La nuova campagna contro l’Aids “LOVE LIFE – Nessun rimpianto” sta suscitando critiche a non finire in tutta la Svizzera
La campagna vuole mostrare che “si può godere della propria vita e del proprio corpo serenamente”. Si è fatta questa scelta semplicemente perché “si tratta di sesso, e si vuole far vedere di cosa si parla”, ha dichiarato ieri in una conferenza stampa a Berna Regula Fecker della società Rod Kommunikation, che ha ideato la campagna. Uno studio effettuato da Gfk su ordine dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), l’Aiuto Aids Svizzera e la fondazione Salute Sessuale Svizzera, ha rivelato che nel complesso gli svizzeri sono soddisfatti della propria vita sessuale, in numero: il 79% delle persone tra 18 e 60 anni. Uno dei dati invece più preoccupanti è quello che ben un terzo degli intervistati rimpiangono un’esperienza sessuale che hanno vissuto, capolista dei rimpianti sono rapporti intimi non protetti o la scelta sbagliata del partner.
È proprio su questi dati che la campagna, composta da diversi elementi, punta e l’argomento infatti è “Nessun rimpianto”. Fanno parte della campagna un sito internet, un film breve, un manifesto safer-sex, diversi cartelloni e un casting, con questi elementi si cerca di dare la massima attenzione attraverso i vari canali alla campagna. Il casting si rivolge alle coppie e persone single, l’UFSP invita le persone a spogliarsi davanti alle macchine fotografiche. Le foto saranno valutate e si deciderà quali saranno quelle più adatte per i manifesti che tappezzeranno la Svizzera a partire da giugno. L’UFSP sottolinea che ognuno decide se farsi fotografare completamente nudo o solo in parte. Più di trenta persone si sono già annunciate per partecipare. È proprio qui che iniziano le critiche da varie parti, Toni Bortoluzzi, Consigliere nazionale UDC ad esempio ha dichiarato di essere “sconvolto”, la critica è rivolta direttamente all’UFSP dove, sempre secondo Bortoluzzi, lavorerebbero persone specializzate in prevenzione con un budget troppo alto che “si sentono mancare il terreno sotto i piedi”. Ma non finisce qui, Bortoluzzi sostiene che “Oggi non c’è quasi più nessuno che non è a conoscenza del pericolo di contagio”, sarebbe inoltre chiaro che i destinatari della prevenzione dovrebbero essere più gli omosessuali e non per forza tutta la popolazione.
L’altro punto criticato è l’aspetto finanziario, la campagna “LOVE LIFE” costa circa 2 milioni di franchi l’anno, la Consigliera nazionale PES si chiede se l’utilità giustifica l’investimento paragonando la campagna ad altri progetti di prevenzione che non ricevono contributi dallo Stato, come ad esempio quando si tratta di suicidio.
Il Consigliere nazionale UDC Jürg Stahl è d’accordo con le critiche perché “dove ci sono soldi pubblici i responsabili devono essere al cosciente che la campagna è accompagnata da critiche”, lo stesso non la ritiene così grave: “In questa società che ha bisogno di umore è evidente che si deve dare nell’occhio anche come Ufficio federale. Se il casting serve veramente alla sensibilizzazione verso l’HIV è incerto”. Lo standard alto della sanità pubblica svizzera induce alla falsa conclusione che tutte le malattie sono curabili. Stahl ritiene che una misura più efficace sarebbe quella di un diritto penale più duro: “Chi infetta altre persone intenzionalmente, dovrebbe essere punito più severamente”.
Per la Consigliera nazionale PS Bea Heim lo slogan è riuscito perché si fa appello ad un emozione che conosciamo già dalla prima infanzia: il rimpianto. Non le piace però l’idea del casting: “Con tanta esposizione non si può raggiungere niente, anzi solo il contrario. Un’immagine che stimola il piacere sessuale è più forte che il testo aggiunto che rammenta alla sicurezza”. Inoltre l’altra problematica sarebbe che queste immagini saranno presenti per sempre su internet ed è probabile che vengano usati a scopo abusivo, questo non coinciderebbe con lo slogan “nessun rimpianto”. La problematica di cui parla Heim ultimamente è stata discussa molto, dopo che un ragazzo è stato condannato a quattro anni e mezzo di prigione per “sexting”, è stato il primo processo in Svizzera per un caso del genere. Il “sexting” è l’invio di immagini erotiche, pornografiche o messaggi sessualmente espliciti mediante cellulare. Il ragazzo di 22 anni è stato ritenuto colpevole di violenza carnale, coazione sessuale, atti sessuali con fanciulli, tentata coazione e pornografia.
Irene Heimgartner, direttore della comunicazione, ha subito dato il segnale di cessato allarme: “Il rischio del sexting è quello della diffusione di immagini senza il consenso della persona in oggetto. Questo non vale per la campagna, in cui secondo l’UFSP assicura che i partecipanti sono al corrente del fatto che le immagini saranno utilizzate per la pubblicazione”.