I fatti politici della settimana scorsa vanno messi a fuoco all’insegna del futuro, sia per la maggioranza che per l’opposizione.
La maggioranza ha potuto contare su un risultato per alcuni versi previsto: l’Ocse, l’organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, ha sentenziato che l’Italia è il Paese che recupera meglio rispetto alla crisi economica e rispetto agli altri Paesi. Il che ha fatto dire a Tremonti che “il tempo è galantuomo” e a Berslusconi che “abbiamo superato la Gran Bretagna”.
La notizia, era prevedibile in quanto i vari indicatori economici e i vari giudizi di esperti internazionali di economia avevano apprezzato le misure adottate dall’Italia e dal ministro Tremonti nel fronteggiare la crisi. Il premier, comunque, ha precisato che se il peggio è dietro le spalle, bisogna ancora lavorare per uscire dal tunnel.
Sempre nel campo della maggioranza, si è tenuto l’incontro tra il Pdl e l’Udc di Casini. È stato l’incontro dei sorrisi e della “rimpatriata”. Ufficialmente si sa solo che Berlusconi ha fatto il mea culpa dicendo chiaramente a Casini di aver sbagliato a scaricarlo come alleato del Pdl alla vigilia delle elezioni politiche del 2008 e che Casini ha ribadito la sua tabella di marcia che consiste nel “correre da soli” alle prossime elezioni regionali, scegliendo di volta in volta gli alleati in base alla realtà locale.
Casini ha tenuto a salvaguardare le mani libere e a puntare sulla costituzione di un grande centro con la forza – ancora tutto da costruire – di Francesco Rutelli, appena uscito dal Pd perché si sentiva a disagio con una politica che “guarda soprattutto a sinistra”.
Tuttavia, l’incontro ha lasciato soddisfatti sia il premier che Casini e i motivi sono evidenti: il primo ha incassato la disponibilità di Casini a dare una mano alla riforma della giustizia perché, ha detto il leader dell’Udc, “bisogna chiudere il lungo periodo di polemiche e di delegittimazione”; il secondo si è visto riconoscere la sua “centralità” nel sistema politico italiano. Più che un’alleanza organica (che non esiste e non può esistere o per lo meno non ancora), quella che i due hanno avviato sarà una collaborazione episodica, su temi precisi.
La riforma della giustizia sarà il terreno dove si verificherà il grado d’intesa. Berlusconi ha dichiarato che vuole una riforma “complessiva”, “non punitiva”, ma che, nello stesso tempo, contempli uno scudo contro l’assalto di alcuni magistrati, a Milano come a Palermo, che perseguono “evidenti attacchi contro la sua persona”, come ha detto Gianfranco Fini. Niccolò Ghedini, avvocato del premier, e Giulia Bongiorno, avvocato di Fini, stanno cercando di far quadrare gli equilibri servendosi della richiesta dell’Unione Europea secondo la quale un processo deve avere “una ragionevole durata”.
La disponibilità di Casini, comunque, è motivo di soddisfazione perché i suoi voti sulla riforma della giustizia possono far raggiungere anche i due terzi dei suffragi parlamentari, necessari perché una riforma costituzionale eviti il referendum confermativo.
Sul versante dell’opposizione, Pierluigi Bersani è diventato ufficialmente il nuovo segretario del Pd con un discorso senza eccessi in cui, però, ha ribadito la linea che intende dare. Innanzitutto una pacificazione interna; poi dichiarandosi pronto al “confronto in Parlamento” sulle riforme; e in terzo luogo mettendo da parte “la vocazione maggioritaria” del Pd per ripartire da una nuova alleanza tra tutte le forze di sinistra fino all’Udc di Casini.
Riguardo alla pacificazione interna, i primi atti sono la proposta (accettata e votata) di Rosy Bindi a presidente del Pd, la nomina di un vice segretario nella persona di Enrico Letta, la scelta di nominare Dario Franceschini – che ha accettato – capo dei deputati del Pd e la garanzia, offerta a Ignazio Marino, di rifiutare l’assenso al ritorno del nucleare in Italia. È difficile dire se Bersani riuscirà davvero a creare quel partito dell’alternativa che non demonizzi l’avversario politico. È chiaro, però, che la via è stretta. Sulla svolta nucleare, infatti, personalità non di secondo piano, come Chicco Testa, sono per un’offerta differenziata delle fonti di energia, tra cui il nucleare.
Sulla ricomposizione dell’alleanza delle forze di sinistra il rischio è quello della coperta tirata da una parte e dall’altra: se si guarda al recupero dei comunisti radicali si rischia l’emorragia a destra, se si guarda verso il centro sarà difficile avere l’appoggio delle varie formazioni di sinistra, senza contare che a sinistra ci sono varie anime che non intendono scomparire o rinunciare ad una loro autonoma esistenza.
Infine, per quanto riguarda la pacificazione interna, molto dipenderà dalle posizioni sui temi sensibili e sulla effettiva garanzia di pluralismo di opinione.
Al termine dell’Assemblea del Pd, a rompere il clima di unanimismo, è intervenuto Franco Marini che, dopo aver rassicurato sulla volontà di restare nel partito, ha aggiunto: “Mio figlio mi ha chiesto se ho le chiavi di casa di questo partito. Io ho qualche difficoltà a dire di sì, non le ho in tasca. La nostra area ha raccolto il 34% alle primarie e il 40% tra gli iscritti: se qualcuno pensa che sia marginale, vuol dire che credo che i suoi dirigenti siano dei coglioni”.
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