Una volta gli esami specifici per controllare lo stato di salute della prostata venivano consigliati a cinquant’anni. Oggi, invece, medici del calibro del dottor Francesco Montorsi, direttore dell’Unità operativa di Urologia del San Raffaele di Milano, consigliano di anticiparlo a quaranta. Si tratta del dosaggio del Psa, che sta per “antigene prostatico specifico”. Si misura con un prelievo del sangue. Il Psa è una proteina che viene prodotta dalla prostata, ma in caso di tumore aumenta. Perché i medici consigliano di anticipare l’esame a quarant’anni? Perché a cinquant’anni la prostata inizia ad ingrossarsi, dunque anche il Psa tende ad aumentare ed è difficile stabilire se si tratta di un normale ingrossamento, chiamato ipertrofia prostatica, che è un tumore benigno, oppure se si tratta di altro, magari un tumore maligno. Misurare il Psa a quarant’anni, in caso di aumento dei valori del Psa, si esclude già che si tratta di un’ipertrofia, dunque bisogna approfondire e, in caso di tumore, si ha tutto il tempo per intervenire.
A quarant’anni i valori normali del Psa sono dell’ordine di “zero virgola”, quindi se si ha tra 0,1 e 0,9 si può stare tranquilli. Se alla medesima età si supera questo valore, quindi uno o più di uno, è un po’ alto, e allora bisogna accertare perché. Il modo per accertare perché il Psa è alto è semplice: o si fa un’ecografia transrettale o, meglio ancora, una biopsia postatica, cioè il prelievo di una piccola parte di tessuto. Ovviamente, questi esami sono validi anche se si è più anziani (50,60 e oltre).
Oggi c’è un nuovissimo esame del tutto indolore per accertare se si tratta di un tumore, ed è la cosiddetta risonanza magnetica multiparametrica. Ecco la spiegazione del dottor Montorsi: “Usando uno speciale sondino rettale oppure un sensore posto all’esterno dell’addome, è possibile avere immagini dell’interno della prostata prese da varie angolazioni. Ciò significa che i radiologi, esaminando queste immagini, sono in grado di individuare eventuali lesioni sospette e possono dare un loro “voto”. La gravità di ogni singola lesione viene classificata da uno a cinque. Uno, due, tre vuol dire che non c’è nulla di particolarmente preoccupante; quattro e cinque vuol dire pericolo”.
Va precisato che la risonanza magnetica parametrica, nel caso indichi pericolo, non esaurisce la diagnosi. Per essere più precisi, bisogna comunque ricorrere alla biopsia, ma il vantaggio è che ricorrere alla biopsia dopo la risonanza magnetica parametrica significa non procedere a caso, ma, se la risonanza ha segnalato un pericolo, vuol dire approfondire di quale tipo di pericolo si tratta.
Se a cinquant’anni il Psa è alto, non vuol dire che si tratti di un tumore: può essere, appunto, un’ipertrofia prostatica (si ha difficoltà ad urinare la notte, ci si sveglia una o più volte, comunque è curabile con una pilloletta) oppure un’infiammazione. Dunque, si può procedere con la risonanza magnetica parametrica ed eventuale biopsia.
Tutto questo per verificare se si è in presenza di un tumore. Nel caso in cui ci sia, se la capsula della prostata è integra, con il tumore si può convivere sempre, non si muore di tumore alla prostata. Nel caso, invece, in cui ci sia tumore e si voglia sopprimerlo perché non si riesce a dormire, ci sono due tipi di interventi: quello con il robot e, nel caso il tumore abbia prodotto metastasi, il cyberknife.
“Il robot”, dice il dottor Montorsi, “si chiama Da Vinci, in onore di Leonardo, viene dall’America ed è uno straordinario ausilio per asportare il tumore. Consente al chirurgo d’intervenire sulla ghiandola malata in modo mirato, senza tagli né bisturi. In pratica, al paziente in anestesia totale si praticano sei piccoli fori a livello addominale, attraverso i quali vengono fatti passare sottili tubicini che costituiscono gli “strumenti di lavoro” del robot: uno contiene una speciale lente che ingrandisce la prostata venti volte e ne proietta l’immagine su uno schermo; gli altri effettuano l’operazione di rimozione delle cellule malate guidati dal chirurgo, che usa una specie di telecomando”.
L’altro intervento viene fatto quando il tumore è in stato avanzato. Una volta si usava la radioterapia, che è però poco precisa. “La tecnica del cyberknife”, dice il dottor Montorsi, “prevede invece che il fascio di radiazioni sia molto ristretto e diretto, simile ad un raggio laser, e quindi va a colpire solo ed esclusivamente la lesione che si vuole distruggere. Il cyberknife è indolore ed è ancora più efficace se associato a farmaci di ultima generazione”.
La percentuale di morte in caso di tumore alla prostata è molto bassa: per questo è necessario fare prevenzione già a quarant’anni.
2 commenti
Mio padre ha 65 anni e dopo due interventi con tecnica cyberknife ha il psa a 278 come e’ possibile? Grazie
Ma la RMN multiparametrica riesce a evidenziare focolai di tumore?