A marzo è nato il primo cane inglese clonato, la scorsa settimana Mini Winnie e l’“originale” Winnie si sono incontrati per la prima volta
‘Mini Winnie’, femmina di bassotto, segni particolari: clonata. È britannica, ma è nata il 30 marzo a Seul in Corea del Sud, il primo cane inglese ‘fotocopia’. La sua padrona Rebecca Smith, 29 anni, West London, ha partecipato a un concorso indetto dall’azienda sudcoreana Sooam Biotech, vincendo la possibilità di clonare la sua bassotta Winnie di 12 anni, per un valore di 60mila sterline. Autore della procedura il controverso scienziato Hwang Woo-suk, ‘papà’ nel 2005 del primo cane clonato nel mondo, Snuppy, e finito sotto i riflettori per la presunta clonazione di embrioni umani da cui estrarre staminali utili per lo studio di malattie. Studi poi bollati come un falso scientifico. ‘Winnie the Two’, come l’hanno ribattezzata i media britannici, è stata clonata a partire da cellule della pelle della prima Winnie. Utilizzando la tecnica che nel 1996 ha portato alla nascita della pecora Dolly, in Scozia, gli scienziati sudcoreani hanno impiantato il Dna di Winnie nell’uovo di un donatore, ottenendo un embrione che è stato poi trasferito in una madre surrogata. Secondo le leggi inglesi sulla quarantena, il cucciolo-fotocopia dovrà restare in Corea del Sud per sei mesi. Gli esperti avvertono che un cane clonato potrebbe avere una personalità e un carattere diversi rispetto all’esemplare di partenza. Ma Miss Smith è soddisfatta: “Mini Winnie – ha dichiarato – è identica all’originale”, Winnie venne donata a Miss Smith per il 18esimo compleanno e le ha aiutato a superare una fase di bulimia e depressione. La scorsa settimana, dopo i tempi previsti dalla legge inglese sulla quarantena, Mini Winnie e Winnie, tra cui ci sono dodici anni di differenza, si sono incontrate per la prima volta.
L’obiettivo della ditta Sooam Biotech sarebbe quello di clonare cani vecchi e vendere questo servizio ai clienti, questo è quanto è stato riportato dai media inglesi. In futuro questo servizio costerà circa 73’000 euro, dice la rivista “Guardian”. Il genetista Robin Lovell-Badge del National Insitute of Medical Research a Londra ha spiegato al “Guardian” che questo sarebbe “dissipazione assoluta di denaro” e questo per diversi motivi. Partendo dal punto di vista etico, ma anche dalle difficoltà legali e perfino perché sembra poco sensato, ricreare un animale amato tramite la clonazione, il genetista non tiene nessun conto a questo servizio. “Hai più o meno le stesse possibilità di ritrovare il tuo animale preferito in una pensione per gli animali, come se lo crei per clonazione”. Ritrovare un cane, che corrisponde alle proprie aspettative sarebbe perfino più possibile. La ragione sarebbe quella che non sono solo i geni che determinano il carattere, ma anche altre caratteristiche, come la nutrizione, hanno un’influenza sullo sviluppo del carattere. Sempre al “Guardian” Dusko Ilic, ricercatore nel campo delle cellule staminali del King’s College a Londra, ha spiegato: “Con il tempo le differenze tra i due cani aumenteranno sempre di più.” Inoltre Ilic ha accennato che gli animali clonati sarebbero più esposti al rischio di soffrire di malattie e avrebbero un’aspettativa di vita inferiore.
Il “papà” di Dolly a Pavia
A fine marzo, presso l’Aula Magna dell’Università di Pavia, si è tenuto un incontro con Ian Wilmut, Docente dell’Università di Edimburgo, noto per essere lo scienziato che creò il primo clone di un mammifero, la famosa pecora Dolly. Wilmut ha tenuto una lecture dal titolo “Da Dolly al trattamento delle patologie”, dando vita ad una discussione sulle prospettive aperte dalla clonazione, nel campo delle terapie cellulari per il trattamento di patologie umane, quali le malattie del motoneurone, la schizofrenia, alcune forme di cancro e l’insufficienza cardiaca improvvisa.
Wilmut durante l’incontro ha spiegato come i nuovi metodi di produzione di cellule staminali offrono straordinarie opportunità per lo studio dei meccanismi molecolari dell’ereditarietà delle malattie genetiche. Queste tecniche rendono possibile la produzione di cellule da pazienti identiche a quelle possedute alla nascita e, nel caso di pazienti con malattie ereditarie, il confronto di queste cellule e quelle di donatori sani consente di definire i cambiamenti responsabili della malattia e la messa punto di test per identificare nuovi farmaci per la malattia stessa. In linea di principio, queste ricerche sono applicabili a molte patologie ereditarie, tra cui le malattie del motoneurone, la schizofrenia, alcune forme di cancro e l’insufficienza cardiaca improvvisa. La lecture ha illustrato non solo il potenziale di queste nuove tecniche, ma anche il fatto che la loro ideazione abbia tratto origine da ricerche in un campo apparentemente molto distante: la clonazione di una pecora.