L’Isis ha accumulato straordinarie risorse economiche che gli consentono di dominare e fortificarsi in estese aree della Siria e dell’Iraq
La guerra contro l’Isis in Siria e Iraq prosegue, e i miliziani non sembrano vicini ad una resa. Anzi, secondo alcune fonti l’Isis avrebbe radunato ‘fino a 10mila combattenti’, pronti a sferrare un attacco contro il nemico occidentale. Ma come fa il califfo Abu Bakr al-Baghdadi a finanziare gli atti della sua strategia politica? L’Isis ha infatti accumulato straordinarie risorse economiche che gli consentono di dominare e fortificarsi in estese aree della Siria e dell’Iraq, anche formando alleanze con le varie tribù ed altri gruppi che abitano queste regioni. Alla base di tutta questa ricchezza c’è il petrolio.
Il petrolio dell’Isis è infatti nel mirino degli Usa, che nelle sue missioni militari ha colpito proprio le raffinerie siriane. Secondo una fonte israeliana citata da Haaretz, l’Isis ha in mano il controllo di zone con 60 pozzi di petrolio attivi, dai quali ricava dai 3 ai 6 milioni di dollari al giorno. Una cifra considerevole che permette di provvedere alla continuazione della guerra per la costruzione del Califfato.
Nel mese di giugno 2014, i file presenti nel computer di un corriere per lo Stato islamico catturato poco dopo la caduta di Mosul, ha rivelato che il gruppo aveva patrimonio di 875 milioni dollari, in gran parte acquisita proprio nel saccheggio di Mosul e della sua banca centrale. La dimensione del conto bancario del gruppo è salita, oggi si stima in 2 miliardi di dollari, grazie in parte ai ricavi provenienti dai riscatti pagati per gli stranieri rapiti, oltre che dai saccheggi. Le attività commerciali del Califfato terrorista comprendono anche derrate alimentari, come oggetti d’antiquariato e reperti archeologici. Tuttavia il petrolio rimane fonte primaria di reddito del gruppo. Difatti, Isis, può contare su un’economia decisamente ricca, tanto che controlla alcune filiali della banca centrale siriana, oltre a varie imprese, coltivazioni e pozzi di greggio. È una organizzazione potente, la sua economia è diversificata. I soldi vengono anche dalle ‘tasse’ estorte a una popolazione di otto milioni di persone, dai riscatti dei rapimenti e da finanziamenti occulti da parte di ricchi sostenitori arabi e non.
Chi compra il petrolio dell’Isis? I contrabbandieri sono contenti di lavorare con i miliziani dell’Isis perché il gruppo terroristico vende il suo petrolio a buon mercato. Un barile di petrolio che di solito è venduto per oltre 100 dollari, può essere scontato fino al 75%. Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite denuncia che ci sono almeno 15mila stranieri, provenienti da 80 Paesi, tra le fila dello Stato islamico (Is) in Siria e in Iraq. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite inoltre parla di “un dato senza precedenti” riferendosi al numero di stranieri tra le fila di un gruppo jihadista e “anche di Paesi che finora non avevano nulla a che fare con al-Qaeda”. Tra questi anche le Maldive e il Cile. I numeri diffusi dalle Nazioni Unite superano le stime dell’intelligence americana sui jihadisti stranieri. “Dal 2010 i combattenti stranieri sono aumentati notevolmente e crescono ancora”, si legge nel rapporto stilando dalla commissione del Consiglio di sicurezza Onu che monitora le attività di al-Qaeda. “Ci sono jihadisti stranieri provenienti dalla Francia, dalla Federazione russa, dal Regno Unito e dall’Irlanda del nord che combattono insieme”, spiega il rapporto. Si ritiene che oltre 500 cittadini britannici siano andati nella regione dal 2011.