Punizione corporale: leggi svizzere leggermente al sopra di quelle dei paesi del terzo mondo
Questa è la conclusione della ricerca effettuata da “Global Iniziative to End All Corparal Punishment of Children”. L’organizzazione ha analizzato l’impegno di introdurre divieti di violenze contro bambini a livello mondiale. Gran parte dei paesi europei ha già una legge che proibisce la punizione corporale di bambini, come esempio la Germania, la Danimarca, l’Albania, Liechtenstein, Lussemburgo e l’Olanda. Già 37 leggi corrispondenti sono state messe in atto, mentre dovrebbero seguire altre 46. Siccome in Svizzera il classico ceffone educativo non è espressamente proibito, il nostro paese figura tra paesi come l’Eritrea o l’Arabia saudita, che non prestano la giusta attenzione alla problematica. Questa posizione inoltre sarebbe frutto di una decisione che risale a novembre del 2012. Nel quadro di un esame del Consiglio dei diritti umani alla Svizzera era stato consigliato di emanare un divieto esplicito, sostenendo però che la legge vigente del codice penale sarebbe sufficiente, la Svizzera ha respinto il consiglio. Ma la Confederazione non è la sola a godere di questo primato. In tutto, a parte la Svizzera, ci sono 29 paesi sulla lista rossa, di cui ben cinque si trovano in Europa. I cinque paesi sono: Italia, Belgio, Repubblica Ceca, Georgia e Gran Bretagna. Il 2 dicembre del 2008 il Consiglio nazionale ha respinto un’iniziativa parlamentare per una protezione migliore sui bambini dalla violenza dell’ex-Consigliera nazionale Ruth Gaby Vermot, con 102 voti contro 71. L’iniziativa voleva stabilire per legge un’educazione senza violenza. La Fondazione Svizzera per la Protezione dell’Infanzia come altre organizzazioni per bambini hanno sostenuto fortemente l’iniziativa e hanno espresso il dispiacere per il rifiuto così: “Secondo la Fondazione è stata persa una grande chance per proteggere meglio i bambini per legge.”
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Di una legge più severa in merito alla protezione di bambini si sta occupando anche la Fondazione Svizzera per la Protezione dell’Infanzia che si impegna per leggi che garantiscono una maggiore protezione dei minorenni in Svizzera. Nella sessione autunnale di quest’anno, infatti, la Fondazione chiede di esaminare se la legge vigente del codice penale ha la capacità di seguire abusi penali e se protegge abbastanza i bambini. Si parla concretamente del “Grooming”, l’abuso e molestie sessuale tramite internet. Si distinguono due fenomeni parlando di Grooming, il primo in cui i colloqui su internet hanno come scopo un incontro e atti sessuali organizzati da adulti con minorenni. Il secondo riguarda anche il solo atto di colloquiare con il minorenne sul sesso e quindi molestarlo sessualmente via internet, tramite ad esempio chat o messaggi. Secondo quanto riferisce la Fondazione, la polizia ha dichiarato che di regola dura meno di tre minuti finché un bambino viene molestato sessualmente in una chat-room su internet, siti di chat, nota bene, che si rivolgono a bambini di meno di 15 anni. Secondo la Fondazione dopo un breve “Ciao, come stai?”, seguono subito domande sull’aspetto fisico fino a domande su esperienze sessuali. Spesso i bambini vengono spinti a fare atti sessuali davanti alla videocamera.
La legge vigente prevede punizioni per l’avvio di contatto sessuale da adulti con minorenni che hanno come scopo un incontro e l’abuso sessuale. È necessario però che sia accertato che l’adescamento sia mirato al fine di un incontro e l’abuso. Seguirebbe quindi una denuncia per il tentativo di un atto sessuale con un minorenne oppure l’abuso. La Convenzione di Lanzarote, ovvero la protezione complementare che è assicurata attraverso il Consiglio europeo della Convenzione sulla protezione dei bambini contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, esorta gli stati membri di mettere sotto punizione le molestie sessuali e l’avvio di un contatto con motivazione sessuale. Le molestie sessuali possono essere fatte tramite telefono, internet, chat etc. e non ha importanza se il bambino è presente fisicamente. Secondo la Fondazione proprio lì ci sarebbe una lacuna nel codice penale svizzero, perché la polizia in casi di indagini preventive non può intervenire. Il problema sarebbe inoltre che spesso i bambini non sporgono denuncia e quindi gli “pedo-sessuali” possono continuare tranquillamente in rete.