Esecuzione shock in Oklahoma nel penitenziario McAlester, il condannato muore d’infarto. Amnesty International rivela che aumentano le esecuzioni a livello mondiale
È morto d’infarto dopo l’iniezione letale, il condannato Clayton a morte in Oklahoma, dopo 40 minuti di agonia e sofferenze. La raccapricciante morte di Clayton Lockett, accusato di numerosi omicidi e stupri, ha subito sollevato numerose critiche contro il Dipartimento di Stato dell’Oklahoma ora accusato di torture e costretto a rinviare l’esecuzione prevista per il giorno dopo per un secondo detenuto. “Quando è iniziata la somministrazione del primo dei due farmaci letali il corpo dell’uomo ha cominciato improvvisamente a muoversi, i suoi piedi e le sue braccia ad agitarsi. Dalla sua bocca è cominciato fuoriuscire un lamento sempre più forte. Con uno scatto Clayton ha tentato anche di sollevarsi, inutilmente. In una situazione di caos e per certi versi di panico, i medici e gli addetti del carcere hanno quindi abbassato la tenda davanti al vetro dietro al quale c’erano i testimoni. Questi ultimi hanno potuto solo ascoltare l’urlo violento con cui l’uomo ha esalato l’ultimo respiro, ucciso da un attacco cardiaco” rivela l’Ansa. A Lockett era stato somministrato un nuovo mix di farmaci, composto da un sedativo, un anestetico e una dose letale di cloruro di potassio mai testati prima, che hanno provocato la morte del condannato per arresto cardiaco dopo atroci sofferenze.
Aumento delle esecuzioni
L’Iran e l’Iraq sono all’origine di un importante aumento del numero di esecuzioni nel mondo nel 2013, mentre a livello mondiale la tendenza è verso l’abolizione. Questa è la conclusione di Amnesty International nel suo rapporto annuale sulle condanne a morte e le esecuzioni. Il numero allarmante di esecuzioni in un gruppo limitato di paesi – principalmente i due paesi del Medio Oriente già citati – si è tradotto in un aumento di circa un centinaio di esecuzioni rispetto al 2012, ovvero quasi il 15% in più. “Il ritmo quasi frenetico delle esecuzioni in determinati paesi come l’Iran e l’Iraq è scandaloso. Ma i paesi che persistono nel condannare a morte sono dal lato sbagliato della storia e sono, nella realtà, sempre più isolati” ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. “Solo un numero limitato di paesi è responsabile della stragrande maggioranza di questi insensati omicidi di Stato. Questi paesi non possono fermare i progressi già realizzati a livello generale in favore dell’abolizione”. Il numero di esecuzioni in Iran (almeno 369) e in Iraq (169) colloca i due paesi rispettivamente al secondo e al terzo posto della lista degli Stati che procedono ad esecuzioni, dietro la Cina. Il numero di esecuzioni avvenute in Cina viene mantenuto segreto, ma Amnesty International è convinta che si tratti di diverse migliaia ogni anno.
L’Arabia Saudita (79) e gli Stati Uniti (39) occupano il quarto e il quinto posto, davanti alla Somalia (34). Secondo le informazioni di cui dispone Amnesty International, senza tener conto della Cina, nel 2013 sono state portate a termine almeno 778 esecuzioni, nel 2012 erano state 682. Queste esecuzioni sono avvenute in 22 paesi, uno in più rispetto al 2012. Le esecuzioni sono riprese in Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam.
Evoluzione abolizionista
Nonostante i dati negativi del 2013, il numero di paesi che eseguono condanne capitali non ha smesso di diminuire nel corso degli ultimi 20 anni e progressi si sono registrati in tutte le regioni nel mondo nel corso dell’anno appena trascorso. Molti paesi che avevano messo a morte dei condannati nel 2012 non hanno proceduto a esecuzioni durante il 2013: questo è il caso per il Gambia, gli Emirati Arabi Uniti e il Pakistan, dove le autorità hanno sospeso le condanne a morte. Nemmeno in Bielorussia sono avvenute esecuzioni: questo fa sì che, per la prima volta dal 2009, in Europa e in Asia Centrale non sono state eseguite condanne a morte.
20 anni fa 37 paesi applicavano attivamente la pena di morte. Erano 25 nel 2004, per scendere a 22 nel 2013. Solo nove paesi nel mondo hanno proceduto a messe a morte ogni anno nel corso degli ultimi cinque anni. “La tendenza a lungo termine è chiara: la pena capitale diventerà una condanna del passato. Esortiamo tutti i governi che continuano a uccidere in nome della giustizia a mettere immediatamente in atto una moratoria sulla pena capitale in vista della sua abolizione” ha dichiarato Salil Shetty.
Metodi e crimini
Nel 2013 i metodi di esecuzione impiegati sono stati: la decapitazione, l’elettrocuzione, il plotone d’esecuzione, l’impiccagione e l’iniezione letale. Delle esecuzioni pubbliche sono avvenute in Arabia Saudita, in Corea del Nord, in Iran e in Somalia. Delle persone sono state condannate alla pena capitale per crimini che non hanno causato la morte, come il furto con violenza, infrazioni alla legge sugli stupefacenti e dei crimini economici, ma anche per atti che non dovrebbero essere considerati crimini, come l’“adulterio” o la “blasfemia”. In numerosi paesi il pretesto di “crimini” politici, definiti in termini vaghi, è stato utilizzato per mettere a morte dissidenti reali o presunti.