Poco alla volta emergono i guai delle politiche dissennate degli ultimi quarant’anni durante i quali gli sprechi si sono sovrapposti a strati concentrici e a compartimenti stagno, creando voragini di cui si stanno cominciando da qualche tempo a pagare i costi, che sono enormi in termini di salute, di sicurezza, di condizioni sociali e civili. La settimana scorsa è esploso il fenomeno dei funzionari, dirigenti e impiegati della pubblica amministrazione, di enti locali, di Asl, ospedali, industrie di Stato, Università e via dicendo, che nell’orario di lavoro – di quello ufficiale – ne fanno un secondo in nero o hanno altri incarichi lautamente retribuiti. Il caso di Antonio Mastrapasqua, l’ormai ex presidente dell’Inps e collezionista di incarichi (25) è emblematico.
Ma sta scoppiando anche il caso Sanità, con circa quattro miliardi e mezzo di euro di tagli all’anno, che però, non essendo accompagnati dall’eliminazione degli sprechi che la fanno da padrone nelle Asl, negli ospedali e annessi e connessi (forniture di materiali, medicinali, macchinari, eccetera), si traducono in un aumento della spesa sanitaria per il cittadino e contemporaneamente in un aggravio delle condizioni di salute dei cittadini stessi. Gli sprechi ammontano a circa 8 miliardi di euro.
L’Associazione Ospedalità privata (Aiop) ha stilato il Rapporto Ospedali e salute, mettendo al centro dell’esame il paziente con i suoi bisogni. Sono state intervistate oltre duemila persone che nella famiglia provvedono alla salute dei congiunti non autosufficienti. Nel 2012 l’aumento della spesa a carico del cittadino è stato del 22%; l’aumento del ticket è costato ai pazienti 1465 milioni; l’aumento della spesa per i farmaci è stato di 1406 milioni; se si considera che l’aumento dell’Irpef regionale è stato del 177%, con aggravi per il cittadino ancora maggiori nelle Regioni che avevano i conti in rosso, si capisce tutta la gravità e l’assurdità della situazione.
Le conseguenze immediate sono state che cinque milioni e mezzo di famiglie hanno rinunciato alle cure dentarie, ricorrendo agli antidolorifici o rinunciando all’apparecchio correttivo per i figli; che 4,7 milioni hanno rinunciato anche alle visite specialistiche, sia perché sono lunghissimi i tempi di attesa, sia perché il ticket costa in certi casi più delle analoghe prestazioni in regime di intramoenia, cioè a pagamento. Per non pagare il ticket 2,9 milioni di famiglie hanno fatto ricorso meno frequente alle analisi di laboratorio. Insomma, è chiaro che i cittadini stanno pagando ad una schiera numerosissima di imbroglioni i pizzi che costoro fanno e i favori che elargiscono a sé e alla rete degli amici. Se si eliminassero gli sprechi, ci sarebbe un miglior servizio sanitario nazionale e un alleggerimento considerevole della spesa per i cittadini. Pazzesco: solo in Italia, tra i Paesi avanzati, al di là delle chiacchiere di segno diverso, ci si trova di fronte a situazioni così paradossali: lo Stato paga e non controlla, taglia un po’ di soldi, i cittadini sono costretti a pagare loro i tagli, i servizi si riducono, ma l’esercito dei beneficiari rimane intoccabile.
L’Associazione Ospedalità privata – lo dice l’aggettivo stesso – raggruppa le strutture private convenzionate con lo Stato. In genere – ma non sempre – sono più controllate. L’Aiop ha calcolato che se lo Stato desse alle strutture private convenzionate 2 miliardi in più, risparmierebbe il 4,6% rispetto alla spesa attuale delle strutture pubbliche (che è di ben 112,9 miliardi). Se poi lo Stato, in questo caso anche le Regioni, riuscissero non ad eliminare (troppa grazia) ma almeno a ridurre della metà gli sprechi, la sanità italiana godrebbe ottima salute e con essa anche gli italiani.
Ma ci rendiamo conto che ciò che in altri Paesi è normale, in Italia non lo è mai stato e dubitiamo che lo sia anche in futuro, a meno che non accada un miracolo.