È a base di ricciola il piatto da servire per una parziale prevenzione e protezione dall’invecchiamento cerebrale
In Svizzera sono circa 2700 le persone fra i 45 e i 64 anni che convivono con la forme di demenza comunemente conosciuta con il nome di Alzheimer. Si tratta di una patologia, descritta per la prima volta nel 1906 dal suo scopritore Alois Alzheimer (da cui il nome), che riguarda la progressiva perdita di cellule cerebrali che a sua volta porta a un lento declino delle facoltà mentali. Chi soffre di questa malattia inizia ad accusare sintomi come disturbi della memoria e dell’orientamento, difficoltà nel trovare le parole, un progressivo rallentamento del pensiero e delle azioni fino ad arrivare alla perdita di controllo, all’alterazioni della personalità, disturbi del linguaggio, disturbi motori e altro. Purtroppo ancora si conosce troppo poco di questa malattia, non si capisce ancora cosa faccia scattare queste alterazioni patologiche né come fermare l’avanzamento dei sintomi, però esistono diversi comportamenti e abitudini che ci possono aiutare a prevenire l’arrivo della malattia o terapie di diverso tipo che consentono ai pazienti di rimanere autonomi più a lungo.
Un’ultima scoperta riguarda in modo particolare la possibilità di intervenire modificando le abitudini alimentari, o meglio aumentando l’introduzione di determinati alimenti che, sembra, intervenire in maniera positiva sull’invecchiamento cerebrale. In maniera particolare si tratta del pesce azzurro, nella fattispecie della ricciola, additata come alimento che aiuta nella prevenzione e nel rallentamento delle demenze come l’Alzheimer. A suggerire la via alimentare insieme ad altre forme alternative di intervento contro il decadimento cognitivo è un gruppo di ricercatori che con i loro studi hanno dimostrato l’esistenza di un legame diretto tra alterazione nel metabolismo del rame e sviluppo della malattia di Alzheimer, riuniti in occasione del Congresso internazionale “Approccio non convenzionale alla malattia di Alzheimer: dalla ricerca alla cura” promosso dal Policlinico Gemelli di Roma e dall’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina.
Oltre all’importanza del movimento e dello sport che è importante praticare almeno nella quantità di due ore a settimana, si sa che, tra le indicazioni alimentari e gli stili di vita, soprattutto negli anziani, è consigliata una dieta ricca di verdure e frutta fresca, l’introduzione una dose adeguata quotidiana di vitamina E (presente in semi, spinaci ed altri vegetali a foglia larga) e vitamina B12 (efficace anche nella forma di integratore), controllare che le vitamine assunte non contengano né rame né ferro, ridurre i grassi saturi (come quelli contenuti nelle carni rosse). Adesso, attraverso gli studi condotti dal gruppo di ricercatori e grazie alla collaborazione dello chef pluristellato Heinz Beck si è arrivati perfino a formulare la ricetta perfetta a base di pesce azzurro, la ricciola, marinata all’aceto balsamico bianco con neve di melograno. “Si tratta di una ricetta a basso contenuto di rame, ricco di acidi grassi omega 3 e di vitamine importanti – spiega Giacinto Miggiano, Direttore dell’Unità di Dietetica del Policlinico Gemelli- che tiene conto dell’esigenza di adottare, soprattutto per le persone considerate a rischio di sviluppare malattia di Alzheimer, uno stile alimentare che possa aiutare nella prevenzione e nella terapia di alcune forme della malattia”.
“La vera novità degli ultimi studi – aggiunge Rosanna Squitti, ricercatrice del Fatebenefratelli all’Isola Tiberina – sta proprio nel fatto che, nelle persone che manifestano un dismetabolismo del rame, con una semplice dieta, è possibile modificare la concentrazione di rame “tossico” (non-ceruloplasminico) nel sangue al fine di prevenire l’accelerazione del processo neurodegenerativo”. La ricetta è stata presentata al presso il Centro Congressi Europa dell’Università Cattolica nell’ambito del Congresso “Approccio non convenzionale alla malattia di Alzheimer: dalla ricerca alla cura” promosso dall’Istituto di Neurologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma e dall’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina. “Lo studio degli aspetti nutrizionali, dei micronutrienti e delle metodiche non invasive di stimolazione cerebrale – conclude Paolo Maria Rossini, Direttore dell’Istituto di Neurologia dell’Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli – sono divenuti campi di particolare interesse sia per spiegare i meccanismi della malattia di Alzheimer sia nel fornire un approccio innovativo rispetto al recente passato per la prevenzione e terapia di questa malattia”. Al convegno si sono riuniti numerosi esperti internazionali per fare il punto sui nuovi approcci diagnostici e terapeutici alla patologia neurodegenerativa. Scopo è quello di aggiornare operatori sanitari del campo delle neuroscienze (medici e psicologi) nonché operatori di laboratorio (biologi e chimici) e professionisti dell’informazione medico-scientifica sullo stato dell’arte riguardo a epidemiologia, diagnosi e terapia convenzionale, ma – soprattutto – di aprire una finestra sull’approccio non-convenzionale della ricerca scientifica sulla malattia di Alzheimer.