Minivocabolario di Paolo Tebaldi
Compleanno, genetliaco, anniversario. E’ aggettivo e sostantivo maschile e si riferisce al luogo o al giorno in cui si è nati: la terra, la città natale. Con la locuzione «Natale di Roma» si cita la leggenda secondo la quale la fondazione dell’Urbe avvenne il 21 aprile 753 a.C. Quando questa parola si adopera con la lettera maiuscola richiama la solennità della nascita del Salvatore e la festa con cui i cristiani la ricordano. Quindi il 25 dicembre è la ricorrenza contrassegnata per i credenti da sentimenti di gioia, di devozione, di fede. Si è radicata nei secoli la consuetudine di allestire per tale circostanza, nelle chiese e nelle abitazioni private, il presepe, rappresentazione plastica della natività di Gesù, con la grotta, la mangiatoia, il buie, l’asinello, Maria, Giuseppe, i pastori e i Re Magi, costruiti con diversi materiali e il cui modello più significativo è quello vivente realizzato da San Francesco d’Assisi nel 1223. Non proprio d’origine religiosa sono sia l’addobbo dell’Albero di Natale, l’abete carico di palline colorate, di ornamenti, strenne e decorazioni, sia l’immagine fantastica di Babbo Natale, che, con una lunga barba bianca, stivaloni, cappuccio, giubba e pantaloni rossi, la notte di Natale, su una slitta trainata da renne, porta i regali ai bambini, richiami augurali, nell’immaginario collettivo, di agiatezza per l’intero anno. A lui simile è Sankt Nicolaus, conosciuto già dal 1500 in Svizzera e nelle località tedesche, dove distribuisce doni ai pargoli il 6 dicembre. Data in cuì morì, nel 345, un personaggio veramente esistito, San Nicolao appunto, nato nell’attuale Turchia, diventato vescovo molto giovane, imprigionato e torturato. Tipica del periodo natalizio e molto popolare in tutta Italia è la Befana, la simpatica vecchietta che volando su una scopa sgangherata si cala dai tetti e nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, riempie di caramelle, dolci, frutta secca e minuscoli giocattoli le calze lasciate sotto il camino o accanto alle finestre dai fanculli, con l’affettosa complicità dei genitori.
Il detto «Natale coi tuoi, Pasqua con chi vuoi» va oltre la dimensione ecclesiale ed esalta la tradizione di trascorrere il 25 dicembre in armonia con tutti, ma in particolare rinsaldando, in casa, i vincoli di amore, di amicizia, di stima, di rispetto e quindi valorizzando l’importanza della famiglia. Il ciclo liturgico incentrato sulla natività del Signore nacque tra il 243 e il 336 a Roma; da qui si diffuse, nello stesso secolo, anche in Oriente. Secondo alcune ricostruzioni storiche, esso sarebbe avvenuto per opporsi alla festa pagana che nel medesimo giorno celebrava l’apparizione di Mitra, il Sole invitto, divinità indo-europea, figura centrale del culto teologico che lo erigeva a luce celeste, origine del mondo e certezza di una vita immortale. D’altra parte, se ci soffermiamo sulla narrazione delle ricche vicende folcloristiche che spaziano da un’epoca all’altra, noteremo che al significato religioso del Natale si affiancano usanze, costumi profani. «L’antica festa del fuoco del solstizio d’inverno – si legge nel Grande Dizionario Enciclopedico della UTET – sembra sopravvivere nell’usanza, largamente diffusa in Europa (specialmente in Italia, Francia, Inghilterra e Germania) del ciocco di Natale (bûche de Noel, Yuleblock, Weinachtsblock). Le descrizioni che ci provengono dai vari Paesi confermano il valore profilattico e propiziatorio universalmente attribuito al rito e ne fanno riconoscere l’origine agraria». In tante parti d’Italia e del vecchio continente il ceppo di ulivo, la cui pratica si è poi cristianizzata, assumeva il simbolo di auspicio, di speranza nella fertilità, di protezione dei raccolti dal maltempo, dai temporali, dalla grandine e addirittura dalle stregonerie. «A una caratteristica comune a tutte le feste d’inizio d’anno o di stagione si riportano i prodigi che si crede avvengano nella notte di Natale, durante la quale gli elementi della natura acquistano poteri straordinari e le forze malefiche diventano più attive. Così è generale credenza che a mezzanotte, che si fa coincidere con l’ora della nascita di Gesù, gli alberi rifioriscano, gli animali parlino nelle stalle, oro e miele scorrano nei fiumi e nelle fontane: chi però assistesse a tali prodigi morirebbe sull’istante».
Miti, convincimenti, superstizioni. In verità abbiamo sempre atteso e sognato il Natale come il tempo della felicità, del godimento, dell’abbondanza. Ma per milioni di esseri umani perseguitati ancora oggi da guerre fratricide, da odi razziali, dall’estremismo ideologico e dalle dittature militari; per milioni di famiglie che non arrivano alla fine del mese; per la spaventosa moltitudine di disoccupati e di giovani cui viene sottratto il diritto e la dignità del lavoro; per la sterminata massa di poveri oppressi dalla fame, il Natale 2014 non sarà un’occasione di letizia e di serenità. Nel momento in cui, noi privilegiati, lo festeggeremo con il panettone, i tortellini, l’arrosto di vitello e il vino d’annata, pensiamo un poco a loro.