Votazioni federali del 30 novembre 2014, vediamo i tre oggetti in votazione nel dettaglio, i pro e i contro e i risultati dei primi sondaggi
di Gaetano Scopelliti
Via i privilegi fiscali per i ricchi stranieri
I ricchi contribuenti stranieri in Svizzera, che non esercitano un’attività lucrativa, beneficiano di forfait fiscali. Il sistema è un’imposta tagliata su misura che è calcolata sul totale delle spese annue per il mantenimento del tenore di vita e sul dispendio dei contribuenti e non sulla sostanza e sul reddito. I contribuenti tassati in modo forfettario sono inferiori all’1 per mille (5445 persone) che nel 2012 hanno generato un gettito fiscale di quasi 700 milioni di franchi. Il Consiglio federale per migliorare l’equità fiscale ha inasprito le condizioni e aumentato la base di calcolo, che entreranno in vigore dal 2016, ma l’iniziativa popolare “Basta ai privilegi fiscali dei milionari” chiede di abolire completamente l’imposizione secondo il dispendio introdotta nel 1862 nel canton Vaud.
L’iniziativa è stata lanciata dal movimento politico La Sinistra, sostenuta da PS, Verdi e sindacati, perché ritengono che i privilegi fiscali siano ingiusti, non trasparenti e contrari al principio costituzionale dell’uguaglianza dei diritti. Contrari i partiti di destra e del centro che invece temono una considerevole perdita di entrate fiscali, di posti di lavoro e di attrattività della Svizzera. Secondo il presidente del PS Christian Levrat, si tratta di “un’ingiustizia che crea malumore in Svizzera”. Una persona della classe media paga più imposte di un milionario straniero, ammonisce il comitato contro. Inoltre non esiste il rischio che questi contribuenti lascino in massa la Svizzera, come nel caso del Canton Zurigo che ha abolito questo sistema d’imposta sotto pressione popolare. Nel comune di Küsnacht 13 contribuenti forfettari su 19 hanno lasciato la cittadina zurighese, ma secondo il sindaco la loro perdita ha avuto un impatto finanziario limitato. Finora cinque cantoni hanno abolito i forfait fiscali: Zurigo, Sciaffusa, Appenzello Esterno, Basilea Campagna e Basilea Città, che non hanno lamentato perdite fiscali esorbitanti. Gli oppositori affermano che non si tratti di un sistema ingiusto. I ricchi stranieri non portano solo soldi al fisco ma investono nell’economie locali, acquistando immobili, frequentano ristoranti o impiegando le imprese locali per i servizi. Inoltre l’iniziativa è un attacco al federalismo e alla sovranità dei cantoni, che colpirebbe soprattutto quelli che non sarebbero in grado di colmare il divario di ricchezza per la partenza dei suoi stranieri ricchi. I cantoni latini e alpini sono i più a rischio, come il Vallese (1274 contribuenti) che perderebbe oltre 434 milioni di franchi. In gioco ci sarebbe anche la perdita di “22.000 posti di lavoro legati all’imposta”, secondo Jean-Francois Rime dell’UDC che si basa su una stima dell’ Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC). In difesa dei forfait fiscali si sono schierate entrambi le camere del parlamento. Il primo sondaggio di gfs.berna mostra la tendenza ad accettare l’iniziativa con il 48% di favorevoli e il 36% di contrari e il 16% di indecisi. L’iniziativa è di origini di sinistra e nelle ultime votazioni queste hanno avuto poche possibilità. Ma i risultati mostrano come le classi medie sia di sinistra sia di destra simpatizzino per la proposta sentendosi in qualche modo svantaggiate dalle imposte e dunque non sono da sottovalutare. La votazione ruota anche intorno alla provenienza cantonale.
ECOPOP inutile e illogica
Il 30 novembre il popolo svizzero si esprimerà sull’iniziativa popolare “Stop alla sovrappopolazione – sì alla conservazione delle basi naturali della vita”, promossa dall’Associazione ecologia e popolazione (ECOPOP). Il testo chiede di introdurre un limite massimo fisso all’immigrazione a salvaguardia dell’ambiente. Secondo l’iniziativa la popolazione residente permanente non potrà crescere di oltre lo 0,2% annuo nell’arco di tre anni. Inoltre l’iniziativa impone alla Confederazione di investire nella promozione della pianificazione famigliare volontaria. Sono provvedimenti che richiedono il 10% dei fondi previsti per la cooperazione allo sviluppo. Alec Gagneux, membro del comitato, afferma che “l’obiettivo è di contribuire a una qualità di vita sostenibile in Svizzera”, mentre la pianificazione famigliare “è un diritto umano”. I paesi industrializzati sono egoisti e non danno prova di interesse a risolvere i problemi delle popolazioni nei paesi in via di sviluppo. Lo scenario che temono gli iniziativisi è una Svizzera con oltre 13.5 milioni di abitanti nel 2050 senza avere accentuato i problemi ecologici. ECOPOP è stata fondata negli anni ’70 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto della crescita demografica sull’ambiente e si è cimentata per la prima volta con un’iniziativa popolare.
