La comunità internazionale preoccupata per la piega degli avvenimenti, ma un incontro tra il presidente Yanukovich e i leader di tre partiti di opposizione hanno aperto uno spiraglio
L’Ucraina è nel caos, gli scontri di piazza che vedono contrapposti una marea di manifestanti e forze dell’ordine è degenerata in violenza, con tre morti accertati e due non confermati e con la devastazione della città di Kiev. Le manifestazioni di piazza sono la conseguenza dello scontro politico tra l’attuale presidente Viktor Yanukovich e la leader dell’opposizione in prigione, Timoshenko, accusata di abuso di potere per aver firmato a suo tempo, quando era presidente lei, un accordo con Putin sulla fornitura di gas. Il suo arresto è diventato poi l’emblema di una maggioranza governativa che guarda alla Russia nello scacchiere delle alleanze internazionali e di un’opposizione che guarda all’Unione europea.
Un accordo di associazione con l’Ue doveva essere firmato un paio di mesi fa, poi rifiutato dal presidente ucraino che si era riavvicinato alla Russia, che gli aveva promesso prestiti per 15 miliardi di dollari, parte dei quali per pagare i debiti energetici. Di qui, le manifestazioni di protesta, l’accusa di tradimento e di consegna alla Russia della sovranità ucraina. Infatti, è chiaro che un prestito ottenuto dalla Russia mette il Paese in una posizione di sudditanza verso il potente vicino, che avrà buon gioco a condizionare l’economia ucraina.
Come abbiamo già avuto modo di dire, lo scontro è anche la conseguenza di uno scontro a livello più generale tra Usa e Russia per il controllo strategico della regione. Da una parte gli Usa che, con Bush prima e adesso con Obama, vogliono installare il cosiddetto scudo missilistico rivolto – ufficialmente – per tenere a bada l’Iran degli ayatollah, ma in realtà base di controllo di tutta la regione (lo scandalo del datagate insegna). L’Ucraina, ricordiamolo, confina con la Russia, di conseguenza occupa una posizione strategica molto importante. Dall’altra, poi, la Russia, che crede relativamente alle parole ufficiali di Washington. In realtà, Mosca teme di ritrovarsi una grande potenza sull’uscio di casa, esattamente come cercò di fare la vecchia Urss con gli Stati Uniti nel 1961 quando si mise in testa di installare a Cuba – dirimpetto agli Usa – delle postazioni missilistiche. Come si ricorderà Kennedy minacciò una ritorsione nucleare nei confronti dell’Urss, che alla fine cedette ritirando le basi da Cuba.
Ecco, qualcosa del genere sta avvenendo oggi tra Russia e Usa. La Russia non potrà impedire lo scudo nella Repubblica Ceca e in Polonia, ma cerca di non perdere almeno l’Ucraina. Di qui le offerte di Putin di prestiti e di rifornimenti energetici a prezzi contenuti e quindi l’interesse ad allargare i mercati russi all’Ucraina per estendere i confini economici e politici alla Federazione russa. Ma di qui anche lo scontro inevitabile, a causa proprio della rilevanza strategica della collocazione geopolitica dell’Ucraina stessa.
L’ex leader dell’Urss, Mikhail Gorbaciov ha invitato il presidente russo e il presidente americano ad intervenire per mettere fine agli scontri e trovare una soluzione politica alla crisi. Se ciò non avverrà, ha detto Gorbaciov, “l’Ucraina va verso la catastrofe”. Gli scontri, infatti, sono stati talmente violenti che se si continua a lasciare libero sfogo ai sentimenti nazionalisti e di parte difficilmente saranno controllabili una volta che avranno preso il carattere della guerriglia civile. Il “muoia Sansone con tutti i filistei” lascerà solo un cumulo di macerie, essendo l’Ucraina già un Paese con gravi problemi economici.
L’incontro – circa tre ore – tra il presidente Viktor Yanukovich e una delegazione di tre politici dell’opposizione ha prodotto qualche risultato, segno che le conseguenze catastrofiche sono ben presenti nei ragionamenti delle parti in causa. Il presidente ucraino ha annunciato la convocazione del Parlamento in vista della revisione della legislazione, recentemente approvata, che limita il libero diritto di manifestare. Nel governo, anche i falchi hanno mostrato di aver compreso che lo scontro all’ultimo sangue sarebbe la fine dell’Ucraina. Questo atteggiamento di apertura è anche il frutto di una pressione internazionale che si è fatta particolarmente stringente negli ultimi tempi, a cominciare dalla Casa Bianca alla Cancelliera tedesca Angela Merkel e all’Unione europea (Ashton e Barroso). Tra i manifestanti e le forze di polizia c’è il rischio che da reciproche provocazioni divampi una battaglia incontrollabile, con uso di armi da fuoco da parte di manifestanti e anche poliziotti.
L’augurio è che i tentativi di compromessi vadano in porto, ma tra i compromessi quello delle dimissioni del presidente e delle elezioni anticipate non è contemplato dal presidente Viktor Yanukovich.