Minivocabolario di Paolo Tebaldi
Dal greco euthanasia, morte felice. «Nel pensiero filosofico antico: morte tranquilla e serena accettata come naturale termine della vita. Morte rapida e non dolorosa provocata deliberatamente sospendendo un trattamento medico o somministrando farmaci per porre fine alle sofferenze di malati inguaribili» (Tullio De Mauro, Grande Dizionario italiano dell’uso).
Questo termine viene associato all’espressione «testamento biologico», oggetto di un vivace dibattito non solo in Italia. Si tratta della dichiarazione anticipata di trattamento con cui si manifesta la volontà di una persona, in possesso di tutte le risorse della ragione, di accettare o meno determinate terapie nel caso in cui dovesse trovarsi nella condizione d’incapacità mentale e non fosse in grado, quindi, di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti. Malattie che costringano il degente a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali tali da impedire una normale vita di relazione. In parole povere è un documento in cui il malato dichiara se intende, qualora dovesse trovarsi in una condizione di vita vegetale, continuare o interrompere le cure che rinviano la sua morte fino a quando essa non avvenga naturalmente.
L’argomento, «eticamente sensibile», trova su posizioni contrapposte movimenti laici, radicali e ambienti d’ispirazione cristiana. Quest’ultimi affermano che in nessun modo e in nessuna circostanza può essere arrestata la vita di un paziente, qualunque sia la volontà da lui espressa. L’infermità deve seguire il suo corso e la sospensione dell’idratazione o dell’alimentazione viene considerata come un atto identico all’omicidio. Coloro che si oppongono a questa corrente di pensiero sostengono la necessità di una corretta interpretazione dell’art. 32 della Costituzione italiana che recita: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Inoltre l’Italia ha firmato nel 2001 la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina di Oviedo del 1997, il cui testo dice; «I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione».
In diversi Paesi l’eutanasia è regolata da dispositivi legali che si richiamano alla citata Convenzione. In Germania il Bundestag ha approvato nel 2009 una legge sul testamento biologico basata sul principio del diritto all’autodeterminazione. In Inghilterra e nel Galles una persona può redigere una dichiarazione anticipata di trattamento o designare un curatore sanitario, come avviene, analogamente, nella maggior parte degli Stati Uniti d’America. Nei Paesi Bassi, chiunque, malato o no, può specificare le circostanze in forza delle quali vorrebbe accedere all’eutanasia. In Svizzera i cittadini hanno l’opportunità di dichiarare, firmando appositi moduli messi a disposizione da diverse organizzazioni, che in caso di permanente perdita di capacità di giudizio, per inabilità a comunicare o grave danno cerebrale, ogni pratica di prolungamento della vita sia bloccato (libere citazioni da Wikipedia).
L’AVIS informa che dal 1. Gennaio 2013 è in vigore in Svizzera la revisione parziale del codice civile il cui capitolo «Protezione degli adulti» sanziona il chiaro rafforzamento del diritto all’autodeterminazione, della solidarietà nelle famiglie, della particolare tutela delle persone incapaci di discernimento.
Inoltre la Pro-Senectute fornisce sul suo sito tutte le informazioni utili sul Testamento biologico, sulle prerogative di ogni individuo nei confronti di medici, ospedali, cliniche, assicurazioni.
In conclusione, personalmente sono dell’idea che sia moderna, pragmatica, ancorata allo spirito illuministico dei diritti universali dell’uomo la concezione filosofica e culturale della vita che rivendica a chi si trova in una condizione di sopravvivenza vegetativa la libertà di scelta del proprio destino.