Minivocabolario di Paolo Tebaldi
«Concezione politica fondata sui principi della sovranità popolare, dell’uguaglianza giuridica dei cittadini, dell’attribuzione di diritti e doveri sanciti dalla costituzione» (Il Sabatini Coletti, Dizionario della Lingua Italiana). E’ impossibile illustrare in un articoletto i molteplici significati, le linee di pensiero, le implicazioni e le esperienze storiche legate al concetto di democrazia. Anche perché tale termine non si riferisce soltanto alla definizione di una forma di Stato, alle prerogative e agli equilibri dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, ma interessa anche le modalità in cui vengono prese decisioni nell’ambito di un partito, di un sindacato, di una associazione, di una comunità di individui o nei rapporti tra singole persone. Come ricorda Norberto Bobbio nel Dizionario di Politica (Istituto Geografico De Agostini, 2006), le diverse specie di democrazia hanno in comune, secondo Macpherson, «lo scopo ultimo di provvedere le condizioni per il pieno e libero sviluppo delle capacità umane essenziali di tutti i membri della società». Il grande filosofo torinese (scomparso nel 2004) conclude affermando che “una democrazia perfetta – sinora in nessun luogo realizzata e quindi utopica – dovrebbe essere insieme formale e sostanziale». Cioè raggiungere i fini riguardanti le pari opportunità sul piano giuridico, sociale ed economico, indipendentemente dai mezzi, dalle regole, dalle procedure adoperate. Semplificando, si possono classificare due sistemi di governo: «democrazia diretta in cui il potere è esercitato direttamente dal popolo, sinonimo di democrazia plebiscitaria; democrazia indiretta in cui il potere è esercitato dal popolo attraverso i suoi rappresentanti, sinonimo di democrazia rappresentativa» (Tullio De Mauro, Grande Dizionario Italiano dell’Uso). Nell’antica Grecia il primo modello (quello partecipativo) si realizzava nell’Agorà (la piazza) dove i cittadini, esclusi gli schiavi, le donne e gli stranieri, discutevano insieme quali provvedimenti e leggi adottare. Nel secondo caso, come avviene in Italia, abbiamo una repubblica parlamentare in cui deputati e senatori vengono votati nelle consultazioni elettorali e oltre al loro mandato esistono strumenti di democrazia diretta come i referendum, le iniziative e le petizioni popolari.
Il significato di democrazia ha seguito, nel corso di millenni, un percorso ricco di rappresentazioni, modifiche, interpretazioni contrastanti. Il pensiero dell’antica Grecia, con la tripartizione aristotelica in governo dei cittadini, monarchia e aristocrazia, considerava la degenerazione dei regimi nella tirannide e nel dispotismo come conseguenza di un uso demagogico del consenso. Alla teoria della tradizione romano-medievale secondo cui è il popolo a conferire l’autorità al principe, e passando per la meditazione del Machiavelli, nei secoli successivi al Rinascimento prese corpo l’idea che il potere non fosse «concentrato nelle mani di uno solo, ma distribuito variamente in diversi corpi collegiali, talora in contrasto tra loro» (N. Bobbio).
Le idee illuministiche, la Rivoluzione francese con i suoi ideali di libertà, uguaglianza, e fratellanza, quella inglese e americana hanno aperto la strada alla visione moderna di democrazia. Venendo ai giorni d’oggi, si pone urgente un quesito: come giudicare il grado di maturità politica, culturale, civile di una nazione se la maggioranza degli intervistati di vari sondaggi e interviste approva che un Presidente del Consiglio dichiari ad ogni piè sospinto: «ascolto tutti ma alla fine decido io, se non si approvano le mie proposte, cambio mestiere e me ne vado a casa»? Ci sembra lecito affermare che atteggiamenti autoreferenziali, personalismi, ambizioni sproporzionate da un lato e, dall’altro, la fiducia acritica nel capo carismatico, il salire sul carro del vincitore, il trasformismo non sono i migliori ingredienti per lo sviluppo di un’autentica democrazia. Che significa capacità di ascolto, dialogo, confronto, rispetto delle idee altrui, riguardo delle minoranze. Il bene comune non si raggiunge con una gestione della cosa pubblica affidata ad una ”velocizzazione” di tempi da centometristi, ad un decisionismo arrogante e presuntuoso. Neppure, ovviamente, stando fermi, impelagati nella «palude», termine entrato in voga, prigionieri dei «rottamati», dei difensori dello statu quo, dei privilegi e di corposi interessi corporativi. La vera democrazia si nutre di ragionevoli mediazioni, di una concertazione costruita su compromessi di alto profilo. Ha bisogno dell’elaborazione accurata di sintesi e soluzioni per l’avvento di una società libera dal bisogno, dalla disoccupazione, dalle ingiustizie. Si sostanzia se un Paese non si lascia attrarre dalle lusinghe delle promesse irrealizzabili, dalle derive populistiche e dalla fede assoluta nel Partito guidato dal leader forte, dall’uomo della provvidenza, dal deux ex machina. E’ forte se la maggioranza degli elettori sostiene le forze politiche di massa, i movimenti popolari i cui obiettivi e la cui prassi corrispondono ai dettati contemplati dalla Carta costituzionale e che garantiscono il coinvolgimento e la partecipazione creativa dei militanti, degli iscritti, dei cittadini.