Tre milioni di persone, il 4,4% della famiglie residenti sul territorio nazionale, vivono sotto la soglia di povertà alimentare.
A rivelarlo è un’indagine basata sui dati della Rete della Fondazione Banco Alimentare, realizzata dalla Fondazione per la Sussidarietà insieme alle Università Cattolica e Milano-Bicocca.
L’allarme indigenza scatta per una spesa per cibo e bevande inferiore a 222,29 euro: questo il limite individuato a livello nazionale.
Lo studio ha individuato anche dei limiti a livello regionale che oscillano dai 233-252 euro del nord fino ai 196-207 euro del sud, passando per i 207-233 euro del centro.
Secondo i dati dell’indagine, sarebbero circa un milione e mezzo le famiglie che si trovano in difficoltà nell’affrontare la spesa quotidiana per prodotti necessari come il pane e la pasta.
Meridionali, disoccupati, con un titolo di studio basso e una famiglia numerosa: questo il profilo dei nuovi poveri del nostro Paese che viene delineato dall’indagine.
La causa principale è la perdita del posto di lavoro (59%): lo stato di povertà alimentare incide infatti particolarmente sui disoccupati (12,4%) e molto meno tra chi ha un posto di lavoro (3,4%). Tra le altre cause, i problemi di salute (30%), la morte di un familiare (15%) e la separazione da un coniuge (15%). La povertà alimentare, inoltre, colpisce di più le famiglie numerose: a vivere sotto la soglia stabilita è il 10,3% delle coppie con due e tre figli, mentre i single possono permettersi di spendere di più per mangiare e bere: solo l’1,7% di questi, infatti, spende meno di 222 euro per i prodotti necessari, finendo nella schiera dei nuovi poveri del nostro Paese.
Gli anziani che vivono soli sono invece nella media nazionale e solo il 4,5% di loro vive al di sotto della soglia della povertà alimentare.
Sulla base di dati Istat del 2007, rielaborati, l’indagine conferma l’ampio divario esistente tra le regioni settentrionali e quelle meridionali del Paese; nelle Isole si attesta al 10% la popolazione che fatica a fare la spesa.
Toscana, Liguria, Veneto e Trentino Alto Adige sono tra le regioni più “ricche”, con meno del 3% dei residenti al di sotto della sogliadi povertà alimentare. Il titolo di studio si rivela inoltre un elemento influente: soffre di povertà alimentare il 6,7% delle famiglie che ne sono prive, mentre solo l’1,6% di chi ha una laurea è al di sotto della soglia.
“Con il 10 per cento della spesa alimentare degli italiani che finisce nella spazzatura è insopportabile che il 4,4 per cento delle famiglie residenti in Italia, per un totale di tre milioni di persone, viva sotto la soglia di povertà alimentare”, afferma la Coldiretti nel sottolineare che nel bidone finisce una quantità di cibo sufficiente a sfamare più del doppio delle persone in stato di indigenza alimentare, .
“Ad essere gettati nel bidone, per un valore di 560 euro all’anno per famiglia, sono soprattutto – sottolinea ancora la Coldiretti – gli avanzi quotidiani della tavola, ma anche prodotti scaduti o andati a male come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e gli affettati, che si classificano tra i prodotti più a rischio.
Tra i più spreconi ci sono i single, per la necessità di acquistare spesso maggiori quantità di cibo di quanto possano consumarne a causa della mancanza di formati adeguati, ma anche – precisa la Coldiretti – per uno stile di vita che li porta spesso a mangiare fuori casa”.
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