Dall’introduzione della libera circolazione delle persone il 2013 è stato un anno da record per l’immigrazione
Lo scorso anno l’immigrazione netta verso la Svizzera ha raggiunto la cifra di 66.200 cittadini (nel 2008 era di 61.200) provenienti dagli stati UE/AELS. Se si aggiunge chi è arrivato da stati terzi si ottiene un saldo migratorio internazionale di 88.000 persone. La libera circolazione delle persone ha portato importanti benefici alla Svizzera e ha permesso una crescita economica dell’impiego superiore alla media, che dimostra come l’economia svizzera si sia ripresa dalla crisi finanziaria del 2008. I motivi che hanno generato questo fenomeno sono in gran parte professionali. È quanto afferma il decimo rapporto della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) che ha valutato gli effetti dell’Accordo sulla libera circolazione (ALC) con l’UE sul mercato del lavoro svizzero.
Nella presentazione del rapporto Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, segretario di stato all’economia ha evidenziato gli effetti positivi dell’immigrazione: “È chiaro che quest’accordo ha rafforzato la competitività delle imprese svizzera.” La SECO ha anche aggiunto che la libera circolazione ha portato benessere e occupazione anche per i lavoratori indigeni. Un quadro che considera l’intera Svizzera e da questo punto di svista si è registrato uno sviluppo positivo sul mercato del lavoro, che ha permesso di mantenere la disoccupazione sui bassi livelli degli anni Novanta, anche se la SECO ammette differenze regionali, soprattutto in Ticino, dove la situazione è degenerata.
Rilevante dal rapporto come, dopo la crisi finanziaria, il flusso migratorio si è sposato verso gli stati meridionali. Dai paesi europei colpiti dalla crisi finanziaria europea, ad esempio la Spagna, si è avuto il reclutamento di lavoratori più massiccio. La metà degli immigrati provengono da questi paesi, mentre soltanto il 15% arriva dalla Germania, che per anni predominava il flusso. Inoltre gli immigrati dall’UE in confronto agli svizzeri possiedono un livello alto di qualifiche o uno più basso. Questo si spiega con l’esigenza dell’economia di reclutare personale qualificato o lavoratori stagionali meno qualificati. Quest’ultimi non possono però arrivare più da stati terzi. Dal 2002 il numero dei lavoratori è aumentato complessivamente di 624.000 persone (1.3% l’anno), di cui la metà sono lavoratori stranieri.
Anche l’andamento delle retribuzioni non ha subito scossoni e la curva generale dei salari registra una ripartizione degli stipendi equilibrata. Nonostante l’aumento della popolazione, i salari reali sono aumentati intorno all’0.7% dal 2002, un progresso rispetto all’0.2% degli anni Novanta. Senza erosioni anche gli stipendi più bassi, da ricondurre alle misure di accompagnamento che hanno prodotto l’effetto desiderato. I sindacati invece sono più prudenti e non vedono la situazione del tutto positiva, come è presentata nel rapporto. “La realtà è il dumping salariale o contratti falsificati in certe imprese per non rispettare i livelli salariali”, ha spiegato Daniel Lampart, direttore dell’economia dell’Unione sindacale svizzera. Situazioni problematiche sono riscontrate anche nei settori della sanità o del commercio al dettaglio, dove è quasi impossibile combattere il dumping.
Nel primo rapporto dopo la votazione del 9 febbraio sull’immigrazione, per la SECO il bilancio complessivo dal punto di vista dell’economia politica è positivo. Boris Zürcher, della direzione lavoro SECO ha ricordato la motivazione che ha portato all’Accordo sulla libera circolazione: “Il motivo centrale è stato la disponibilità di aumentare il personale qualificato. L’accordo, in questo punto, ha indubbiamente raggiunto l’obiettivo”. Il rapporto contrasta però con la volontà del popolo, che ha deciso di passare a un sistema di contingenti.
Gaetano Scopelliti