La Scozia è alla vigilia di una data che potrebbe far storia. Liberi e indipendenti o membri del Regno Unito. La società scozzese è divisa tra il sogno libertario e la consolidata realtà.
In Europa e nel mondo, la causa indipendentista di quel popolo suscita forti simpatie e altrettante preoccupazioni. D’altronde, il fenomeno non è nuovo. La moda è quella di piccoli paesi ricchi che pensano di vivere meglio e soli nei loro minuscoli mondi antichi. Lo pensano in tanti nelle valli della padania. In Alto Adige, i cittadini di lingua tedesca e ladina sono stati protagonisti , nel primo dopo guerra italiano, di una forte battaglia indipendentista condotta spesso con metodi terroristici. Il separatismo siciliano dominò per un decennio le cronache della politica italiana. Altrove, i baschi e i catalani lottano da tempo per un distacco dal centralismo madrileno, così come i corsi e i bretoni in Francia, i valloni in Belgio.
Cechi e Slovacchi si sono divisi pacificamente. In quella che fu la Iugoslavia, purtroppo, nel martirio del sangue e dell’odio etnico e razziale. Tralascio l’attualità dell’Est post sovietico, colmo di insidie per i cittadini europei. I francesi, anche per cause storiche dal sapore antico, seguono con malcelata simpatia la causa indipendentista scozzese. Viva la Scozia libera! Maria Stuarda, già regina di Francia e di Scozia, decapitata dagli inglesi nel 1587, sarà, infine, vendicata. Il leader indipendentista, Alex Salmond, sogna una Scozia bucolica, che vivrebbe di whishy, di energia eolica, e del festival di musica di Edimburgo. Meglio ancora, il si all’indipendenza , è un si di sinistra, eper una Scozia sociale nel segno della tradizione laburista di quel popolo. Una occasione di rivalsa su quei terribili londinesi cultori del liberismo thatcheriano. Poveri sognatori! La divisione, con la perdita di un terzo del suo territorio, porterebbe alla relegazione economica e politica del Regno Unito, ancora oggi membro di diritto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Lo spazio sognatore di un attimo che precede la catastrofe. L’Europa non abbisogna di divisioni senza fine. Alla vigilia della guerra del 1914, essa, contava diciannove stati nazionali. Siamo, a oggi, oltre i quaranta, nel mentre l’Unione europea dei ventotto è divenuta un mostro ingovernabile comparabile al passato impero austro ungarico o al Santo Impero germanico. Che è successo?
Dopo la grande guerra del 14-18 con l’estinzione degli imperi, l’Europa ha applicato il principio, non scritto, del grande presidente Wilson: il diritto dei popoli a disporre del loro destino con l’attenzione a limitare lo smembramento del continente favorendo la creazione di stati multinazionali quali la Cecoslovacchia e la Iugoslavia.
Il sogno della convivenza tra i popoli di diversa cultura si è volatizzato dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Small is beautiful: vince la moda dei piccoli paesi, ricchi e chiusi. Incapaci di pesare nel mondo globale, utilizzano la strategia detta della canoa: superare agilmente le rapide, come hanno fatto con successo paesi medio piccoli: Finlandia, Danimarca, Singapore, Cile e Nuova Zelanda. Piccoli, egoisti, etnicamente omogenei, pensano di poter finanziare da soli il loro generoso stato sociale sotto l’ombrello protettivo dell’Europa o di altre grandi potenze, senza pagarne il dovuto. La pace e il regno del diritto sono serviti, nelle mani di alcuni, Lussemburgo e Irlanda, fra gli altri, per praticare il libero dumping fiscale a spese della maggioranza dei popoli dell’Unione.
Se la loro pace sociale interiore è garantita, altrettanto non si può dire per l’esteriore. All’est si ode il fragore delle armi. Dal medio Oriente salgono le grida omicide del fondamentalismo islamico dell’ISIS. Un giorno, i paesi fondatori dell’Unione finiranno per stancarsi di finanziare la sicurezza europea. Occorre proteggere e garantire l’autonomia dei popoli salvaguardando e consolidando le grandi nazioni multiculturali. Il referendum scozzese può divenire, se avrà successo il sì, una sciagura per tutti. No a una Scozia indipendente. Non ne abbiamo bisogno.