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Divorzio

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tebaldiMinivocabolario di Paolo Tebaldi

Scioglimento legale del matrimonio che avviene in seguito a gravi conflitti psicologici, caratteriali, dei sentimenti, economici o di altra natura, tali da rendere ormai insopportabile la vita dei due partner. Ammesso in quasi tutti i popoli di ogni epoca, è invece rifiutato da alcune religioni tra cui quella cattolica. Sul piano giuridico è tutelato il mantenimento di determinati diritti patrimoniali a favore del coniuge riconosciuto più debole. La cura e l’educazione della prole sono di solito affidati ad uno o ad entrambi i genitori tenuti a garantire uno sviluppo psicofisico dei figli non turbato da traumi, drammi, sofferenze, come, purtroppo, sovente avviene quando la rottura della coppia non è consensuale e si accompagna a litigi, incomprensioni, rancori.

In senso figurato usiamo questa parola per indicare distacco, allontanamento, divergenza o per sostenere concezioni intellettuali, atteggiamenti etici di ripudio, insofferenza: divorzio tra scienza e fede, tra amore e dovere, tra due amici, tra un giocatore e la propria squadra. Il divorzio, come separazione del vincolo matrimoniale, appare già nel Vecchio Testamento, nelle tradizioni ebree e in quelle greche. Nel VII secolo a.C., a Gortina nel’isola di Creta, troviamo un istituto che potremmo definire femminista perché concedeva alle donne la scelta del marito, l’apparizione in giudizio da sole, la gestione personale delle prerogative economiche. Nell’ordinamento romano il divorzium era contemplato quando venivano meno le condizioni di convivenza dei coniugi; molto raro durante tutto il periodo repubblicano, era invece assai frequente ai tempi di Cesare e di Augusto. Costantino e gli imperatori cristiani lo limitarono drasticamente. La Chiesa di Roma dovette mitigare la sua intransigenza al riguardo e solo dopo il Mille fece affermare il principio dell’indissolubilità del matrimonio.

Se ai giorni nostri il divorzio è consentito praticamente in tutto il mondo, i provvedimenti che lo sanzionano differiscono tra loro in modo abbastanza considerevole. In Italia è entrato in vigore il 1° dicembre 1970, nonostante l’opposizione della DC e il Referendum abrogativo del 1974 che ne chiedeva l’abolizione. La legge prevedeva una procedura complessa, caratterizzata da un lungo periodo di separazione coniugale e da vertenze giudiziarie. Oggi, il recente decreto di riforma del governo, uscito nella Gazzetta Ufficiale, introduce la «negoziazione assistita» che non contempla più l’intervento del giudice, ma il ricorso ad un avvocato per ottenere, entro sei mesi, la divisione consensuale.

In Svizzera la legislazione del 1917, la più vecchia d’Europa, ha subito numerosi e importanti cambiamenti nel 2000 e anche in seguito al codice civile processuale del 1° gennaio 2011, che ha sostituito i 26 precedenti disposti cantonali. Le novità riguardano il potere di pronunciamento del giudice indipendentemente dalla colpa di uno dei due sposi; l’obbligo per il magistrato di sentire i figli durante la causa;l’opposizione di una delle parti se non sono passati due anni dal momento dell’introduzione del processo; la facoltà della donna di riprendere, dopo un anno dall’annullamento del rapporto nuziale, il suo cognome da nubile; la suddivisione dei rispettivi averi comprese le prestazioni di libero passaggio del 2° pilastro accumulate durante il matrimonio.

Esiste nella Confederazione Elvetica un tipo particolare di divorzio, chiamiamolo fittizio: quando una coppia sposata finisce l’attività lavorativa per raggiunti limiti di età, la somma delle due rendite individuali non può essere superiore al 150 per cento di quella massima (Fr. 3’510). Se la supera, viene calcolato per ciascun coniuge un reddito inferiore. Perciò non sono pochi i mariti e le mogli che, in occasione del pensionamento, si lasciano sul piano giuridico, ma rimangono compagni felici e contenti.

In Italia, in Svizzera, nelle nazioni attraversate da gravi crisi economiche, aumentano sempre di più i casi di divorzio. Per incompatibilità di carattere, per gelosia, sfiducia, stanchezza, persino per futili motivi.  Diventa difficile, penoso restare insieme quando una relazione a due esaurisce gli stimoli e i valori affettivi, la stima, la comprensione, la reciproca attrazione fisica e intellettuale. Della criticità di simile condizione si è reso conto anche papa Francesco che ha aperto, nelle austere mura del Vaticano e nell’universo dei credenti, un intenso dibattito sull’opportunità di concedere il sacramento della Comunione a chi si è separato. Quando le alte gerarchie della Chiesa cattolica si decideranno a considerare il divorzio non più un peccato mortale, un legame indissolubile, ma una dolorosa decisione resasi inevitabile e liberamente e consapevolmente presa da una coppia non più unita dall’amore, allora potremo credere nella rivoluzione e nei miracoli.

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