Svizzera: le prossime votazioni popolari sono alle porte, vediamo quali sono i pro e i contro di Gaetano Scopelliti
Cassa malati unica o concorrenza?
L’obiettivo dei promotori è di frenare l’esplosione dei premi per le cure mediche.
I contrari evocano la qualità del sistema attuale L’inarrestabile esplosione dei costi della sanità negli ultimi anni incide sull’aumento dei premi assicurativi. È questo l’argomento principale che ha mosso il Partito socialista (PS), Verdi e organizzazioni dei consumatori e pazienti a lanciare l’iniziativa “Per una cassa unica pubblica”, che sarà in votazione il 28 settembre. Il testo chiede che l’attuale sistema privto sia sostituito da una cassa malati unica nazionale, che sarebbe istituita dalla Confederazione, avrebbe un’agenzia in ogni cantone, che fisserà i premi differenziati per cantone. Oggi in Svizzera tutti hanno l’obbligo di assicurarsi per le cure medico-sanitarie presso una delle 61 casse malati per l’assicurazione di base, che per legge non ha scopo di lucro. Se l’iniziativa sarà accettata le assicurazioni private dovranno limitarsi al settore delle assicurazioni complementari.
L’obiettivo principale dei fautori è frenare l’aumento dei premi e riportare i costi della salute sotto controllo. Secondo il comitato a favore una cassa nazionale garantirebbe una maggiore trasparenza sui tipi di premi ed eviterebbe continui aumenti e stima possibili risparmi sui costi burocratici provocati dai cambiamenti di cassa malati e sul marketing pubblicitario sui 700 milioni di franchi. Inoltre i costi del cambiamento sono stimati a 1.5 miliardi di franchi e sarebbero ammortizzati in pochi anni. Sulle cifre dei costi e dei rischi di un cambio di sistema non ci sono risposte concrete ai cittadini. Da uno studio dell’Istituto di Economia Sanitaria di Winterthur, su incarico di Alliance santé, emerge che il cambiamento comporterebbe alti costi, stimati tra 1.56 e 2.15 miliardi di franchi, recuperabili nell’arco di 22 anni. Per l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) i costi sono invece difficilmente quantificabili e dipendono tra l’altro dalle modalità concrete di attuazione dell’iniziativa. I costi supplementari di attuazione sono stati evocati anche dal governo e dal parlamento, che riconoscono la necessità di migliorare il sistema odierno, ma consigliano di respingere l’iniziativa. Un’unica cassa pubblica non permetterebbe più agli assicurati di scegliere liberamente tra varie casse malati né di cambiare compagnia assicurativa. Il Consiglio federale ha comunque avviato delle riforme per limitare ulteriormente la concorrenza indesiderata tra le casse e per aumentare la trasparenza delle finanze.
Contrari all’iniziativa sono anche i partiti di centro e di destra che fanno leva su simili argomenti. La scomparsa della concorrenza non incentiverà più le casse a contenere i costi e gli assicurati non avranno più la possibilità di cambiare cassa per cercare un premio più basso. Inoltre per contenere i costi sanitari servono altre misure, poiché una cassa pubblica è esposta ai rischi di un regime di monopolio. Gli avversari temono anche l’introduzione di premi unici per tutti, onde non sarebbero più possibili ribassi per bambini e altri modelli assicurativi. Argomenti che il comitato d’iniziativa respinge. A loro parere si tratta di una pseudo-concorrenza a scapito degli assicurati. Nel mirino ci sono i “buoni rischi”, vale a dire gli assicurati giovani e sani. I premi ridotti non saranno soppressi, ma sarebbero fissati a livello cantonale e calcolati in base ai costi dell’assicurazione, tenendo conto della particolare organizzazione sanitaria di ognuno di essi. Un’altra rivendicazione dei contrari è la funzionalità dell’attuale sistema, che soddisfa la maggioranza della popolazione ed è riconosciuto a livello internazionale per la sua qualità. Nella graduatoria della spesa sanitaria, la Svizzera si situa però ai primi posti, spesa che rappresenta l’11.4% del Prodotto interno lordo (Pil). I promotori si focalizzano su quest’argomento e prendono come esempio due assicurazioni pubbliche come l’AVS e la SUVA per il loro funzionamento esemplare. Questo modello varrebbe anche per la cassa malati pubblica e permetterebbe il controllo dei costi e garantirebbe buone cure mediche di base.
PRO
Porre fine alla pseudo – concorrenza fatta sulle spalle degli assicurati
Frenare lo sperpero dei premi
Garantire un buon sistema sanitario
Info: www.cassamalatipubblica.ch
CONTRO
Non produce risparmi ma burocrazia
Provoca voragini che i contribuenti dovranno risanare con le imposte
Mette sotto tutela pazienti e medici
Apre la strada al razionamento delle cure
Mette a rischio la libera scelta della terapia e del medico
Info: www.nocassaunica.ch
Armi pari per ristoranti e take-away
La ristorazione chiede un eguale tasso IVA per fronteggiare la penalizzazione fiscale.
