“Tutto ha il suo momento” è la campagna lanciata da Pron Senectute, le Chiese protestanti della Svizzera e Giustizia e Pace per non tabuizzare la grande anzianità ma darle il giusto valore
Per la prima volta Pro Senectute, le Chiese protestanti della Svizzera e Giustizia e Pace svolgono una campagna comune sul tema dell’anzianità avanzata. Le tre istituzioni richiamano alla memoria della popolazione svizzera che la grande anzianità è un tema globale che riguarda tutti mentre ci si limita sempre e soltanto a parlare dei costi che le persone molto anziane producono. In virtù dell’elevata speranza di vita – un modello di successo della moderna società – in Svizzera nel 2060 le persone over80 supereranno il milione.
La percentuale di persone di 80 anni e più tra la popolazione residente in Svizzera salirà dall’attuale 5% a circa il 7,8% nel 2030 per poi raggiungere approssimativamente il 12,1% intorno al 2050. Un’età elevata non va abbinata automaticamente a un maggiore bisogno di assistenza e cure, perché il numero di anni trascorsi in modo autosufficiente aumenta con il progredire della scienza e della tecnologia medica. Ciò nonostante, con l’aumentare dell’età cresce comunque il rischio di non poter fare a meno di cure e assistenza. Nella fascia d’età fra i 75 e i 79 anni la percentuale di persone non autosufficienti si attesta attualmente ben al di sotto del 10%. Per chi ha più di 85 anni tale percentuale rappresenta già un terzo del totale. Su questo influiscono peraltro anche effetti legati alle generazioni. Lo si vede, per esempio, effettuando un confronto con la Germania, dove la quota di persone non autosufficienti è maggiore. Si tratta delle generazioni che durante la seconda guerra mondiale erano giovani o giovani adulti.
Rispetto agli ultimi 30 anni, il benessere psicologico delle persone di 80 anni e più che vivono in casa è migliorato di molto. Se, per esempio, alla fine degli anni Settanta il 72% di queste persone non si sentiva mai solo, oppure questo succedeva raramente, oggi tale percentuale su- pera il 90%. Alla fine degli anni Settanta soltanto il 38% delle donne di 80 anni e più si sentiva raramente o quasi mai stanca. Oggi questo vale per più del 60% delle signore. Il fatto che il benessere psicologico delle persone più in là negli anni sia generalmente migliorato negli ultimi decenni, è collegabile a una maggiore sicurezza economica di questa fascia d’età e a una maggiore consapevolezza di come si affronta la propria vita.
Alle nuove condizioni di vita si contrappongono nuovi timori, tanto individuali quanto collettivi. Si tratta soprattutto del rischio di sviluppare una qualche forma di demenza senile. Oggi, infatti, circa il 7% delle persone fra i 75 e i 79 anni d’età è affetto da una patologia di questo tipo. Tra gli 80 e gli 84 anni la cifra sale al 16%, tra gli 85 e gli 89 al 26% circa. Tra chi ha più di 90 anni la demenza si verifica con una frequenza del 44%. La ricerca medica non lascia intravedere ancora nessuna svolta che possa portare a una prevenzione della demenza.
Una lunga vita, da sempre agognata dall’umanità, non si può godere gratuitamente. Per fare un esempio, le spese legate alle cure prestate per lunghi periodi rappresentano attualmente l’1,5% circa del prodotto interno lordo e si stima che nel 2060 raggiungeranno il 4,3%. Le proiezioni mostrano tuttavia che una riduzione anche lieve della non autosufficienza – ottenibile per esempio mediante programmi di prevenzione – può alleggerire sostanzialmente gli effetti demografici.
L’invecchiamento della popolazione non si può limitare solo alla questione dell’onere finanziario per la società, altrimenti tutto si riduce unicamente a un rapporto costi/benefici e quindi ad una generale economizzazione della vita. La campagna «Tutto ha il suo momento. La grande anzianità nella nostra società» si contrappone a una mentalità di questo tipo e vuole promuovere un’ampia discussione sulla tematica.