“Anche se gli abbiamo inflitto sanzioni e punizioni, essi sono ancora più infiammati, e si stanno diffondendo dappertutto; e a nulla è valsa la magnanimità che io stesso ho mostrato nei loro riguardi, al punto che avrei voluto rendere mia sposa una giovane della loro setta. All’onore che le facevo, lei ha opposto resistenza: non solo mi ha respinto, me, cesare; ma ha ignorato persino le mie minacce. E siccome non sono membro della loro comunità, considerandomi un essere impuro, contaminato e abominevole, insieme a certe sue compagne è fuggita verso paesi sottoposti al tuo dominio. Per questo, mio fratello, fa’ in modo di scovarle ovunque si nascondano; mettile a morte, e rispedisci a me la sfrontata latitante. Ma se la sua bellezza dovesse affascinarti, tienila pure per te, perché mai si è visto tra i greci uno splendore paragonabile al suo. E viviti in pace e felice col culto degli dèi.”
Appena letta questa missiva, Tiridate si diede senza indugio alla ricerca delle fuggitive; e inviò messaggeri in più parti dell’Armenia, affinché gli portassero Hripsime: promettendo, a chi l’avesse trovata, ricompense di magnifici regali. La reputazione della mirabile bellezza della ragazza si era intanto diffusa: e tutti i sentieri della provincia erano stati bloccati. Quando poi si seppe che le fuggiasche erano state avvistate, Tiridate inviò una legione per perlustrare a tappeto la zona, dove infine Hripsime fu scovata. L’unanimità della lode aumentò lo stupore, e una folla enorme accorse da ogni parte per rendere omaggio alla sua avvenenza. Sdegnosi satrapi affollavano l’ambiente; i nobili si avvicendavano ai popolani, mostrando dissolutezza di costumi e impurità sfrenata verso le pie donne. Che, come intesero la minaccia della lascivia, presero a singhiozzare ad alta voce, supplicando il Signore di salvarle dalle voglie di quei depravati; e col volto velato si prostrarono vergognose davanti ai dissoluti che premevano verso loro.
Messo al corrente della reale magnificenza di Hripsime, il giorno dopo Tiridate ordinò che fosse condotta al palazzo, e che Gaiana e le altre donne fossero trattenute alle cisterne. Una lettiera ricoperta di lamine d’oro fu inviata a raccogliere la fanciulla: che, ornata di ricchi paramenti, doveva essere presentata al re, che ancora prima di vederla aveva deliberato di farla sua sposa. E tutta una folla seguiva il corteo che scortava colei che doveva diventare la regina degli armeni, quando, narra Agatangelo, si udì una voce dal cielo:
“Coraggio, figliole! La vostra preghiera è stata ascoltata! Siate risolute, perché io sono con voi. Vi ho tenuto compagnia su tutte le vie; vi ho seguite continuamente, affinché il mio nome potesse essere glorificato presso nuove genti. E soprattutto tu, Hripsime, che insieme a Gaiana e alle amate compagne sei veramente gettata dalla morte alla vita, non temere, ma vieni al luogo di indicibile gioia che il Padre mio ha preparato per quelle come te.”
Alla voce fece seguito un tuono di spaventoso terrore per i cavalli, che disarcionarono i soldati e li sbriciolarono sotto gli zoccoli. La folla diede inizio a un serra serra soffocante; e in quella confusione non pochi furono coloro che tinsero la terra del loro sangue. Impressionati, alcuni corsero a riferire al re quanto avevano visto e udito, provocandone l’ira impaziente.
“Dal momento che non si lascia condurre in pompa magna, sia portata qui con la forza!”
Allora le guardie catturarono Hripsime, e un po’ trascinandola, e un po’ sollevandola di peso, la condussero nelle stanze del re. Là Tiridate apparve, mentre il popolo intonava per le strade augurali imenei. Ma il Signore Dio, ci informa Agatangelo, aveva ascoltato le suppliche della vergine, e le diede la forza di superare la prova. Sicché, davanti all’offerta di nozze, recisamente rifiutò. E allorché Tiridate ingaggiò con lei una lotta accanita, per soddisfare la sua passione, Hripsime, sostenuta dallo Spirito Santo, poté resistere con coraggio virile. E colui che era famoso per possedere una forza straordinaria, di cui aveva dato tante prove; colui che aveva riempito il mondo intero di stupore, e che nel suo paese aveva implementato il coraggio e il valore: ebbene, quest’uomo straordinario in tutte le cose, quel giorno fu battuto da una donzella. Finché, esausto e sfiduciato, ordinò di far venire Gaiana: alla quale fu imposto di convincere Hripsime con parole persuasive.
“Esegui la volontà del re, e vivrai!”
Gaiana acconsentì allora a parlare con l’amica; ma, avvicinatasi alla porta dietro cui Hripsime contrastava ancora Tiridate, pronunciò le note di un’altra persuasione:
“Figlia mia, ascoltami! Che Cristo ti risparmi una simile vergogna e venga in tuo aiuto. Mai sia, figlia mia, che tu rinunci alla beatitudine eterna, per i beni di una vita fugace, che è niente; che oggi è, e domani non sarà più.”
Nell’udire questi ammonimenti, coloro che intendevano il latino la trassero via, e le fracassarono denti e mascelle; senza che lei smettesse di insistere nel suo convinto refrain. E fu con quel timbro nella mente che Hripsime poté affrontare altri assalti del re: finché Tiridate, languido e stanco, cadde a terra sfibrato.
Allora Hripsime gli tolse le vesti e il diadema, lasciandolo nella sua vergogna. E dopo avergli lacerato il mantello, uscì dal palazzo, facendosi ala tra la folla, senza che nessuno osasse fermarla. Quindi, abbandonata la città dalla porta orientale, si recò alle cisterne, dove emise un grido di avvertimento alle compagne; e raggiunto un cumulo di sabbia vicino alla strada maestra, in ginocchio riprese a pregare.
Intanto i carnefici, brandendo torce, si erano già messi sulla sua pista; e una volta raggiuntala le legarono le mani. E siccome alla minaccia di tagliarle la lingua, Hripsime la esibì con spontaneo disprezzo, le guardie la denudarono; e conficcati quattro pali nel terreno, ve la fissarono mani e piedi. Poi ne ustionarono a lungo il corpo; le strapparono gli occhi; e la finirono con derisoria lapidazione.
“Così periscano tutti coloro che osano disprezzare la volontà del re!”
Quel giorno, insieme a lei, perirono ancora trentadue compagne; mentre un’altra, che per la sua infermità era rimasta nelle cisterne, fu finita a parte, mentre pregava.
“Sia resa gloria a te, o Dio benefico, che non mi hai esclusa dalla sorte delle mie consorelle. Ora tu, dolce e misericordioso Signore, accogli anche il mio spirito, e aggiungilo al numero delle sante martiri, insieme alla tua amata serva Hripsime.”
E anche il suo corpo, come tutti gli altri, fu gettato in pasto alle bestie della terra e del cielo. Ora all’appello mancava solo Gaiana. Né Tiridate sapeva ancora che sulla sua vergogna stava per scoccare un’ora ancora più drammatica.