Dopo gli Stati anche il Nazionale dice no all’iniziativa dei sindacati
Introdurre un salario minimo non è necessario. Come previsto, al Nazionale sono prevalsi gli argomenti dei partiti borghesi di centro e centrodestra e anche il consigliere federale Johann Schneider-Ammann nel suo intervento non ha avuto difficoltà a convincere i deputati. Dopo che i due giorni di dibattito nella prima settimana di sessione non erano bastati, alla ripresa del dibattito la votazione non ha portato sorprese: il Nazionale ha bocciato con 128 voti (UDC, PBD, PLR, PPD e Verdi liberali) contro 59 (PS e Verdi) e un astenuto, l’iniziativa popolare dell’Unione sindacale svizzera (USS). Il testo vuole promuovere i salari minimi nelle convenzioni collettive di lavoro e dove non fosse possibile, l’introduzione di uno stipendio minimo di 22 franchi l’ora, pari a una remunerazione mensile di 4’000 franchi per una settimana lavorativa di 42 ore.
Nel suo intervento Schneider-Ammann ha lodato l’iniziativa, che tende a combattere la povertà, ma ha ricordato che “l’iniziativa non è efficace, perché la Svizzera ha uno dei migliori sistemi d’integrazione lavorativa”. Per combattere il problema sociale della povertà è necessario garantire istruzione alle fasce svantaggiate. Introdurre salari minimi fissati arbitrariamente o vincolare i contratti collettivi (CCL) metterebbe a rischio lo stesso sistema. “Le condizioni salariali nei singoli settori sono meglio definite dal partenariato sociale, che permette alle aziende di essere in sintonia con il mercato, e non dallo Stato”, ha detto il ministro. Per i casi nei quali le persone percepiscono salari bassi, Schneider-Ammann ha spiegato “che lavorare protegge meglio dalla povertà rispetto a chi non ha un impiego”. Lo scorso settembre anche il Consiglio degli Stai aveva bocciato il testo con 31 voti contro 13. Sull’iniziativa deciderà il popolo nel 2014.