I Kennedy nella storia dell’America e del mondo
John F Kennedy: Chi era costui?
Presidente degli Stati Uniti per un breve periodo, il suo nome è associato a delle storiche realizzazioni. È lui ad aver posto l’obiettivo della conquista della luna; è lui ad inviare le truppe federali per combattere la segregazione razziale nelle scuole dell’Alabama e del Mississippi; è lui ad aver organizzato le” Peace Corps”, l’iniziativa consistente nell’inviare migliaia di giovani americani in aiuto alle povere popolazioni del terzo mondo; è lui ad aver negoziato con i sovietici di allora il primo trattato d’ interdizione degli esperimenti nucleari nell’atmosfera. Ma è anche il presidente che ha accentuato l’intervento americano in Vietnam e nulla ha compiuto per opporsi all’erezione del muro di Berlino.
Quanto alla sua proposta faro, la legge sui diritti civili, fu celermente insabbiata al Congresso. Gli storici lo vedono come una celebrità che non ha realizzato grandi cose come affermò, al New York Times, il professore Robert Dallek, uno dei suoi tanti biografi. Il riesame degli anni Kennedy presentano delle impressionanti similitudini con l’America attuale. Come per Barack Obama oggi, John Kennedy fu accusato di debolezza. Come il presidente attuale, JFK rappresentava un pericolo agli occhi dei conservatori del sud e per quelli che si ispirano al modo di vita sudista fondato su un individualismo selvaggio e ove la regola si riassume in una frase : ognuno per se.
Il suo piano di assicurazione sanitaria fu rappresentato in un titolo per l’America dispregiativo: medicina socialista. La stessa accusa che viene rivolta al presidente Obama di essere portatore di un socialismo all’europea. Allora , nei primi anni sessanta, gli Stati Uniti erano ossessionati dal comunismo e dalla terrore della guerra nucleare, come oggi dal terrorismo. Nelle scuole si facevano degli esercizi in preparazione di un attacco atomico. La guerra fredda ci mostrò come l’opinione pubblica era disposta a perdere una parte della loro libertà in favore della sicurezza. La lezione vale anche per l’oggi, per il grande fratello della NSA ( ma non solo ) che spia dall’alto satellitare il mondo intero in nome della lotta al mostro infernale di Al Qaeda. Lungi dal bilancio critico degli storici, l’anniversario dell’attentato e dell’assassinio di John F. Kennedy è contrassegnato, oggi, da un ritorno d’ idolatria di massa.
Un grande presidente a cui fu impedito di cambiare il corso della storia del mondo. Persino i repubblicani, che lo odiavano, per aver annientato le ambizioni di Richard Nixon, ne lodano oggi la fermezza d’allora nella crisi dei missili a Cuba e per l’abbassamento delle tasse sino all’affermazione, alquanto singolare, che lo stesso Ronald Reagan si ispirò, successivamente, a lui nei progetti di deregulation interna e di lotta all’impero del male sovietico in politica estera. Egli è oggi il presidente più amato, davanti a Clinton e Reagan. A nessuno interessano le avventure extra coniugali – alla Berlusconi, diremmo di questi tempi – o, fatto più grave, la messa sotto ascolto delle conversazioni telefoniche del martire dei diritti civili, Martin Luther King. Dopo cinquanta anni nulla è stemperato dall’oblio. Giornali, reti televisive, manifestazioni di commozione in ogni dove dell’America, iniziando dal luogo simbolo- Dallas- hanno celebrato il mito. Una autentica Kennedy mania. Nella storia americana la saga dei Kennedy, non il solo JFK, ancora non è scritta. Non vi sono certezze sugli autori del suo assassinio. Sugli esecutori. Sui mandanti.
Migliaia di documenti segreti sull’attentato del 22 novembre del 1963 sono, tuttora, coperti dal segreto di stato. Come per suo fratello Robert, assassinato in California, pochi anni più tardi, nella serata trionfale della sua possibile candidatura democratica alla presidenza degli Stati Uniti d’America Mi impressionarono, allora , le commoventi immagini dall’America. Quel treno con il feretro in viaggio dalla California verso Boston. La lentezza del suo incedere, come se il peso del suo corpo inanimato fosse troppo pesante per quella sbuffante motrice che ne aveva pur viste tante nel corso dei decenni. Il suo arrestarsi nei piccoli come nelle grandi città dell’impero che ha cambiato la storia dell’umanità. I milioni di uomini e donne, di ogni etnia e colore, i loro canti disperati sui bordi della ferrovia nell’attesa del passaggio per un ultimo commosso saluto al giovane Kennedy che aveva osato sfidare le mafie ed i segregazionisti di ogni risma per vendicare il fratello presidente e cambiare la storia della sua patria.
C’è qualcosa di arcano in tutto quello che accade in America. Una immensità, dagli oscuri, inesplicabili contorni, sia nel bene che nel male. Eppure, forse, una risposta c’è. I Kennedy furono un sogno. Più Robert che John, per me. La speranza di un avvenire migliore. Perché vi saranno sempre, nella storia dell’umanità, uomini e donne grandi per parlare al mondo. Per dirci di riaccendere la luce del sogno, come fecero John e Robert Kennedy, Martin Luther King e tanti altri ancora, senza la quale è impossibile l’impresa di costruire un mondo più giusto e umano.