La Confederazione non vuole però minori entrate fiscali Nel 1995 è stata introdotta l’Imposta sul valore aggiunto (IVA) con due aliquote diverse. Per i prodotti alimentari venduti dal commercio al dettaglio, tra cui i take-away, è stato imposto un tasso del 2.5%, mentre se gli alimentari vengono consumati nei ristoranti il tasoi è dell’8%. Il settore della ristorazione da alcuni anni è in crisi. I motivi sono diversi: la debolezza del turismo con meno pernottamenti o l’apprezzamento del franco svizzero, che porta i consumatori svizzeri a varcare la frontiera. La concorrenza è anche aumentata e ci sono troppi esercizi pubblici rispetto alla domanda, e molti sono in perdita. Il fattore che preoccupa maggiormente è l’abitudine della popolazione di consumare pasti rapidi al di fuori dei ristoranti per mancanza di tempo. Ciò accresce la concorrenza dei locali di asporto, che approfittano di un tasso d’imposta più basso. Una pizza nei take-away è tassata al 2.5% mentre se consumata al ristorante è tassata con l’8%. Per l’associazione dei ristoratori Gastrosuisse si tratta di concorrenza sleale e per fronteggiarla ha promosso l’iniziativa popolare “Basta con l’IVA discriminatoria per la ristorazione”, che sarà in votazione il 28 settembre. Gastrosuisse chiede lo stesso trattamento almeno sotto il profilo fiscale: il tasso di IVA imposto alle prestazioni della ristorazione dovrebbe essere in futuro uguale a quello applicato per gli alimenti venduti da take-away e dal commercio al dettaglio, fatta eccezione per le bevande alcoliche e gli articoli di tabacco.
La discriminazione sta nell’esempio della “Bratwurst” che accompagna la campagna del voto. Comprata al take-away ha la stessa preparazione come al ristorante, ma è tassata di meno, perché le autorità non riconoscono questi locali come ristoranti. Inoltre i limiti tra ristorazione e commercio al dettaglio spariscono sempre più: sia nei negozi sia nelle stazioni di servizio vengono offerti pasti preparati e anche caldi. Per questi motivi le prestazioni di chi vende alimentari devono essere assoggettate alla stessa aliquota d’imposta. Gastrosuisse non vuole comunque che i prezzi degli alimentari di prima necessità diventino più cari. Ma proprio questo scenario potrebbe avverarsi se l’iniziativa sarà accettata. Il Consiglio federale e il parlamento hanno raccomandato di respingere l’iniziativa. La riduzione dell’IVA comporterebbe minori entrate fiscali tra i 700-750 milioni di franchi. A farne le spese sarebbero anche l’AVS con circa 75 milioni di franchi e l’AI, con circa 40 milioni di franchi. Per compensare tali perdite il governo potrebbe aumentare l’aliquota ridotta dal 2,5 al 3,8 per cento, ma le due misure comporterebbero un maggiore onere fiscale sia per le economie domestiche a basso reddito sia per il ceto medio. Per un’economia domestica con 70.000 franchi lordi ci sarebbe un aggravio di 93 franchi nel caso di coppie con due figli e di 49 franchi nel caso di pensionati. Inoltre non si può giustificare l’aumento dei prodotti del commercio al dettaglio, perché sono considerati di prima necessità. In parlamento l’iniziativa è stata difesa quasi solamente dall’Unione democratica di centro (UDC). Per il partito di destra la ristorazione, insieme al settore alberghiero, è un pilastro importante per l’economia, che dà lavoro al 5% della popolazione attiva e questa forma di IVA “discriminatoria” pre¬giudica l’offerta di posti di lavoro e di formazione. Inoltre si favorisce la tendenza a mangiare un pasto rapido, meno equilibrato di quelli offerti nei ristoranti.
PRO
viene finalmente posta fine a una pesante iniquità fi- scale,
ovvero viene abolita la discriminazione dell’IVA subita ogni giorno da circa 2,5 milioni di ospiti,
viene potenziato il settore della ristorazione e vengono quindi garantiti circa 210’000 posti di lavoro e oltre 9’000 posti di apprendistato,
viene rafforzata la funzione sociale della ristorazione come punto di incontro per clienti fissi, eventi di quar- tiere, associazioni e club sportivi.
Info: www.basta-discriminazione-iva.ch
CONTRO
Mangiare a casa non deve costare di più
Si rischia un aumento dell’IVA di oltre il 50 per cento
Mangiare al ristorante costerebbe comunque come oggi Info: www.iniziativa-iva-no.ch