Fino ad oggi però non si sono evidenziati sostenitori e l’iniziativa è fortemente criticata da sinistra a destra con tutti i grandi partiti che si sono schierati contro. Anche il governo e il parlamento consigliano di bocciarla. Il ministro della giustizia Simonetta Sommaruga ha spiegato che “ECOPOP non risolve alcun problema, anzi avrebbe conseguenze negative per l’economia svizzera”. Lo 0.2% annuo nell’arco di tre anni permetterebbe solo a circa 16.000 persone (un quarto dell’immigrazione netta attuale) di immigrare in Svizzera. “Anche se il potenziale della forza lavoro svizzera fosse esaurito, la drastica riduzione non basterebbe a colmare le lacune del fabbisogno di lavoratori necessari”, ha aggiunto Sommaruga. Inoltre l’iniziativa è ecologicamente illogica, perché i problemi non si risolvono con la limitazione dell’immigrazione. Per le associazioni ecologiche come Greenpeace, WWF o Pro Natura, che lottano contro i problemi ecologici in Svizzera, è un dilemma, ma nonostante interessi comuni si distanziano chiaramente dall’iniziativa. ECOPOP combatte solo i sintomi e limitare l’immigrazione è la via sbagliata, perché all’ambiente non importa se una persona consumi troppe risorse in Svizzera o in un altro paese. Inoltre i vertici vogliono evitare l’etichetta di “ostilità contro gli stranieri”, anche se ECOPOP si distanzia da posizioni xenofobe o razziste. Il poco sostegno arriva da tre consiglieri nazionali e dall’indipendente Thomas Minder, consigliere agli Stati. Neanche l’UDC, di solito sensibile ai temi sull’immigrazione, pone il suo sostegno, forte dell’approvazione della sua iniziativa contro l’immigrazione di massa. Quest’ultima potrà giocare a sfavore di ECOPOP, perché molti elettori saranno più consapevoli sulle ripercussioni negative di un “sì” sugli accordi bilaterali. Anche il primo sondaggio di gfs.berna dà poche possibilità all’iniziativa che raccoglierebbe il 35% dei consensi, contro il 58% di contrari e il 7% di indecisi.
L’oro svizzero è ancora affidabile?
Tra il 2000 e il 2008 la Banca nazionale Svizzera (BNS) ha venduto, in seguito al declino dell’oro negli anni ’90, oltre la metà delle riserve auree che ammontavano a 2.590 tonnellate. In una prima fase 1.300 tonnellate, i cui proventi sono stati ripartiti tra cantoni (due terzi) e Confederazione. In una seconda fase ha venduto 250 tonnellate per rafforzare le proprie riserve valutarie. Inaccettabile, secondo tre rappresentanti della destra conservatrice, i deputati Luzi Stamm e Lukas Reimann e l’ex deputato Ulrich Schlüer, che hanno lanciato l’iniziativa popolare “Salvate l’oro svizzero”. Il testo chiede tre nuove regole alla BNS.
Innanzitutto l’istituto di emissione non potrà più vendere alcun lingotto d’oro, entro cinque anni dovrà detenere una quota d’oro del 20% dei suoi attivi e infine tutte le riserve d’oro dovranno essere conservate in Svizzera. I promotori spiegano la loro iniziativa argomentando che “l’oro è molto più resistente di valute internazionali come l’euro e il dollaro”, com’è stato dimostrato nelle recenti turbolenze finanziarie. È un patrimonio nazionale da salvaguardare, secondo Stamm. Per questo si deve vietare alla BNS di liquidarlo rendendo invendibile l’oro depositato nei sotterranei dell’istituto. Attualmente le riserve corrispondono al 7.5% degli attivi. Poche per i promotori, che vorrebbero alzare la quota al 20%. La terza richiesta di conservare tutte le riserve d’oro in Svizzera si basa sull’impossibilità di “riportare in Svizzera l’oro depositato all’estero in caso di una grave crisi” ha spiegato Stamm. Il 30% delle scorte sono collocate all’estero: in Inghilterra (20%) e in Canada (10%). Argomenti che non hanno convinto parlamento e governo che invitano a respinge l’iniziativa. Il ministro delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha spiegato che l’iniziativa “sopravvaluta l’importanza dell’oro”, che ha perso molto del suo valore (il 30% nel 2013) e non frutta più interessi. Il divieto di vendere l’oro è un errore, poiché limiterebbe l’indipendenza e la capacità operativa della BNS, che opererebbe soltanto con l’80% dei suoi attivi. Inoltre servirebbero 60-63 miliardi di franchi per acquistare il metallo giallo per arrivare al 20%. Un “sì” all’iniziativa porterebbe alla perdita di posti di lavoro e procurerebbe buchi nelle casse dei cantoni e della Confederazione.
Il governo difende anche il 30% dell’oro situato all’estero, che permetterebbe alla BNS, in caso di crisi, di disporre delle proprie riserve in altri luoghi, potendo operare su altri mercati. Tra i tre oggetti in votazione quella sull’oro ha riscontrato fino ad oggi poca attenzione. Ciò si rispecchia nel primo sondaggio gfs.berna che vede entrambi i fronti quasi in parità e nessuno che abbia raggiunto la maggioranza. Il 44% approverebbe l’iniziativa contro il 39% di contrari, mentre il 17% di indecisi sarà l’ago della bilancia, visto che il processo di formazione dell’opinione non è ancora avanzato.