L’amarezza degli emigrati per lo smantellamento delle istituzioni italiane all’estero
Il 2014 ha emesso il suo primo vagito in un mondo sospeso tra paure e speranze.
Il bimbo crescerà, attraverserà i giorni freddi e caldi dell’anno sino al suo approdo al 31 dicembre che verrà portando il fardello dei giorni tristi e lieti nascosti sotto la folta barba ingrigita dal tempo e dalla tristezza della fine. È la storia: dell’eternità universale da un lato e di ogni essere vivente e pensante, il cui apparire e svanire nell’immensità dell’oblio è racchiuso in uno spazio che solo la mente umana sa cogliere nella vana rincorsa alla scoperta del mistero: del perché si trova su questa terra; da dove veniva; dove andrà. Non so ma ad ogni inizio – accade da sempre – vengo assalito da una cupa tristezza che mi porta a vagare nel pensiero oscuro. A considerare la vita come l’apparire della meteora in un giorno agostano: la osservi nel suo accecante splendore e già essa scompare ai tuoi occhi per andare a svanire nel vuoto portando con se il tuo sogno.
Eppure, quel 31 dicembre non era poi stato così male. Tra i mille starnuti del raffreddore amico – quasi una tradizione di ogni fine d’anno- e pur protetto dal tepore di un avvolgente maglione, vecchio regalo di mamma Nilde, uno spicchio di panettone e un bicchiere del buon prosecco italiano, avevo assistito al tradizionale saluto del nostro presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Un mare di saggezza. L’uomo, il politico, il vecchio, oberato dagli anni e dalle responsabilità dell’alto incarico, si rivolge agli italiani con l’amorevole semplicità del nonno che parla, abbracciandoli, ai nipoti. Parla a ognuno di loro, rispondendo alle tante lettere che riceve ogni giorno. Parla a Teresa, a Mario, a Elvira o Francesca. Risponde alle critiche e preoccupazioni che tanti vorrebbero inviare al loro presidente.
Parla, in definitiva, all’Italia. Ai cuori e alle menti dei suoi cittadini. Ai giovani e agli anziani. A chi lavora e a chi, purtroppo, il lavoro l’ha perso. Parla a chi ha abbandonato la patria in cui non ha trovato la possibilità di esaudire le proprie ambizioni e aspettative. Parla di un mondo che cambia in cui i cittadini della nuova Europa possono trovare possibilità di sviluppo e di fratellanza. Ho letto nei suoi occhi e in quel viso nobile e scavato dagli anni, un insieme di tristezza e speranza. Che differenza con la vanagloria dei clown che non fanno ridere imperversanti sugli schermi amici, ben accompagnati dal sindaco “socialista” ! di Berna, Alexander Tschaeppaet, con le sue battute da bar sulla pigrizia degli italiani: il Grillo, eternamente urlante, e il Salvini, nuovo boss dell’arrogante celodurismo secessionista, con l’aggiunta del presidente Maroni. Mancando del senso del ridicolo fa l’augurio ai soli lombardi, suoi amministrati, senza rendersi conto che quasi la metà dei cittadini di quella splendida regione adagiata tra le acque del fiume Po e le vette antiche, è composta dai protagonisti di epocali esodi di massa venuti quassù a cercare una prospettiva di civile progresso.
Persino un ignobile appello a spegnere il televisore e boicottare l’alto messaggio del presidente. Risultato: milioni di italiani, molto più del passato, hanno inteso ascoltare la voce rassicurante e saggia del loro presidente. Caro presidente, anche tanti nostri emigrati, cittadini italiani in Europa e nel mondo, avrebbero voluto scriverti, incontrarti, esprimerti tutta la loro tristezza per l’insensibilità e la noncuranza con cui si da voce alle loro aspettative: lo smantellamento delle istituzioni italiane all’estero ( rappresentanze consolari, enti di promozione economica e culturale), con l’aggiunta della gabella fiscale sulle proprietà dei nostri emigrati in patria. Lo faranno, anche attraverso l’impegno dei loro eletti e nei mesi a venire in parlamento. Due modeste e buone notizie nei primi giorni di questo 2014. I lavoratori frontalieri ( ottantamila ), grazie all’intervento di alcuni nostri parlamentari, tra i quali il sottoscritto, hanno riconquistato il diritto alla franchigia ( esenzione fiscale ) per i redditi annuali minimi (6.700 €. )
Un bel capo d’anno per le lavoratrici e i lavoratori italiani di confine. Giuseppe Ferrara, il grande regista di opere d’ avanguardia, oltre allo straordinario “ il caso Moro”, ha ottenuto il sospirato vitalizio che gli consentirà di vivere una vecchiaia più dignitosa. È il risultato dell’appello alle autorità del mondo della cultura, dell’arte e del sapere italiani e anche, con un certo orgoglio, dell’interrogazione, urgente e accorata, di chi vi scrive in parlamento. Lunga vita a te , caro Giuseppe e ai connazionali che ci leggono con affetto e amicizia.