi per smettere di fumare, ma solo pochi di essi ci sono riusciti in maniera stabile.
Insomma, il concetto espresso da Veronesi è che se la sigaretta elettronica riesce ad arrivare là dove la volontà, i cerotti, altri farmaci e mezzi hanno fallito, in primo luogo bisogna assecondare il tentativo, in secondo luogo favorirla, perché se sempre più fumatori di tabacco smettono di fumare vuol dire che si saranno evitate tante tragedie e sofferenze, di singoli e di intere famiglie.