L’arcivescovo Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, è “il prolungamento delle braccia di Francesco che toccano i poveri di tutta Italia”
Ora sappiamo che presso il Vaticano esiste l’elemosiniere del Papa, che è l’arcivescovo Konrad Krajewski, polacco, il quale dirige una struttura, l’Elemosineria, appunto, formata da 11 dipendenti fissi e 17 calligrafi, cioè gente che lavora scrivendo in bella scrittura le pergamene con cui il Papa impartisce la benedizione apostolica a coniugi e a singole persone, compresi i neonati che ricevono il battesimo o gli sposi, pergamene a lui richieste da sacerdoti addetti a questi compiti. L’Elemosineria si finanzia con le donazioni (le pergamene costano da 5 a 15 euro) e con le donazioni. L’Elemosineria è il braccio caritatevole del Papa. L’Istituzione risale a molti secoli fa, perché l’elemosina, che è un aiuto concreto a chi ha bisogno, è un tratto caratteristico non solo del cristianesimo, ma anche dell’ebraismo, tanto è vero che nelle Scritture l’elemosina è una raccomandazione (Tobia, 4,7: “Dei tuo beni fa’ l’elemosina. Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio”).
Ciò detto, La sensibilità di Papa Francesco verso i poveri, nota già quando era vescovo e cardinale a Buenos Aires, è riesplosa da Papa all’indomani della sua elezione al soglio di Pietro, quando ha cominciato a lanciare alcuni messaggi inequivocabili: “La Chiesa deve essere povera”; “ I sacerdoti non devono fare a gara a comprare l’auto all’ultimo grido”; “Si aprano i conventi vuoti ai poveri e bisognosi”. Ebbene, racconta don Corrado, quando il Papa lo nominò, in agosto, gli disse: “Non sarai un vescovo da scrivania, ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi”. Aggiungendo: “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”. O ancora: “Queste sono le mie braccia, sono limitate, ma se le prolunghiamo con quelle di Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia. Io non posso uscire ma lui è libero”. Ecco, questa è la cornice in cui opera l’arcivescovo Krajewski, 50 anni, che va in giro per l’Italia o per Roma, di notte, viaggiando su una Fiat Qubo bianca, con la targa del Santo Padre che è l’unico tratto distintivo di privilegio, necessario per entrare dovunque.
Accade, dunque, che don Corrado, quando non è in giro per l’Italia ad aiutare i bisognosi segnalati da una rete di persone vigili, esca di notte per andare a dare un aiuto a tanti che ne hanno bisogno. Si tratta di senzatetto, immigrati, persone sole. Interviene anche su segnalazioni di gente che telefona per far aiutare ubriachi o sventurati. Nessuno lo sapeva prima, ma anche le guardie svizzere e tanti volontari danno una mano. Don Corrado fa il giro delle case di cura e di riposo, parla con le persone anziane, con gl’invalidi, i diseredati, pranza o cena insieme a loro e con loro parla, a tutti porta la carezza del Papa ed offre un aiuto concreto.
Quando era vescovo e cardinale e, prima ancora sacerdote in Argentina, Papa Bergoglio stava spesso di persona nelle strade, il contatto con i poveri l’ha sempre avuto di persona, tanto che anche adesso che è Papa ha detto a don Corrado: “Quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma, ma capisco che non è possibile”. In realtà, a qualcuno è venuto il sospetto che il Papa in incognito sia uscito la notte con don Corrado, ma l’interessato ha tenuto a smentire questa voce, non perché il Papa non vorrebbe, ma perché non può per ragioni di opportunità e di sicurezza.
Per dare la dimensione degli aiuti dati, nei mesi del suo pontificato sono stati offerte elemosine per un milione di euro a circa 6500 persone. Una volta il Papa ha detto a don Corrado: “Il conto è buono quando è vuoto, così si può riempire. Non investire, non vincolare: spendi tutto per i poveri”. Quasi ogni mattina il Papa fa pervenire a don Corrado una busta piena di richieste, aggiungendo: “Tu sai cosa devi fare”. Si tratta di lettere scritte al Papa da parte di bisognosi di ogni parte. Don Corrado controlla con altri parroci la provenienza e l’autenticità delle lettere e manda un assegno circolare di qualche centinaio di euro, ma vengono aiutate anche persone derubate o segnalate dalle parrocchie. Don Corrado fu mandato dal Papa a Lampedusa con del denaro per aiutare gl’immigrati, ma poi si accorse che più che di soldi avevano bisogno di altro. Il Papa gli chiese: “Che possiamo fare?” e lui: “Ci siamo così inventati la cosa delle carte telefoniche, ne abbiamo 1600”.
Dicevamo all’inizio che l’elemosiniere è sempre esistito, solo che finora aiutava standosene in Vaticano; ora, con Papa Francesco è diventato itinerante: non sono solo i poveri che vanno in cerca di lui, è anche lui che va in cerca di poveri.
E’ la Chiesa di Papa Francesco.