Sono due gli eventi che ultimamente hanno fatto parlare della Francia: la respinta del ricorso contro il divieto al velo integrale nei luoghi pubblici da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’ex-presidente francese Nicolas Sarkozy che è stato messo in stato d’accusa per corruzione
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto il ricorso contro il divieto al velo integrale nei luoghi pubblici entrata in vigore in Francia l’11 aprile del 2011. La legge non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, hanno sancito i 17 giudici riuniti nella ‘Camera grande’ in una sentenza che ha valore definitivo. L’autrice del ricorso, una donna musulmana francese di 34 anni e di origini pachistane, aveva denunciato il divieto a indossare burqa e niqab “secondo quanto previsto dalla sua religione, dalla sua cultura e dalle sue convinzioni personali” come una discriminazione, una violazione della sua libertà di culto e della sua vita privata e familiare (il primo punto è stato respinto all’unanimità, gli altri due a maggioranza, con due giudici che hanno tenuto a spiegare il loro disaccordo in un allegato alla sentenza). La donna aveva sottolineato nel suo ricorso che “né il marito né alcun altro membro della sua famiglia” esercitava pressioni perché lei si coprisse il volto, che indossare il velo era una sua scelta, “per sentirsi in pace” con sé stessa. I giudici di Strasburgo hanno invece sottolineato che “il rispetto delle condizioni del ‘vivere insieme’ è un obiettivo legittimo” della legge e che, a questo fine, uno stato “dispone di un ampio margine di manovra”. La Corte ha quindi “accettato che la barriera sollevata contro gli altri da un velo che copre il viso è percepita dallo Stato come una violazione del diritto degli altri a vivere in uno spazio sociale che rende la vita in comune più facile”, ma nella sentenza ha riconosciuto che un Paese che avvia procedimenti per varare leggi di questo tipo “corre il rischio di contribuire al consolidamento degli stereotipi che colpiscono gruppi specifici di persone e di incoraggiare espressioni di intolleranza quando al contrario ha il dovere di promuovere tolleranza”.
Lo scorso mercoledì, dopo 15 ore di fermo, l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è stato messo in stato d’accusa per corruzione, traffico di influenze e violazione del segreto istruttorio. Il provvedimento è stato preso durante la notte dalla Procura nazionale per i reati finanziari. Sotto accusa altre tre persone: l’avvocato dell’ex presidente, Thierry Herzog, il magistrato Gilbert Azibert e un altro avvocato generale della Corte di Cassazione, Patrick Sassoust, che però non si è presentato davanti ai giudici. Gravi le accuse per Sarkozy che ora rischia fino a 10 anni e l’interdizione dai pubblici uffici: secondo gli inquirenti avrebbe cercato di ottenere da giudici informazioni riservate su un’inchiesta a suo carico in cambio di una carica di prestigio. È la prima volta che in Francia vengono disposti fermo e iscrizione nel registro degli indagati per un ex capo di Stato. L’avvocato di Thierry Herzog contesta il ricorso allo stato di fermo deciso nei confronti del proprio assistito e dell’ex presidente della Repubblica, e denuncia una “pressione psicologica” ingiustificata. “Avete a che fare con un avvocato, un alto magistrato ed un ex presidente della Repubblica. Non è gente che si metterà in fuga”, ha affermato Paul-Albert Iweins su Europe 1. “Non c’è nessun motivo di ascoltarli sotto questa pressione psicologica”. È usanza, prosegue poi, fare ascoltare un avvocato da un giudice di istruzione. Quanto alle diverse ore di fermo di Nicolas Sarkozy, “si tratta di una prima volta del tutto ingiustificata”. Herzog potrà riprendere la propria attività professionale, compresa la difesa di Sarkozy, assicura Iweins. Tranne che per quel che riguarda il dossier delle intercettazioni che lo riguarda e dal quale si deve ritirare per motivi deontologici. Ora che la difesa ha accesso all’insieme del fascicolo istruttorio, Iweins contesta la legalità delle intercettazioni telefoniche che sono alla base del provvedimento deciso nei confronti di Sarkozy. In particolare contesta le intercettazioni a carico del suo assistito Herzog, le cui conversazioni sono protette dal segreto professionale. Sulla base delle intercettazioni, i giudici sospettano Herzog e Sarkozy di aver tentato di ottenere illegalmente informazioni protette dal segreto istruttorio riguardanti il caso Bettencourt.